Come nel resto d’Italia, gli anni Settanta qui sono stati un’occasione perduta, soltanto una cerniera tra i “favolosi” anni Sessanta e la nuova speranza degli anni Ottanta.
Corleone si ritrova con un terzo della popolazione in meno portata via dalle ondate migratorie di inizio secolo – in America e Tunisia, - e degli anni Cinquanta verso il triangolo industriale italiano e i paesi dell’Europa centrale. Si perdono gli addetti all’agricoltura, all’edilizia, all’industria. Crescono solo i commercianti, perché ognuno deve arrangiarsi come può.
C’è stato un terremoto che, se non ha provocato vittime e grandi danni, ha
messo a nudo tutta la fragilità dell’economia locale. Mancano gli strumenti
urbanistici, scattano gli scioperi spinti dalla mancanza di lavoro. La triade
Castro-Catania-Liggio, per tanti anni padrona della Democrazia cristiana con la
benedizione del decano Bajada, viene defenestrata e inizia l’era La Torre, che
durerà vent’anni. Partono i grandi lavori pubblici, come la messa in sicurezza
della rocca soprana, il rifacimento del bastione di San Rocco, il rifacimento
delle strade.
Anche
nella Chiesa sono cambiate molte cose. E’ arrivato un battagliero arciprete di
nome Emanuele Catarinicchia e i parroci sono in prima linea nella cacciata di
Totuccio Castro. Catarinicchia ha grandi ambizioni, la prima delle quali è
cancellare lo strappo provocato dalla soppressione della “Sfilata dei santi”
del Sacramento. Per questo chiama al suo fianco il fido Bruno Ridulfo per
organizzare una grande festa di primavera. Si farà, ricca e grandiosa, ma non
riuscirà a cancellare lo strappo. Catarinicchia penserà alla sua Chiesa
dell’oggi e del domani. Organizzerà un grande e affollatissimo convegno al
salone Papa Giovanni sul tema “Dove va la Chiesa corleonese”. Per il domani chiama a raccolta gli
universitari nella Fuci (Federazione universitari cattolici): così cerca di
formare la classe dirigente di domani. Un lavoro che viene premiato nelle
“segrete stanze”, quando nel 1979 don Emanuele viene ordinato vescovo e spedito
prima a Cefalù e poi a Mazara del Vallo.
Ma intanto, prima di andar via, è riuscito ad organizzare il ritorno a Corleone
delle spoglie del beato Bernardo, che ora sono state raccolte in un manichino.
Bernardo torna al suo paese in una proibitiva giornata invernale, sotto lampi e
tuoni, accolto da un manifesto che dice: “Torno perché amore vale più di una
spada (o di una P 38)”. Uno slogan forte, dettato dalle gesta dei terroristi ma soprattutto da quelle dei mafiosi
di qui. Luciano Liggio è stato arrestato per la seconda volta a Milano e al
potere è arrivato Totò Riina con la sua corte di Binnu Provenzano e Luchino
Bagarella. Così Corleone in quegli anni diventa la capitale della mafia, anche
perché nel ’72 è uscito il film “Il padrino”, un boss di nome Corleone, che in
tre capitoli griderà il nome del paese, divenuto sinonimo di mafia, nei cinema
di tutto il mondo.
In paese la vita continua al rallentatore, aspettando il vento sulle aie di
campagna e la morte sulla selva di sedie che tappezza il corso principale nei
giorni di festa.
Da Il Cuore e il Leone, Blog di Nonuccio Anselmo:http://nonuccioanselmo.wixsite.com/ilcuoreeilleone/single-post/2019/08/24/Ecco-a-voi-gli-anni-Settanta-di-Corleone
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