Palermo 21 settembre 2019 – “Cesare Terranova, il magistrato e
l’uomo”. Per i 40 anni dall’omicidio del giudice Cesare Terranova e del
maresciallo Lenin Mancuso, l’amministrazione comunale di Petralia, paese natale
del magistrato, e i familiari del giudice hanno voluto dare rilievo
particolare alla ricorrenza con una giornata di eventi per mettere in
risalto i valori umani e professionali del magistrato.
Mercoledì 25 settembre alle ore 10 davanti all’Istituto
comprensivo di Petralia Sottana, in piazza tenente Nino Tedesco, le
manifestazione avranno inizio con la deposizione di una corona davanti al cippo
dedicato al magistrato. Seguirà un incontro con gli studenti del liceo di
Scienze umane Pietro Domina, in cui due dei nipoti di Cesare Terranova
presenteranno un concorso destinato agli alunni sulla figura del giudice.
Nel pomeriggio, alle ore 16, a palazzo Pucci, sede del parco
delle Madonie, verrà inaugurata la mostra fotografica e documentale, con
un video realizzato per l’occasione, su Cesare Terranova. Seguirà
una conversazione a più voci per ricordare l’opera e la
figura di Terranova e Mancuso. Interverranno: il sindaco di
Petralia Sottana, Leonardo Neglia, il presidente della Commissione parlamentare
antimafia, senatore Nicola Morra, il presidente della commissione
d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno mafioso dell’Ars Claudio Fava, il
procuratore della Repubblica del Tribunale di Termini Imerese Ambrogio
Cartosio, l’ex procuratore aggiunto del Tribunale di Palermo Leonardo Agueci,
l’ex presidente del Tribunale di Palermo Leonardo Guarnotta, il magistrato
Roberto Tartaglia, consulente della commissione parlamentare d’inchiesta
sul fenomeno mafioso, il dirigente dell’anticrimine della Questura di Palermo
Giovanni Pampillonia, il presidente del centro studi ‘Pio La Torre’ Vito
Lo Monaco, il giornalista Franco Nicastro. Ricordi e testimonianze
dei familiari di Terranova e di Mancuso.
La manifestazione, organizzata, coordinata e promossa da
Leonardo Agueci, si avvale della collaborazione di Luca Gulisano, docente e
studioso della figura del giudice, e di Lavinia Caminiti, che si è occupata
della raccolta di foto e documenti, anche inediti, e dell’allestimento
della mostra.
La mattina del 25 settembre 1979, a Palermo, Cesare
Terranova, magistrato e per due mandati, dal 72 al 79, parlamentare
indipendente del Pci, viene ucciso subito dopo essere uscito dalla sua
abitazione di via Rutelli, a due passi da via Libertà, ed essersi messo
alla guida della sua auto. Un gruppo armato colpisce a morte anche
il maresciallo di polizia Lenin Mancuso, da sempre suo fidato collaboratore e
accompagnatore. Aveva 58 anni.
È stato un precursore della lotta contro Cosa Nostra
in un periodo in cui si faticava a pronunciare la parola mafia. “Il
giudice Terranova, operando con grande determinazione in un clima di
sostanziale scetticismo e isolamento, è stato certamente il primo magistrato ad
affrontare le indagini di mafia con una visione unitaria, approfondita e
moderna del fenomeno - dice Leonardo Agueci - È riuscito a coglierne i
connotati specifici, l’evoluzione inarrestabile, la diffusione crescente e
pervasiva nella vita sociale, economica e politica, a evidenziare la necessità di
strumenti investigativi adeguati, in grado di attingere anche ai profili
patrimoniali, così aprendo la strada alle elaborazioni normative del
decennio successivo, che tuttora costituiscono la base dell’attuale azione di
contrasto al fenomeno mafioso”.
“Durante gli anni della sua permanenza a
Palermo, protrattasi fino all’agosto 1971- prosegue Agueci – il livello
di conoscenza del fenomeno mafioso era ancora rudimentale e lacunoso. Gli
strumenti investigativi in possesso degli inquirenti risultavano molto scarsi e
assolutamente incomparabili con quelli attuali. Gli atteggiamenti di omertà si
presentavano granitici e impenetrabili, la consapevolezza sociale e la
disposizione di buona parte delle istituzioni erano caratterizzate da
indifferenza, sottovalutazione, se non da effettiva connivenza. In tale
contesto, le sue indagini si indirizzarono, in particolare, verso la
famiglia mafiosa di Corleone, della quale riuscì già da allora a cogliere i
connotati di ferocia, risolutezza e volontà espansiva, che avrebbero costituito
i presupposti della sanguinosa guerra di mafia scatenatasi negli anni
successivi. La sua attività lo aveva quindi reso inviso agli stessi
‘corleonesi’ che lo inserirono tra i loro ‘nemici giurati, all’interno delle
Istituzioni, destinati prima o poi a essere eliminati”.
