ROSARIO
RIBBENE
Ci sono storie ordinarie e storie sorprendentemente assurde, la cui anomala dimensione risiede nell’annoso immobilismo generale. E’ il caso dei contrattisti dell’Asp di Palermo che, da oltre 30 anni, attendono di essere stabilizzati. Ancora oggi, infatti, questi lavoratori si vedono costretti a rivendicare il loro diritto di essere stabilizzati. Peraltro forti della legge Madia il cui principio è proprio quello di stabilizzare i precari storici delle pubbliche amministrazioni, per aprire un nuovo capitolo di assunzioni attraverso concorsi. Aria nuova che consentirebbe allo Stato di fare fronte a tante carenze e bisogni.
Ci sono storie ordinarie e storie sorprendentemente assurde, la cui anomala dimensione risiede nell’annoso immobilismo generale. E’ il caso dei contrattisti dell’Asp di Palermo che, da oltre 30 anni, attendono di essere stabilizzati. Ancora oggi, infatti, questi lavoratori si vedono costretti a rivendicare il loro diritto di essere stabilizzati. Peraltro forti della legge Madia il cui principio è proprio quello di stabilizzare i precari storici delle pubbliche amministrazioni, per aprire un nuovo capitolo di assunzioni attraverso concorsi. Aria nuova che consentirebbe allo Stato di fare fronte a tante carenze e bisogni.
La storia è
nota. Parliamo dei 647 contrattisti amministrativi precari dell’ASP di
Palermo che attendono ormai da tempo immemore la stabilizzazione, così
come prevede la legge emanata dal ministro Marianna Madia che punta a eliminare
tutte le situazioni di precarietà storicizzata. Il termine eliminare,
però, per qualcuno è stato preso veramente alla lettera, pensando bene che
forse ci fossero le condizioni per bypassare le norme di legge e
inserire nuove figure.
Ma per 647
famiglie, 30 anni e più di precariato non sono più facili da sopportare.
Trent’anni peraltro passati a svolgere qualunque ruolo all’interno
dell’amministrazione, senza mai opporre alcuna resistenza. Nonostante la
stessa amministrazione esternalizzi attività che potrebbero essere
tranquillamente svolte da questo non indifferente bacino di personale precario
contrattista interno.
«Molti siamo in azienda dal ’96 –
spiega uno dei 647 precari – qualche altro anche da prima,
addirittura da quando era ancora Usl. I nostri sono contratti a
tempo determinato continuativi dal 2004, tutti con qualifica di “coadiutori
amministrativi esperti”. All’interno degli uffici – l’azienda è costituita da
dipartimenti tecnici, amministrativi, personali e sanitari – ci siamo ritrovati
a portare avanti progetti inimmaginabili che non ci competevano, ma nessuno
ha mai detto no perché per noi contava solo il bene dell’azienda. Lavoro
che è sempre andato oltre le nostre mansioni e che pensavamo venisse tenuto in
debito conto. Invece, il nuovo direttore generale dell’Azienda, la
dott.ssa Daniela Faraoni, appena insediato
si è affrettato, con relativa nota, a precluderci le mansioni effettivamente
svolte».
Con la Legge
Madia ci sembrava potessimo finalmente tirare un sospiro di sollievo, dal momento che il primo dei due
commi prevede che si debba derubricare il contratto a tempo determinato
del precario storico che negli ultimi 8 anni abbia svolto almeno 3 anni
di servizio in un ente pubblico. Semplice passaggio, compiuto dal 90
per cento delle aziende ospedaliere siciliane e dai comuni che sono
andati in deroga al patto di stabilità. Per esempio quello di Ragusa, che ha
derubricato o sta derubricando il contratto di 123 colleghi, in una platea di
70mila abitanti».
Giocando in
casa, basti guardare al Comune di Palermo che ne ha stabilizzati 600.
Una
situazione che ha del paradossale, se la confrontiamo con tutti le
amministrazioni che hanno proceduto alle stabilizzazioni. Rispetto al fatto che
l’ASP di Palermo ha un bacino di 82 comuni, 5 ospedali, 80 guardie
mediche, 10 poliambulatori, 10 Pta (Punti territoriali), 5mila
dipendenti, i 647 contrattisti sono briciole.
