PIETRO SCAGLIONE
I "Camiciotti" furono i volontari messinesi che si ribellarono ai
Borboni e lottarono per l'indipendenza della Sicilia dal Regno di Napoli.
Furono soprannominati "Camiciotti" per la lunga camicia femminile
indossata come divisa di riconoscimento. Furono i protagonisti della resistenza
di Messina durante la Rivoluzione Siciliana del 1848 e si scontrarono contro le
truppe borboniche giuidate dal generale Carlo Filangieri.
Nel 1848, la Sicilia fu la prima regione a insorgere in Europa, divenendo
un esempio e una fonte di ispirazione per altri popoli. La Rivoluzione
indipendentista Siciliana del 1848 scoppiò contro i Borboni per ottenere
l'indipendenza dell'Isola che il sovrano borbonico aveva cancellato nel 1816,
quando aveva annesso la la Sicilia al regno di Napoli e aveva costituito il
Regno delle Due Sicilie. Tra gli obiettivi della rivoluzione, inoltre, vi era
il ripristino della Costituzione del 1812 e del Parlamento più antico del
mondo, per poter poi partecipare - in qualità di stato libero e sovrano -
alla confederazione di Stati Italiani.
Dopo essere esplosa a Palermo, la rivolta si propagò rapidamente in
tutta l’isola e la città di Messina divenne il cuore dell’insurrezione. I
Borboni qui riuscirono a mantenere il loro presidio situato nella Real
Cittadella, nel forte S. Salvatore e nel forte Don Blasco, ubicati sulla zona
della falce, lembo estremo del porto di Messina.
Durante i bombardamenti della propria città, i messinesi combatterono
in prima linea. L'apice dello scontro ebbe luogo dal 3 al 7 settembre del 1848
(“Le cinque giornate di Messina"). Le parti in conflitto erano: da una
parte, l'esercito borbonico, composto da 25 mila uomini con 400 cannoni che rasero
al suo gran parte della città dello Stretto; dall'altra parte, il
popolo siciliano, costituito da circa 6000 uomini, soprattutto volontari,senza
adeguati equipaggiamenti e munizioni, nonchè senza un'organizzazione militare
vera e propria.
A causa dei bombardamenti a tappeto, il re Borbonico Ferdinando II fu
denominato “Re Bomba”.
Il 7 settembre del 1848, le truppe borboniche trasformarono la città di
Messina, ormai allo stremo delle forze, in un cumulo di macerie fumanti
Il 7 settembre fu l’ultimo giorno di battaglia che sancì la caduta di
Messina, ma fu anche il giorno del sacrificio dei Camiciotti. Dopo l'ingresso
in città, l'esercito borbonico circondò una delle roccaforti difensive dei
Messinesi, il Monastero della Maddalena. Dopo un'estenuante battaglia, i
borbonici riuscirono a fare breccia nel muraglione difensivo e a penetrare al
suo interno. Parte dei soldati che si erano lì asserragliati, riuscirono a
fuggire dal monastero e a rifugiarsi in città, mentre un battaglione di
Camiciotti, per coprire i compagni, affrontò l’esercito avversario. Le forze
borboniche, in numero nettamente superiore, durante lo scontro circondarono i
Camiciotti al centro del Monastero, precisamente intorno al pozzo. Ormai
stremati e circondati, i Camiciotti, in nome della libertà della Sicilia, per
evitare di essere catturati, si lanciarono nel pozzo. Il loro sacrificio
fu ricordato con una targa in marmo (distrutta dal terremoto del 1908 e poi
ripristinata).
Tra le figure più leggendarie delle 5 giornate di Messina spiccava Rosa
Donato, figlia di un cuoco. Dopo avere già assistito alla repressione borbonica
dei moti del 1820-1821 in Sicilia, Rosa partecipò attivamente alla Rivoluzione
siciliana del 1848, combattendo prima a Messina e poi a Palermo, durante
l'assedio borbonico.
A Messina, dal gennaio al settembre del 1848, Rosa Donato fu protagonista
di numerosi scontri armati con le truppe borboniche conquistandosi il titolo di
"Artigliera del popolo”. Rosa divenne caporale per l’impegno nella
battaglia e difese la città quando fu assediata dalle truppe borboniche, dando
fuoco ai depositi di munizioni e causando ingenti perdite all'esercito
occupante. Quando Messina fu messa a ferro e a fuoco dai soldati borbonici
sbarcati nella zona sud e fu bombardata dal mare dalle navi di Ferdinando II,
Rosa Donato partecipò alla strenua difesa della città e, incendiando un cassone
di munizioni, fece saltare in aria i soldati che stavano per conquistare il
quartiere Pizzillari. Dopo quell'attacco, si finse morta per continuare a
combattere a Palermo, dove divenne un’importante guida per i rivoluzionari
siciliani.
Le "Cinque giornate di Messina" e il sacrificio dei Camiciotti sono
stati ricordati sabato 7 settembre con un corteo che, a partire da Largo
Seggiola, si snoderà in alcune strade messinesi, tra le quali proprio Via Camiciotti.
La manifestazione è stata organizzata dal coordinamento indipendentista Vespro
2019 e dall'Associazione Culturale La Sicilia Ai Siciliani.
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