Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana |
Il presidente della regione Toscana: «Bonaccini ha fatto bene. Simona
Bonafè al mio posto sarebbe un bel segnale. Renzi rifletta, riempire i teatri
non è riempire le urne»
Rossi: «Pd di sinistra, non si vergogni. L’Emilia non andrà a Salvini»
Enrico Rossi (presidente della Toscana),
dopo il tonfo umbro, le prossime regionali saranno la prova del nove della
sinistra, e forse anche del governo.
Innanzitutto l’Emilia Romagna. Ma anche la
sua Toscana. Vincerete?
Ogni tornata elettorale è a sé. All’origine della sconfitta in Umbria, al
di là degli errori politici, è il declino di quella regione. La crisi non
inizia da oggi. Sarebbe stato utile lavorare per far crescere quella regione.
Con questa lettura, che mi sembra l’unica possibile, credo che l’Emilia Romagna
possa restare nelle mani della sinistra: Bonaccini ha lavorato bene, e non è
una regione in crisi.
Pensa lo stesso della sua Toscana?
Sì, fra l’altro qui si registra una tenuta della sinistra anche dal punto
di vista elettorale. In questi anni la Toscana ha tenuto, nonostante le
situazioni di crisi sulla costa su cui siamo intervenuti con forza. L’ondata
salviniana si può fermare.
Salvini si trasferisce nelle regioni al
voto, e vince. I leader del centrosinistra dovrebbero fare altrettanto o è
meglio stiano alla larga?
In queste due regioni se Salvini esagera ci darà una mano. Il governo deve
fare la sua parte con investimenti, infrastrutture, politiche sociali. Devono
venire, sì. Magari evitino le foto di gruppo che sviluppano un mare di
polemiche e non sono neanche utili.
Meglio allearsi con i 5 stelle? Bersani
dice che in Emilia hanno una grande responsabilità.
Ogni situazione è specifica. Per l’Emilia Romagna mi fido di quello che
dice Bersani. Che è poi lo stesso che dice Bonaccini. In Toscana fra noi e loro
ci sono molte differenze, il tema sarebbe metterci d’accordo sulle questioni
dello sviluppo sostenibile, che non è cavalcare tutti i comitati e sposare la
decrescita felice. Se non c’è produzione di ricchezza, certo cambiando modello
di sviluppo, i ceti popolari impoveriti diventano facile preda della retorica
leghista.
Lei è tornato nel Pd. Senza Renzi l’ha
trovato migliorato?
Sono tornato dopo una campagna elettorale molto convinta per Leu. Il
risultato dimostra che la gran parte della nostra gente o è uscita, e noi non
l’abbiamo convinta, o resta nel Pd. Magari non soddisfatta ma resta.
Sostiene ancora che il Pd dovrebbe tornare
al socialismo?
La cultura della sinistra non può essere cancellata. È singolare che i
ragazzi cileni in piazza si rifacciano ad Allende e per noi il socialismo è
innominabile. Il generico democraticismo non è più attuale.
Ma questo non spingerebbe nelle braccia di
Renzi quelli che non vengono dal Pci-Pds-Ds?
Ma no, nel Pd ha prevalso per un lungo periodo una cultura moderata, io
credo in un partito che non nasconda le sue origini di sinistra. Quanto a
Renzi, il mio auspicio è che davvero riesca a coprire una posizione di centro.
Dovrebbe diventare una sorta di Mastella
4.0?
Sì, ma la vedo difficile. Renzi sta provando una scissione a rate, anche in
Toscana. Ma non mi pare che abbia una grande spinta. Lo dico per esperienza:
anche noi di Leu riempivamo i teatri, ma nelle urne è andata diversamente.
Auguri. Ma con una raccomandazione: che combatta la sua natura di spaccare
tutto.
Lunedì nascerà il gruppo renziano in
Toscana. Al governo nazionale la start up di Italia viva ha creato
fibrillazioni. Non è che finisce come l’Unione, cioè male?
Il rischio c’è. E c’è anche il rischio che lo faccia sempre di più perché,
nonostante lo spazio sui media, i consensi non arrivano.
Tornare nel Pd è il destino anche di
Bersani e Art.1?
Me lo auguro. Spero che una fase costituente e un congresso per tesi
consenta a tutti di rientrare in un grande partito della sinistra. Senza
infilarci in una ridotta, ho fatto Leu e so quanto è tragico quest’errore. Ma
sono convinto che un Pd come partito della sinistra oggi avrebbe molto spazio.
Un partito riformista e di governo. Essere di sinistra non significa non
considerare le ragioni dei ceti produttivi, del mondo delle imprese.
Non sarebbe più lineare un congresso con
l’elezione, o la rielezione se vuole, del segretario, visto un cambio di linea
così forte dal congresso scorso?
Nicola è stato votato da poco. Ha dimostrato sapienza politica, saggezza,
spirito unitario, doti che fanno il carisma di un segretario. I gazebo ci
farebbero ricadere nella girandola dei personalismi.
In Toscana la legge non le consente una
terza candidatura a presidente. Come sarà scelto il candidato del
centrosinistra?
Per fortuna che c’è quella legge. Abbiamo bisogno di rivendicare una
continuità di fondo. Un giorno vorrei fare il bilancio di questi nostri anni
alla regione sull’ambiente, il paesaggio, i rifiuti. Se dovessi pensare a un
segnale di cambiamento però direi che la Toscana non ha mai avuto una donna
presidente. Contro la destra machista, sarebbe un bel segnale.
Sta pensando a Simona Bonafé, renziana nel
Pd, eurodeputata?
Ce ne sono altre ma sì, potrebbe essere lei. Una donna competente, sono
certo che sarebbe apprezzata.
Il
Manifesto, 2 novembre 2019
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