PIETRO SCAGLIONE
Il capoluogo siciliano sarà la prima città italiana a intitolare una strada
ad un organo d'informazione. Via Giornale L'Ora andrà da via Mariano Stabile e
da piazzetta Francesco Napoli fino al largo Francesco Pasqualino e a Piazzale
Ungheria, precisamente il tratto in corrispondenza dell’ingresso dell’ex sede
della redazione del quotidiano L’Ora, oggi adibita a sede di Uffici
dell’Agenzia delle Entrate.
Domenica 29 settembre, alle ore 10, Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo
inaugurerà Via Giornale L'Ora e scoprirà una targa commemorativa dello storico
direttore Vittorio Nisticò (nel giorno del centenario della sua nascita) e dei
tre giornalisti del quotidiano L'Ora assassinati: Cosimo Cristina, Mauro De
Mauro e Giovanni Spampinato.
Il Comune di Palermo e l'Ufficio Toponomatica diretto dall'architetto Michelangelo Salamone esaudiranno, dunque, il sogno di un comitato
presieduto dal giornalista e scrittore Marcello Sorgi e composto da altre
storiche firme del quotidiano L'Ora, tra i quali Roberto Leone (che cura la
pagina celebrativa L’Ora, edizione straordinaria).
Alla storia del giornale palermitano è dedicato anche il saggio "L'Ora
delle battaglie. Indole ribelle di un piccolo quotidiano che cambiò il modo di
fare giornalismo", scritto da Stefania Pipitone e pubblicato dalla casa
editrice Mohicani Edizioni. Di seguito, per ripercorrere alcune tappe del
quotidiano palermitano, pubblichiamo la recensione pubblicata dalla rivista
Antimafia Duemila.
SCOOP, MISTERI E CLAMOROSE RIVELAZIONI NEL SAGGIO L'ORA DELLE BATTAGLIE
"Arrivederci”. La prima pagina dell’8 maggio 1992 con le firme di
quanti non volevano che il quotidiano palermitano “L’Ora” chiudesse i battenti
è la copertina del saggio “L’ORA delle battaglie” di Stefania Pipitone
(Mohicani Edizioni, con prefazione di Franco Nicastro ).
Il volume si apre con il tremendo boato che scosse Palermo in una notte di
ottobre del 1958: il tritolo aveva colpito la redazione del giornale L’ORA,
punito dalla mafia per la sua celebre inchiesta giornalistica condotta
dall’avvocato Nino Sorgi (che firmava con lo pseudonimo Castrenze Dadò), da
Mario Farinella, da Felice Chilanti, da Marcello Cimino e da altri noti
cronisti.
La reazione del giornale, allora diretto da Vittorio Nisticò, fu
perentoria. All’indomani dell’attentato il titolo cubitale fu: “La mafia ci
minaccia, l’inchiesta continua”, accompagnato dalla foto della tipografia
squassata dall’esplosione. Furono ripubblicate tutte le puntate dell’inchiesta
giornalistica. Quel dossier ebbe il merito di scoperchiare non soltanto la
mafia militare, ma anche la borghesia mafiosa, l’imprenditoria affarista e le
collusioni politiche.
Il prezzo pagato dal quotidiano della sera di Palermo fu enorme:
l’attentato del 1958 fu seguito dal finto suicidio del corrispondente di
Termini Imerese Cosimo Cristina nel 1960, dalla scomparsa di Mauro De Mauro nel
1970 e dall’uccisione di Spampinato nel 1972. Cristina (“il cronista con il
papillon”) pubblicò inchieste sui rapporti tra mafia e potere; De Mauro
(esperto caporedattore) sparì mentre stava indagando sull’attentato contro il
presidente dell’Eni Mattei e sulle trame eversive culminate in seguito nel
Golpe Borghese; Spampinato (corrispondente da Ragusa) indagava sul ruolo
dell’estrema destra nella Sicilia Orientale.
A proposito del caso De Mauro, nel volume è citato un dossier esplosivo (e
rievocato dai giudici della Corte di Assise di Palermo durante il processo) con
rivelazioni scottanti del confidente Benedetto La Cara che, già negli anni
Settanta, dichiarò che De Mauro e il procuratore Pietro Scaglione (assassinato
il 5 maggio del 1971) furono vittime di un complotto ordito da alcuni esponenti
“democristiani, monarchici e missini” in combutta con apparati deviati dello
Stato, coinvolti nel Golpe Borghese (che secondo La Cara, Calderone e altri
pentiti era stato smascherato proprio da De Mauro e Scaglione).
