PIETRO SCAGLIONE
Non vi è alcuna invasione in corso in
Italia (che ha un tasso migratorio inferiore a molte altre nazioni) e
l'immigrazione contribuisce al Pil per il 9%.
I dati ufficiali che smontano stereotipi e pregiudizi sono contenuti nel
Dossier Statistico 2019 sull'Immigrazione, elaborato da IDOS - Centro Studi e
Ricerche sull'immigrazione , in partenariato con la rivista Confronti. La
pubblicazione del dossier è finanziata con i fondi dell'8 per mille della Chiesa
Valdese.
I residenti stranieri in Europa sono 39,9 milioni, mentre in Italia sono
5.255.503, l'8,7 per cento della popolazione residente (2018). Gli
occupati stranieri in Italia sono 2.445.000 , il 10,6 per cento del totale dei
lavoratori. Le imprese gestite da stranieri in Italia sono, invece, 602.180 ,
il 9,9 per cento delle aziende complessive. Ai lavoratori immigrati è ascrivibile il 9% del Pil nazionale (pari a un
valore aggiunto di 139 miliardi di euro annui).
Secondo i calcoli effettuati
dalla
Fondazione Leone Moressa, inoltre, risulta positivo per un ammontare di
circa 3 miliardi di euro il saldo nazionale tra entrate e uscite complessive
(ossia tra quanto gli immigrati assicurano all’erario in pagamento di tasse,
contributi previdenziali, pratiche di rilascio e rinnovo dei permessi di
soggiorno e di acquisizione della cittadinanza e quanto lo Stato spende
specificatamente per loro in servizi, sussidi e altri costi).
La metà degli stranieri residenti in Italia è di cittadinanza europea
(50,2%), poco più di un quinto è di origine africana (21,7%), gli asiatici
coprono un altro quinto delle presenze (20,8%), mentre proviene dal continente
americano (in particolare dall'America Latina) 1 residente straniero ogni 14.
I più numerosi (in percentuale superiore all’intera provenienza
dall’Africa) sono i romeni, che con 1.207.000 residenti continuano a
rappresentare la prima collettività estera in Italia, precedendo i 441.000
albanesi, i 423.000 marocchini, i 300.000 cinesi e i 239.000 ucraini.
In Italia la popolazione straniera viene ancora penalizzata o discriminata
sotto diversi punti di vista.
I pregiudizi si concentrano ancora molto sulle appartenenze religiose,
sebbene proprio in questo caso quella più stigmatizzata dai razzisti, cioè la
religione musulmana,sia ben lungi dall’essere maggioritaria, giacché riguarda
un terzo (33,0%) degli stranieri residenti in Italia, ovvero 1.733.000 persone,
mentre la maggioranza è costituita da cristiani (2.742.000, pari al 52,2% del
totale). Tra costoro prevalgono gli ortodossi (1.538.000, pari a 3 residenti
stranieri ogni 10), seguiti dai cattolici (930.000, oltre un sesto dell’intera
popolazione straniera) e dai protestanti (232.000 e circa un ventesimo del
totale).
Tra gli immigrati ben 248.000 (quasi 1 ogni 20) sono agnostici o atei: un
numero superiore ai 158.000 induisti, ai 120.000 buddisti, e, separatamente, ai
fedeli di altre religioni orientali, a quelli di religioni tradizionali
africane e agli ebrei.
Restano poi pesanti le penalizzazioni e, a volte, le discriminazioni
nell’accesso a beni e servizi fondamentali di welfare.
Riguardo alla casa, ad esempio,solo un quinto degli stranieri risulta
averne una di proprietà (il 21,5%, contro circa l’80% degli italiani), non solo
per l’insufficiente capacità economica di sostenere un mutuo, visto che è di
circa 1 milione il numero di quelli che sarebbero economicamente in grado di
sostenerne il costo (e quindi potenziali acquirenti di immobili), ma spesso per
le maggiori difficoltà a ottenere dagli istituti di credito l’anticipo o la
fidejussione necessari ad avviare le pratiche.
"Nell'anno trascorso – ha dichiarato Luca Di Sciullo, presidente Idos
– c'è stato il tentativo di portare la nostra società a fasi storiche passate,
abbiamo visto realizzarsi un'eclissi del senso dell'umano, dinanzi a quella che
è stata
chiamata la crisi dei migranti, che a essere onesti, dovremmo chiamare
crisi dell'Europa". Occorre allora "riabilitare il principio della
fratellanza umana, al di là della retorica, perchè immigrati e italiani hanno
comuni bisogni e fragilità.
Allo scontro tradizionale tra poveri e ricchi abbiamo sostituito una guerra
tra poveri e impoveriti: non facciamo quest'errore, sarebbe il più grande
favore a un potere inetto che vuole conservare il proprio status".
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