Delia Whitaker |
di PAOLA POTTINO
Assieme alla sorella Norina era ambita da molti
pretendenti ma rifiutò le nozze e visse in solitudine nella villa di via Dante
La immaginiamo passeggiare indisturbata nel parco creato da Emilio
Kunzmann, uno dei più grandi giardinieri del tempo, adornato di alberi e piante
di ogni specie che circondano Villa Malfitano. Delia Whitaker amava molto
quella residenza in stile neoclassico cinquecentesco fatta realizzare tra il
1885 e il 1889 dal padre Joseph Whitaker junior, detto Pip, erede della nota
famiglia di mercanti sbarcati in Sicilia nei primi dell’Ottocento. Gli ultimi
quindici anni della sua esistenza, Delia li trascorse in solitudine nella villa
di via Dante. Fu l’unica dei Whitaker a morire a Palermo.
La figura longilinea, l’altezza forse eccessiva, se paragonata alla statura
delle donne del tempo, lo sguardo languido e un sorriso appena accennato. È una
delle immagini in cui viene ritratta Delia circondata dalle numerose
suppellettili e dai mobili preziosi, ricordi di viaggi dello stesso Pip,
appassionato studioso di archeologia, botanica, ornitologia. Una coppia di
elefanti in cloisonnè di smalto, la slitta donata dallo zar Nicola I
nel 1845 quando venne in visita a Palermo, la quadreria con sei vedute ad olio
di Francesco Lojacono, sono solo alcuni dei gioielli presenti nella residenza
Whitaker. Dietro quello sguardo un po’ sospeso, si nascondeva una donna
volitiva le cui abitudini e tradizioni inglesi rimasero intatte. Il tè alle
cinque, ad esempio, era un rito al quale non poteva rinunciare, così come
celebrare il compleanno della regina d’Inghilterra, assistere i più poveri o
indossare i guanti in pubblico.
«Anche se ero solo un bambino — rammenta Corrado Mirmina, architetto,
dipendente della Fondazione Whitaker — io ricordo quando la signora arrivava in
macchina accompagnata dall’autista. Non so bene perché, ma incuteva timore e
noi la chiamavamo la " barunissa". Così apostrofata in segno di
rispetto e non perché i Whitaker fossero davvero nobili. Per centomila sterline
fu offerto a Pip un titolo nobiliare, ma allo studioso non interessava
diventare un baronetto e non solo per la ingente somma di denaro richiesta. Le
sue passioni erano l’arte, la storia, l’archeologia e la sua amata isoletta di
San Pantaleo, l’antica Motya che acquistò tra il 1903 e il 1906, una sorta
di buen retiro nel quale soleva rifugiarsi non soltanto per motivi di
studio, ma anche per fuggire dalle pressioni e dai discorsi futili della moglie
Tina, figlia di un grande bibliografo, il colonnello Alfonso Scalia, il
cui principale impegno era quello di pensare a un’adeguata sistemazione delle
figlie Norina e Delia.
Tra le due giovani, Norina, la primogenita, era sicuramente la più carina e
probabilmente fu la figlia preferita, quella da sistemare ad ogni costo. Il
pensiero per Norina e Delia fu una vera e propria ossessione per Tina («Mais
pour vous vos filles sont une idée fixe » , le disse un giorno la contessa
Santa Fiora in occasione di una visita) e per la famiglia sacrificò la carriera
da soprano. Era una cantante lirica molto brava, si esibì davanti a Wagner,
racconta nel suo diario custodito oggi nell’archivio della Fondazione
Whitacker.
« Mi pare ancora — ricorda Tina — di vedere il maestro accanto al
pianoforte: fu così soddisfatto della mia interpretazione da balzare in
piedi e richiedermi il bis, cosa che mi imbarazzò moltissimo » . Fu una madre
ingombrante e pretenziosa Tina, cosi come lo fu anche sua madre che accompagnò
la figlia persino durante il viaggio di nozze. Norina, costretta a rifiutare
molti pretendenti perché non graditi alla madre, si sposerà soltanto nel 1921 a
37 anni con il generale Antonino Di Giorgio, più grande di lei di diciassette
anni. Delia, invece, respinse le avances dei suoi spasimanti. Tra
queste, anche quelle dell’amico di famiglia Frank Hird al quale scriverà «io
non mi sposerò mai».
« Viene richiesta ( da Tina ndr) — scrive Giovanna Fiume,
professoressa di Storia moderna all’Università di Palermo in una relazione
su " I Whitaker di Villa Malfitano" — anche l’appartenenza ad un
lignaggio nobiliare, insieme alla passione disinteressata, buone qualità
personali sul piano fisico e morale, una età conveniente, nessuna fama di
donnaiolo e di giocatore. Ogni pretendente viene passato al vaglio e pochi
riescono ad assommare in misura accettabile la maggior parte di questi
requisiti».
Delia decide di non sposarsi e di trascorrere il resto della vita ad
assistere prima la sorella Norina, ossessionata dalla paura dei microbi («se
riceve la visita di un ospite che le sembra in cattiva salute — scrive la madre
nel suo diario custodito all’archivio della Fondazione Whitaker — fa pulire le
posate con lo spirito, oltre che con il detersivo e si lava con molta cura le
mani che ha dovuto offrire al bacio dei suoi ospiti»), cagionevole nella salute
e psicologicamente molto fragile.
« L’estenuante battaglia della madre — spiega Giovanna Fiume — per un
marito ideale per Norina può aver procurato un senso di inferiorità alla figlia
minore che si sarà persuasa nell’intimo che non si sarebbe sposata mai, come
dice ai suoi innamorati, forse pensando che nessuno in realtà la poteva amare
per il suo valore, poiché lei stessa se ne attribuiva punto o poco».
Il bridge, i tè, i concerti, l’abbigliamento, le sontuose colazioni, il
tennis, il maneggio e la vela: da tutto questo prende le distanze Pip, per
temperamento più vicino a Delia, ma, anche se distaccato dai "noiosi"
affari di famiglia, è pur sempre il padre di due fanciulle molto ambite. Motivo
per il quale nutriva insieme alla moglie una certa avversione verso un matrimonio
ispirato da motivi di interesse. «L’altro giorno Peppino — scrive il 20 aprile
1904 Tina nel suo diario riportato dalla Fiume nella relazione — è stato
informato che un signore di Catania desiderava vederlo; e poiché a volte da
Catania gli portano uccelli rari, ne ha immediatamente concluso che la visita
doveva aver a che fare con il suo hobby favorito e ha fatto accomodare
senz’altro lo sconosciuto nel museo. L’uomo si è schiarito la voce e con tono
imbarazzato ha detto: " Vengo da parte di mio cugino, il principe di
Grimaldi, che ha un figlio, al quale darebbe quattro milioni se facesse un
matrimonio come si deve. E poiché sappiamo che lei ha due belle figlie…"
Pip è rimasto di stucco: nessun uccello raro, ma anzi gli è toccato spiegare
che, in Inghilterra non si ha l’abitudine di vendere le proprie figlie».
La Repubblica Palermo, 11 dicembre 2019
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