EMANUELE MACALUSO
La coalizione di sinistra
vince ancora una volta in Portogallo. Il Partito socialista del presidente
Antonio Costa ha accresciuto i suoi consensi del 5% dopo quattro anni di
governo e ha raggiunto il 36,6%. Un’altra formazione, il Blocco di sinistra, ha
ottenuto il 9,6% ed i comunisti, insieme ai Verdi, il 5,7%. Il partito
socialista, con il suo risultato sfiora la maggioranza assoluta dei seggi, come
vuole la legge elettorale. In ogni caso, l’alleanza
dei socialisti con il Blocco ed con l’altra formazione, potrà governare ancora.
L’opposizione di destra che, si chiama socialdemocratica ma ha una ideologia
conservatrice, ha perduto 9 punti.
Il successo
dei socialisti, i quali non hanno mai avuto la preoccupazione di chiamarsi per
quel che sono, socialisti, mette in evidenza come una forza di sinistra al
governo ha fatto una politica di riforme sociali nel quadro di un risanamento
della finanza pubblica, ed è stata premiata. Infatti, il governo di sinistra
aveva alzato il salario minimo, aumentato le pensioni, ripristinato le 35 ore e
quattro festività soppresse quando il Portogallo era “governato” da Bruxelles
per via del grave dissesto dei conti pubblici. E ha ridotto il rapporto
deficit-Pil dal 7,2% allo 0,2%. Gli obiettivi del partito socialista, con il
nuovo governo, sono ambiziosi e hanno sempre un timbro sociale: raddoppiare gli
investimenti pubblici, alzare ancora il salario minimo, calmierare i prezzi e
gli affitti delle case, garantire più finanziamenti alla sanità e alla scuola.
Come si
vede, una politica di sinistra in un paese europeo e mediterraneo è possibile.
E non c’è nessuno che pensa a costruire un partito centrista, come vorrebbe
fare Renzi in Italia. È significativo il fatto che, ancora oggi, quando si
propone di accrescere gli investimenti pubblici o misure che somiglino a quelle
attuate o da attuare in Portogallo,e nel nostro Paese si alzano subito le voci
dei liberisti, di tanti che gridano che l’economia deve essere regolata solo
dai mercati. Anche in Portogallo operano i mercati ma devono evidentemente
tenere conto e coordinare i loro interessi con quelli generali, cioè con una
politica sociale e di intervento pubblico controllata dallo Stato. Del resto, lo
fece anche Roosevelt negli Stati Uniti con il new deal, dopo la crisi del 1929.
Si tenga
presente che anche il Partito socialista e operario spagnolo, che ha la
maggioranza relativa ma non ha potuto ancora formare un governo, è dotato di un
programma che somiglia a quello dei cugini portoghesi. In questo campo, le
timidezze del Pd e della complessa maggioranza di governo non esprimono
compiutamente le reali esigenze del Paese, soprattutto delle masse popolari.
Ecco perché la battaglia politica in Italia, di chi ha un’ispirazione
socialista, e del sindacato, su questi temi può costruire una diversa
prospettiva. Oggi ancora non vediamo nulla di tutto questo.
(7 ottobre
2019)
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