Fabrizio Barca |
di FABRIZIO BARCA
Dalla redistribuzione della ricchezza all’accesso alla conoscenza garantito a tutti: proposte (realizzabili) per uscire dal tunnel
Dalla redistribuzione della ricchezza all’accesso alla conoscenza garantito a tutti: proposte (realizzabili) per uscire dal tunnel
Disuguaglianze. Da qualche tempo classi dirigenti, mezzi di comunicazione
di massa, pensiero economico ortodosso, ne parlano assai, in Italia e in tutto
l’Occidente. «Sono eccessive, vanno ridotte», scrivono gli editoriali
de L’Economist , Martin Wolf sul Financial Times . La
montante dinamica autoritaria, frutto dell’abbandono dei ceti deboli o
subalterni da parte delle "loro" classi dirigenti, è la fonte di
questo risveglio di sensibilità. Si riconosce che la soluzione non sta nella
crescita "che prima o poi tutti solleva". Bene. Ma c’è un problema.
Al risveglio non corrisponde un’adeguata diagnosi delle cause delle
disuguaglianze. È insufficiente la loro stessa descrizione. E dunque le
soluzioni proposte (pure talora condivisibili) sono "al margine". Non
bastano. Non possono parlare ai ceti deboli. La parola
"disuguaglianze" rischia di diventare retorica. La dinamica
autoritaria di non avere ostacoli.
Non possiamo permettercelo. Il risentimento per disuguaglianze e
ingiustizie può e deve trasformarsi in un nuovo moto di
emancipazione sociale. Con urgenza. Si parta, allora, prestando attenzione
ai dati e alle analisi prodotte da chi ha costruito un patrimonio di conoscenza
occupandosi di disuguaglianze e giustizia sociale. Si parta ascoltando il sapere
accumulato in questi stessi anni da decine di migliaia di attivisti di mondi
diversi – organizzazioni di cittadinanza attiva, sindacati, movimenti,
"imprese sociali" e private, pubblici amministratori - nel contrasto
di povertà e ingiustizie. Un universo di talenti e pratiche che, costruendo
ponti con chi non ha potere, indica innovative vie d’uscita.
Aiutati dalle spalle robuste di maestri del pensiero come Amartya Sen,
Anthony Atkinson o Axel Honneth, si scoprirà allora che le
"disuguaglianze" sono certo quelle cruciali di reddito, ma sono anche
di ricchezza e di accesso e qualità del lavoro, e toccano tutte le dimensioni
della vita: accesso e qualità dei servizi fondamentali, autostima,
riconoscimento della propria dignità, abilità e capacità di contribuire alle
comunità di cui si è parte. Sono questi i molteplici piani di vita dove in
oltre trent’anni, in tutto l’Occidente, sono cresciuti gli «ostacoli al pieno
sviluppo della persona umana», che secondo la nostra Costituzione (art.3) «è
compito della Repubblica rimuovere».
Si scopriranno i numeri che descrivono questi ostacoli. L’aumento dal 2 al
7%, fra 1995 e 2016, della quota di ricchezza posseduta dai 5mila adulti
più ricchi d’Italia. Il divario di competenze fra quindicenni del Sud e
Nord-Italia e la ripresa degli abbandoni scolastici. La povertà assoluta
minorile, triplicatasi dal 2005. I 40-60-80 minuti necessari, in molte
aree interne, per l’arrivo del soccorso dopo una chiamata per emergenza, contro
lo standard nazionale di 16 minuti. Il divario complessivo di genere, superiore
alla media europea. E mille altre informazioni ancora.
Si scoprirà che una diagnosi delle cause di queste disuguaglianze esiste
già. È già stato mostrato che le disuguaglianze non sono ineluttabili. Non
dipendono da globalizzazione, cambiamento tecnologico, migrazioni; ma
piuttosto dal modo in cui abbiamo governato o non governato questi fenomeni.
Dipendono da scelte intenzionalmente compiute: la rinunzia dello Stato a
perseguire "missioni strategiche", affidandosi alle decisioni di chi
control la conoscenza e ricchezza, disinvestendo nelle pubbliche
amministrazioni e utilizzando il terzo settore per esternalizzare servizi e
sottopagare il lavoro; la rinunzia o l’attenuarsi degli obiettivi di piena
occupazione, tutela della concorrenza, progressività fiscale; l’indebolimento
sistematico dei lavoratori organizzati; la cecità ai luoghi, generatrice di
riforme istituzionali distorsive; i sussidi pubblici per aree marginalizzate (a
pseudo-formatori, infrastrutture inutili, imprese insostenibili) usati per
compensare (in realtà, ampliare) i danni delle altre scelte.
Il tutto spronato e sorretto da cambiamenti del senso comune, per cui
"ciò che è pubblico è peggiore di ciò che è privato", "la
povertà è una colpa o una forma di furbizia sociale", "il merito è
provato dal patrimonio accumulato".
È la diagnosi che il Forum Disuguaglianze e Diversità ha fatto propria e
sviluppato, mettendo insieme sapere e agire di organizzazioni di cittadinanza
di diversa cultura e del mondo della ricerca. Sono così apparsi evidenti alcuni
nodi prioritari da affrontare e come farlo. Una strategia radicale per l’azione
pubblica e collettiva che miri a ridurre le disuguaglianze perché è giusto. Che
intervenga nei processi di formazione della ricchezza (pre-distribuzione),
redistribuisca potere e si saldi con altre simili strategie rivolte ai nodi del
welfare e dell’istruzione. Che aggredisca gli ostacoli nell’accesso alla
conoscenza, promuovendone il controllo collettivo attorno a missioni
strategiche condivise e offrendo opportunità alle aree marginalizzate. Che dia
potere e riunifichi lavoro forte e lavoro precario, ricostruendo dialogo e
alleanza fra istanze sociali e ambientali. Che ripristini una "protezione
collettiva" dei giovani, oggi sostituita da una protezione individuale per
cui il tuo destino è sempre più dipendente dalla famiglia e dal contesto in cui
nasci.
Si tratta delle 15 proposte per la giustizia sociale che ora
stiamo "mettendo a terra" grazie al lavoro con un crescente numero di
alleati: discutendole, modificandole, sperimentandole sul campo, portandole
dentro sedi istituzionali. Non cerchiamo consenso passivo, ma impegno e
confronto "ragionevole"; ossia "aperto e rivolto ai punti di
vista altrui", con ogni altra idea e proposta su come contrastare le
disuguaglianze. Anche, ovviamente, con le proposte che vengono dalla cultura
egemone, dalla cui critica queste considerazioni hanno preso le mosse. Con un
motto: fare presto.
— L’autore è coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità
La Repubblica, 13 nov 2019
Nessun commento:
Posta un commento