“Aiutateci” fu il titolo cubitale del giornale L’ORA all’indomani della
scomparsa di Mauro De Mauro, un grido di dolore e un accorato appello a chi
potesse dare indicazioni utili per ritrovare la storica firma del quotidiano.
Appelli caduti nel vuoto e ostacolati dai depistaggi degli organi
investigativi.
Il procuratore Pietro Scaglione, invece, fu assassinato il 5 maggio del
1971 vicino al cimitero dei Cappuccini, dove aveva deposto i fiori sulla tomba
della moglie. Non si saprà mai chi lo uccise e perchè, ma le sentenze
definitive e i pentiti storici come Tommaso Buscetta lo hanno, senza ombra di
dubbio, definito “magistrato integerrimo e spietato persecutore della mafia”.
Il volume di Stefania Pipitone contiene un introvabile editoriale del
lontano 18 febbraio del 1962, data dell’insediamento di Scaglione nella
caldissima poltrona di Procuratore capo della Repubblica di Palermo, nel
cosiddetto Palazzo dei veleni. Nell’articolo di Nisticò, non firmato e quindi
riferibile a tutto il giornale, vi era scritto:
“Il comm. dott. Pietro Scaglione, magistrato di cassazione, è stato
nominato Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. La
notizia è stata accolta con vivo compiacimento e unanime consenso nell’ambiente
giudiziario presso il quale l’alto magistrato gode di elevata considerazione.
Il comm. Pietro Scaglione ha percorso quasi tutta la sua brillante e rapida
carriera presso la Corte di appello di Palermo, dapprima come Pretore e,
quindi, come Sostituto procuratore generale. Con tale grado sostenne l’accusa
in numerosi e gravi processi intervenendo attivamente anche nella fase
istruttoria: va ricordato – a proposito – l’elevato contributo che, in veste di
accusatore il commendatore Scaglione dette alla istruzione del processo per
l’assassinio di Salvatore Carnevale. Come si ricorderà in questo processo i
responsabili furono immediatamente individuati e arrestati e, alcuni mesi or
sono, sono stati condannati dalla Corte di assise di S. Maria Capua Vetere alla
cui competenza il processo fu rimesso per legittimo sospetto. Promosso
Magistrato di Cassazione il dott. Scaglione prestò la sua attività per qualche
tempo presso la Corte Suprema in Roma. Rientrato a Palermo ha assunto la
Presidenza della prima sezione della Corte di assise di appello, che ora lascia
per assumere l’alto incarico al quale è stato chiamato. Al valoroso magistrato
che assume la responsabilità di dirigere la Procura della Repubblica di Palermo
in un momento di innegabile difficoltà, «L’Ora» invia i più vivi rallegramenti e
cordiali auguri di buon lavoro.“
Altre rivelazioni presenti in “L’ORA delle battaglie” sono quelle del
giornalista Vincenzo Accozzaglia Vasile, direttore del quotidiano nei giorni
della chiusura, l’8 maggio del 1992, 15 giorni prima della strage di Capaci.
Secondo Vasile, L’ORA era l’unico organo di stampa che forniva scoop su temi
delicatissimi che poi, ad esempio, sarebbero stati ripresi dai magistrati del
processo Trattativa Stato-mafia.
L’autrice del saggio dedica ampio spazio alle pagine culturali (dove si
alternavano intellettuali di fama come Sciascia, Consolo, Guttuso), al
cambiamento dei costumi e del giornalismo per merito de L’ORA, alle battaglie
per l’emancipazione delle donne, ai dibattiti culturali e alla cronaca nera e
giudiziaria. Il delitto d’onore fu abolito in Italia e la pillola
contraccettiva si diffuse a Palermo anche grazie alla sensibilizzazione
giornalistica dello storico quotidiano progressista. E il primo reportage sul
tema dell’immigrazione africana in Sicilia fu pubblicato nei primi anni
Settanta proprio da L’Ora, a firma di un giovane Tano Gullo, 40 anni prima
dell’ondata di sbarchi sulle coste siciliane.
Secondo Franco Nicastro, già vicedirettore del giornale L’ORA, si trattava
di “un laboratorio artigianale dove si apprendevano le regole e le tecniche di
un giornalismo moderno, schierato, orgoglioso, nemico del conformismo,
impertinente, in aperta e continua sfida con il potere. Ma anche capace di
modulare l’informazione secondo una formula semplicemente geniale: «Comunicare
la notizia, ma anche l’emozione».
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