LA MOSTRA a cura di Lavinia Caminiti
“É una mostra dove si racconta, attraverso documenti, la storia non solo
del Magistrato ma soprattutto quella dell’uomo Cesare - spiega la
curatrice, Lavinia Caminiti - L’emozione di entrare nella sua vita
attraverso lettere, ormai ingiallite dal tempo, scritte dai suoi genitori
mentre era prigioniero di guerra, lettere piene di amore e apprensione. Poesie
scritte di suo pugno verso l’amata moglie. Pezzi sempre scritti da lui dove
ironia e poesia si intrecciano rivelandone un uomo spiritoso ma profondo.
Fotografie che lo ritraggono in famiglia o in momenti di svago. Ciò che lo
caratterizza è il sorriso che alle volte si trasforma in sincera risata.
Documenti non solo fotografici che raccontano di quando fu nominato Commissario
di bordo. La sua passione per il bridge. Foto di famiglia di sua moglie,
Giovanna Giaconia, che ha avuto un ruolo così importante nella vita di Cesare
Terranova, ma soprattutto dopo, di continuazione dell’impegno e di
testimonianza civile. Documenti che testimoniano la sua esperienza
politica”. Una sezione della mostra è dedicata alla figura di Lenin
Mancuso. “Attraverso le immagini – aggiunge Lavinia Caminiti - traspare la
stima che l’uno aveva dell’altro. Lenin Mancuso, che gli fu fedele fino
alla fine. Tra le cose in esposizione la più emozionante è la penna che
Terranova teneva nel taschino quando fu ucciso, una penna che porta
ancora le tracce di quel tragico momento, l’unico oggetto rimasto, testimone di
quell’efferato omicidio”.
LE TESTIMONIANZE DEI NIPOTI
“A noi nipoti questo zio destava sempre una duplice emozione: da un lato
era contagiosa la sua gioia di vivere e la sua affettuosa ‘occupazione’ del
territorio casalingo, dovuta anche alla robusta corporatura e al piacere
del convivio. Dall’altra – raccontano Vincenzo e Francesca Terranova,
figli del fratello del giudice, Tullio - stargli vicino poteva
generare un certo allarme quando lo sguardo cadeva sulla fondina nera che ogni
tanto si affacciava sul bianco della camicia. Ogni incontro con lui dava sempre
la misura di un uomo appassionato, di un figlio della luce, avrebbero detto gli
antichi, abituato però a confrontarsi con le tenebre. Quelle tenebre che
cercava di illuminare con il faro della conoscenza, dell’umanità, della
ragione. Poi arrivò quel 25 settembre e la famiglia fu squassata. Un
ricordo per tutti: le lacrime mute della nonna, curva, a Fiumicino.
Eppure oggi quel faro è ancora acceso. Sono trascorsi 40 anni e molti
camminano più consapevoli e fiduciosi sui ponti che Cesare Terranova ha
contribuito a costruire”.
“Posso affermare tranquillamente – è la
testimonianza di un’altra nipote, Geraldina Piazza - che zio Cesare è
stato un esempio da seguire. Quando parlo di lui e racconto della sua vita e
del suo lavoro agli studenti delle scuole, che l’hanno conosciuto attraverso i
libri o su Internet, vedo molta curiosità per quest’uomo tutto d’un pezzo che
non frequentava la casa dei cognati perché abitavano nello stesso palazzo
di Salvo Lima, che era conosciuto nell’ambito dei circoli di bridge per
la sua correttezza e abilità, che sapeva condurre un interrogatorio
sedendosi accanto all’assassino e, parlandogli in dialetto, lo
convinceva a confessare, come fu per il caso delle tre bambine di
Marsala. Ma quando racconto del suo amore per il cibo, per i suoi gatti che
adorava, tanto da chiedere alla moglie nel testamento di fare un lascito a
qualche associazione di protezione degli animali, della sua passione per i
libri gialli e per tutto ciò che allenava il cervello, i ragazzi si illuminano.
Per la nostra famiglia è stato un solido punto di riferimento. Per me in
particolare è stato un padre che ha affiancato il mio, colpito da un ictus e
senza l’uso della parola per quasi nove anni. Resta l’esempio di una vita
corretta, pulita, senza compromessi”.
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