«Siamo
arrivati a tanto perché la dott.ssa Faraoni si
era impegnata ad attuare un processo di stabilizzazione per i 647 contrattisti,
promettendo ciò che non ha mantenuto. Prima annuncia pubblicamente che entro la
fine del 2019 avrebbe stabilizzato tutti i precari, si prende l’applauso di
tutti, poi va in assessorato, presenta il suo piano e modifica il
fabbisogno, dicendo che ne sarebbero stati stabilizzati non oltre 420.
Perché? E non si dica che i soldi per i nostri stipendi non ci sono.
L’allora assessore Borsellino diede indicazioni per stabilire
le somme annuali necessarie. Con un decreto storicizzò con 12 milioni di euro i
nostri stipendi».
Se poi
parliamo di fabbisogno, questo andrebbe verificato tramite censimento chiedendo ai vertici
apicali che carichi di lavoro ha ogni dipendente. Operazione mai fatta perché i
carichi di lavoro di questi precari sono strategici e potrebbero portare a
tante domande dalle risposte scomode.
«La nostra è una professionalità
acquisita in tanti anni, quindi possiamo dire di sapere fare tutto. Ci
sono soggetti responsabili di procedimenti che già potrebbero andare in
pensione. Il vero recondito obiettivo crediamo sia aprire con la
nostra massa finanziaria la possibilità di fare concorsi
all’esterno, sacrificando quella che è destinata alla nostra stabilizzazione. Davanti
a tutto questo non possiamo più stare in silenzio. Ribadiamo che il
nostro é un processo di stabilizzazione, non un concorso».
La
legge Madia parla chiaro. Basta applicarla.
«Fuori non ne deve rimanere nessuno
dei 647 precari. Il
compromesso quale potrebbe essere? – proseguono i lavoratori -. Siccome la
legge prevede che questo processo si debba concludere entro dicembre 2020, si
potrebbe procedere alla stabilizzazione di 400 precari entro la fine de’anno in
corso, mentre gli altri entro il prossimo anno, ma va tutto scritto,
nero su bianco. Basta parole e promesse».
«La cosa paradossale – afferma Giuseppe
Forte, rappresentante FIALS ASP Palermo, unico sindacato insieme anche alla
CISAL a combattere per i precari dell’ASP Palermo – è che l’assessore Razza si
è meravigliato della manifestazione, della quale invece era stato ampiamente
informato chiedendo il suo intervento autorevole. Poco importa, però. La cosa
importante è che noi abbiamo dichiarato antisindacale il suo
comportamento perché la disposizione nazionale prevede il
coinvolgimento delle organizzazioni sindacali per stabilire preventivamente i
criteri e le forme di trasparenza. Cosa che non si è fatta
assolutamente. L’ASP ha assunto un debito passivo nei confronti
di questi lavoratori, vincolando ai tempi il rapporto economico. Ci sono,
quindi, delle responsabilità ben precise. Non si è, poi, proceduto al
censimento dei carichi di lavoro, come previsto dalla legge Madia, perché
bisognerebbe chiedere ai capi distretto cosa fa ogni singolo lavoratore.
Complicato, ci rendiamo conto. Ora, la dott.ssa Faraoni
vuole applicare la legge Madia solo per 386 soggetti. Forse per prendere la
massa finanziaria destinata agli altri lavoratori e indire concorsi
pubblici? Ci sembra improponibile. I lavoratori non ce la fanno più e noi
siamo con loro per l’affermazione dei loro diritti e la tutela e
garanzia del posto di lavoro di tutti i contrattisti; non solo per l’esiguo
numero di 386. Non avendo ricevuto le risposte che volevamo, proseguiremo
nella nostra azione di lotta, programmando altri due giorni di sciopero a
novembre. Chiediamo anche l’autorevole intervento del Presidente della
Regione, in difesa e in applicazione delle norme promulgate dall’Assemblea
Regionale in materia di stabilizzazione del precariato storico. Le
regole sono regole, le leggi sono leggi. I diritti sono diritti».
https://www.improntamagazine.it, 18/10/2019
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