Nicola Gratteri, 61 anni, è dal 2016 il procuratore generale della Repubblica di Catanzaro. |
di Michele Novaga
La 'ndrangheta è presente da decenni in Svizzera.
Malgrado la buona collaborazione con l'Italia, il sistema giudiziario elvetico
non è adeguato alla realtà criminale presente sul suo territorio. Lo afferma il
magistrato e saggista italiano Nicola Gratteri nell'intervista a swissinfo.ch. Presente al festival letterario Una Torre di
LibriLink esterno di Torre Pellice (Piemonte),
il procuratore generale della Repubblica di Catanzaro Nicola GratteriLink esterno è
stato avvicinato da swissinfo.ch per parlare della presenza e delle attività
della 'ndrangheta in Svizzera.
swissinfo.ch:
La ‘ndrangheta in Svizzera c’è
da tempo: quando e come si è infiltrata?
Nicola Gratteri: Abbiamo tracce della ‘ndrangheta in
Svizzera almeno dalla fine degli anni ’80. In seguito a una faida a Monticella,
un paesino in provincia di Reggio Calabria, una famiglia di 'ndranghetisti si è
trasferita in Svizzera, insediandosi nella zona di Neuchâtel. Proprio in quegli
anni abbiamo fatto delle rogatorie internazionali, siamo andati in Svizzera,
abbiamo fatto delle indagini e siamo riusciti a catturare due latitanti. Per la
polizia e per la magistratura svizzera, ciò è stata una grande sorpresa.
"L’80% della cocaina che arriva
in Europa è per mano della ‘ndrangheta"
Fine della citazione
In passato
ci sono stati processi e condanne in Svizzera. Ad esempio, quello
dell’avvocato Moretti, condannato per
aver riciclato 75 miliardi di vecchie lire. E numerose sono state le inchieste
da parte italiana, molte anche sue, come le operazioni 'Insubria' e 'Blue
call'.
Quando gli ‘ndranghetisti, i camorristi o gli uomini
di Cosa nostra vanno all’estero cercano di mimetizzarsi. Non vanno a bruciare
automobili o a sparare alle serrande. Vanno all’estero per rifugiarsi come
latitanti - perché sanno che non vengono controllati dal momento che in Europa
non c’è la cultura del controllo del territorio - oppure lo fanno per vendere
cocaina e poi comprare tutto ciò che è in vendita.
È la droga
il settore in cui gli ‘ndranghetisti italiani in Svizzera sono più attivi?
Secondo le indagini che abbiamo fatto, l’80% della
cocaina che arriva in Europa è per mano della ‘ndrangheta. I soldi da loro
ricavati non tornano in Calabria né in Sud America perché i cartelli
colombiani, per esempio, vogliono essere pagati in Europa poiché più conveniente.
L’Europa e quindi anche la Svizzera diventano un grande supermercato in cui
comprare tutto ciò che è disponibile.
Coi soldi
ricavati dalla droga, quindi, si comprano armi e si investe in
immobili. Il riciclaggio di denaro è uno dei settori in cui la ‘ndrangheta
è più attiva. Secondo le inchieste, ciò non avviene solo nel vicino Canton
Ticino, ma anche in altre parti della Svizzera come conferma l’indagine
'Helvetia' del 2014 sulla cosca di Frauenfeld, nel
canton Turgovia.
È capitato nel corso dei decenni di fare indagini sul
riciclaggio, ma non in modo sofisticato come si vede nei film. Sono state
condotte nel modo più rozzo possibile su persone che fisicamente, attraversando
le frontiere, hanno portato in Svizzera milioni di euro depositandoli nelle
banche elvetiche.
Questo
contenuto è stato pubblicato il 7 agosto 2019 9.42
La Svizzera
sta facendo abbastanza per contrastare la ‘ndrangheta e le altre organizzazioni
criminali? Lei stesso ha dichiarato in passato che alcuni reati, come per
esempio quello di associazione mafiosa, in Svizzera sono trattati in maniera
più lieve rispetto al sistema legislativo italiano.
