Lo chiamavano “ u siccu”, oppure Luciano, poi è
diventato Alessio Adesso è “ la testa dell’acqua”, Iddu, il premier o anche “
il noto”
di Salvo Palazzolo
All’inizio, fra Castelvetrano e Marinella di
Selinunte, era solo “ u siccu”, niente più che un soprannome. Oppure, Luciano,
chissà perché. Ventisei anni dopo, l’imprendibile Matteo Messina Denaro è il “
premier”, questo diceva di lui Antonello Nicosia, l’assistente della deputata
Occhionero arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di essere stato
l’ambasciatore della primula rossa nelle carceri.
Nei nomi con cui lo chiamano c’è la sua storia misteriosa. Per Totò Riina
sepolto al 41 bis era semplicemente « l’unico ragazzo che avrebbe potuto fare
qualcosa». E lo diceva in senso dispregiativo: « Questo ragazzo suo padre
l’aveva affidato a me, perché era dritto, gli ho fatto scuola io... a me
dispiace dirlo » . E, d’un tratto, l’enfant prodige di inizio anni Novanta
diventò il “signor Messina”: « Questo fa il latitante con
i pali eolici per prendere soldi — sbottava il capo dei capi di Cosa
nostra all’ora d’aria - ma non si interessa… ».
“ La testa dell’acqua” come lo chiamano i suoi fedelissimi nelle
intercettazioni ha rinnegato la strategia stragista del più sanguinario dei
suoi padri- Totò Riina — ed è diventato “ Iddu”, come chiamavano l’altro
padrino di Corleone, Bernardo Provenzano, che dopo la stagione delle bombe
sembrava essere diventato un santone. “ Iddu” il vecchio e anche il giovane (
che nei pizzini con Binnu si firmava Alessio) conoscono il segreto della
trattativa con pezzi dello Stato, sanno perché all’improvviso le bombe
terminarono di scuotere l’Italia nel 1993. E Riina non riusciva a darsi pace.
Nelle intercettazioni fatte nel 2013 nel carcere di Opera criticava la scelta
di fare solo affari e nessun attentato, arrivando persino a dare del “
carabiniere” al suo “ ragazzo” di un tempo. La stessa espressione che il capo
dei capi aveva utilizzato per Provenzano: «Allora qualcuno ti dice cosa fare…».
A Riina è rimasto il sospetto che dietro la fine delle bombe ci sia stato
un patto, con chissà quale lasciapassare. E a proposito del “ ragazzo”
diventato ormai il “signor Messina” diceva pure: «Io penso che se n’è andato
all’estero». Chissà se era solo uno sfogo con il compagno dell’ora d’aria o
sperava di essere intercettato. Magari per vendicarsi, a modo suo, di un’altra
soffiata.
Di sicuro, ormai da tempo, non ci sono più tracce della “ testa
dell’acqua”, il premier di una mafia liquida che ha scelto gli affari importanti
e ha abbandonato il controllo del territorio mafioso. “U siccu” è diventato un
fantasma. Un giorno qualcuno l’ha chiamato “ Padre Pio”, uno strano fantasma in
aria di santità, un mafioso diventato modello criminale. Ma sempre ben radicato
da qualche parte, perché qualcuno di importante continua a pensare a lui. Così
in un’intercettazione è rimasta impigliata un’altra espressione
molto curiosa: lo chiamavano anche “ il noto”, con un termine sbirresco
che racconta molto del mistero Messina Denaro.
«Ascolta bene — diceva al telefono l’agente dei servizi segreti Marco
Lazzari all’avvocato romano Giandomenico D’Ambra — ciò che prevedevamo è stato
confermato da Cristiano... ti devi allontanare da zio per un periodo, io già ci
ho parlato». Lo “zio” era il boss gelese Salvatore Rinzivillo. L’avvocato
chiedeva: « Allontanarmi radicalmente? ». Lo 007 dell’Aisi spiegava: « Eh
sporadicamente, io già ci ho parlato, già gliel’ho detto che ti avvertivo...
non è nulla di particolare, è solo un’attenzione... capito per il noto che
stanno cercando giù, si so n’cafoniti, perché... poi ti spiego a
voce, tanto ci vediamo... dagli anni 80 fino ad adesso vogliono controllare
tutti capito». Il “noto che stanno cercando giù” era proprio il superlatitante
Matteo Messina Denaro. E questa intercettazione del Gico della Guardia di
finanza di Roma, risalente al 10 marzo 2016, ha provocato un terremoto. Come
aveva fatto un agente dei servizi segreti, operativo a Roma, a sapere delle
indagini siciliane sul “noto”? E chissà per quanti altri infedeli il capomafia
delle stragi di Roma, Milano e Firenze è ancora il “noto”.
Nei nomi con cui lo chiamano c’è davvero la sua storia. E qui in Sicilia
qualcuno ha cominciarlo a maledirlo, per tutti gli arresti della procura di
Palermo che stanno falcidiando la provincia di Trapani. Così Messina Denaro è
diventato “questo”, o anche il “ purpu”. « Ma questo che minchia fa? Un cazzo,
si fa solo la minchia sua, e scrusciu non ci deve essere » . C’è una
frangia di fedelissimi che la pensa come Totò Riina: « Arrestano i tuoi
fratelli, le tue sorelle, i tuoi cognati e tu non ti muovi? Ma fai bordello...
purpo, svita tutti... se avete i coglioni uscite tutti fuori, sennò vi faccio
saltare».
Ma Matteo, u Siccu, il premier, Padre Pio e tutto il resto sembra
davvero essere andato via. L’ultimo che l’ha visto è il suo amico fidato
Vincenzo Sinacori, killer pure lui. Era il 1994.
La Repubblica Palermo, 14 novembre 2019
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