di Enrico Ferro
Chiara Maria ha 98 anni e le hanno rinnovato la
patente fino al 2020 "Mai un incidente, la vera fatica a Milano è trovare
parcheggio"
«Chi l’ha detto che guidare non è roba per donne? Guardate me, a 98 anni.
La mia auto ha qualche graffietto sì, ma mai un incidente». Chiara Maria Tanara
coccola tra le dita cariche di anelli d’oro la sua inseparabile patente, con la
data di scadenza che è già un vanto oltre che un traguardo. C’è scritto 2020.
Con il rinnovo di altri due anni, fino al compimento del secolo d’età, Chiara
Maria diventa probabilmente l’automobilista più anziana di Milano e ci sono
buone possibilità di scalare anche un’ipotetica classifica nazionale. «Ho preso
la patente nel 1955, dopo il secondo figlio», racconta e il suo ricordo è una
cartolina in bianco e nero.
In piazza Duomo svettava il cartellone
pubblicitario Cinzano, Piero Calamandrei arringava gli studenti universitari
nel salone degli Affreschi ricordando il sacrificio dei partigiani e Angelo
Moratti prendeva le redini di quella che sarebbe diventata la Grande Inter.
Oggi la città si è sviluppata in verticale e il traffico è decuplicato ma
Chiara Maria è ancora lì al volante della sua utilitaria, ieri una Fiat 850,
oggi una Citroen C1, abile a destreggiarsi nella giungla di asfalto e smog
della metropoli. Vedova dell’avvocato Angelo Fumarola, madre di cinque figli,
nonna di undici nipoti, non rinuncia alla sua indipendenza e, anzi, invita
tutte le donne a farlo: «Guidate e non sentitevi mai inferiori ai maschi».
Qual è il suo segreto?
«Non avere fretta. Chi va piano va sano e va lontano».
Cosa se ne fa dell’auto a 98 anni?
«Abito vicino a piazzale Tripoli. La macchina la uso per fare la
spesa, per andare a trovare le mie figlie o per raggiungere la comunità Don
Orione dove sono volontaria. Sono giretti intorno a casa».
Non è difficile per una donna della sua
età destreggiarsi nel traffico di Milano?
«Certo che è difficile, bisogna prestare molta attenzione. Ma questo
mi aiuta a tenere i riflessi pronti a la testa sveglia».
Ci sarà pure un aspetto che la preoccupa
quando guida?
«Sì, trovare parcheggio. È sempre più difficile».
Ha preso la patente nel 1955. Fu lei a
volerlo?
«No, fu mio marito, che era un grande uomo. Mi fece trovare una macchina
nuova in garage. Non ricordo il modello ma so benissimo ciò che mi disse: se
vuoi guidare la macchina è pronta. Sei andata per tanti anni in bicicletta, non
è differente. Anche qua ci sono i pedali. È stato lui il mio primo insegnante».
Quanti rinnovi ha fatto?
«Non lo ricordo, so solo che l’ultimo l’ho fatto a dicembre scorso. Avrò la
patente per altri due anni, fino al centesimo compleanno, non so nemmeno se ci
arrivo (ride)».
Come si è svolto l’esame?
«Mi hanno fatto parlare un po’ per capire se il cervello funziona ancora.
La parte più difficile è stata dirlo ai figli».
In che senso?
«Sono molto apprensivi, mi hanno proibito di andare in centro e non
vogliono che esca dai confini della città. Tuttavia, sanno che ci tengo alla
mia libertà. L’ho sempre difesa».
Cosa ne pensa dei pregiudizi sulle donne
al volante?
«Penso che siano tutte baggianate ma la convinzione parte da
noi stesse».
Non crede che la sua sia una storia
speciale?
«A dire il vero mi sembra tutto abbastanza normale. Ed è così che mi sono
sempre sentita per tutta la vita, una donna normale. Anzi, rivendico la mia
normalità».
La
Repubblica, 18 agosto 2019
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