Questo è un problema che non riguarda solo il sistema
giudiziario elvetico, ma tutta l’Europa dato che negli ordinamenti non c’è il
reato di associazione di stampo mafioso. Il reato che in Svizzera gli si
avvicina è quello di associazione segreta, la cui pena va da uno a cinque anni.
Una pena ridicola se si pensa che in Italia corrisponde alla condanna che
rischia una persona in possesso di una pistola con matricola abrasa.
Per le mafie è quindi conveniente delinquere in
Svizzera, così come è conveniente farlo nel centro e nel nord dell’Europa. Le
pene sono molto basse e il rischio di essere indagati esiste solo se le polizie
italiane fanno delle indagini.
A questo
proposito il caso del killer della ‘ndrangheta di Lamezia Terme,Gennaro Pulice, è
abbastanza emblematico. Come lui stesso ha ammesso durante una confessione, è
entrato in Ticino grazie a un permesso B ottenuto corrompendo un funzionario
cantonale.
Comunemente si pensa che il problema della corruzione
riguardi principalmente gli italiani. È un cliché superato. Purtroppo, negli
ultimi decenni in Europa, nella cultura occidentale c’è stato un forte
abbassamento della morale e dell’etica. E questo non ha investito solo
l’Italia, ma tutta l’Europa. In Italia ciò emerge di più perché si fanno più
indagini, ci sono strumenti normativi che consentono alla polizia giudiziaria e
alla magistratura di andare più in profondità.
"In Svizzera come in tutta
Europa la mafia del futuro sarà quella albanese"
Fine della citazione
In oltre 30
anni di carriera, Lei ha collaborato con le forze di polizia e con colleghi
magistrati di tantissimi Paesi: che rapporto ha con i suoi omologhi svizzeri?
Direi che ultimamente il rapporto è migliorato:
soprattutto da un paio di anni a questa parte le autorità svizzere hanno
cominciato a prendere coscienza del fenomeno e del problema mafie sul proprio
territorio. Ma purtroppo, come dicevamo prima, gli inquirenti elvetici non sono
facilitati né aiutati da un sistema giudiziario non proporzionato alla realtà
criminale presente in Svizzera.
Ci sono dei
legami tra le mafie italiane in Svizzera o rapporti specifici tra la
‘ndrangheta e le altre associazioni criminali - balcaniche o dell’Africa -
presenti sul territorio elvetico?
Diciamo che la ‘ndrangheta è molto presente in
Svizzera. Ma io prevedo che nella Confederazione, come in tutta Europa, la
mafia del futuro sarà quella albanese. In Albania c’è una forte corruzione, ci
sono delle associazioni criminali potentissime che nessuno contrasta e che,
grazie ai soldi, riescono a incidere anche sul sistema giudiziario e ad imporsi
nel mercato della cocaina in Europa. Ora sono molto presenti in Olanda, ma pure
in Sud America insieme alla ‘ndrangheta.
Questo
contenuto è stato pubblicato il 7 agosto 2019
Nicola Gratteri
Nato
a Gerace nella Locride (Calabria) il 22 luglio del 1958, Nicola Gratteri è dal
2016 il procuratore generale della Repubblica di Catanzaro ed è oggi il massimo
esperto di ‘ndrangheta. Entrato in magistratura alla fine degli anni ’80,
come procuratore aggiunto presso il Tribunale di Reggio Calabria ha firmato
diverse inchieste che hanno coinvolto molte persone residenti in Svizzera.
Vive sotto scorta dal 1989. Vincitore di numerosi premi per il suo
impegno civile e sociale, ha scritto diversi libri e saggi sulla criminalità
organizzata insieme al giornalista e docente Antonio Nicaso.
swissinfo.ch, 7 AGOSTO 2019
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