di Alessandra Ziniti
Nel 2019 le navi umanitarie hanno sbarcato 297 migranti sugli oltre 3mila approdati da soli con barchini o pescherecci
Nel 2019 le navi umanitarie hanno sbarcato 297 migranti sugli oltre 3mila approdati da soli con barchini o pescherecci
ROMA — Adesso anche le navi militari a difesa dei porti italiani.
Quelle impiegate fino all’anno scorso per salvare i migranti ora saranno
chiamate a fronteggiare le "incursioni" delle navi umanitarie che
dovessero decidere di ignorare l’alt, come hanno fatto la Sea-Watch 3 e la
Alex. Matteo Salvini schiera le forze armate nella sua "guerra"
contro le Ong, come se fosse quella la strada per fermare i flussi migratori.
Ma i numeri, quelli che il ministro dell’Interno ha sul tavolo, raccontano
tutta un’altra storia. Dicono, tanto per cominciare, che meno di un migrante su
dieci arriva in Italia con le Ong. Eccoli i numeri: nel 2019, con sei sbarchi,
le navi umanitarie hanno portato a terra solo 297 persone sulle 3.082 approdate
in Italia nei primi sei mesi dell’anno, meno del 10 per cento. Ma è solo lì
che, fino ad ora, si è concentrata la controffensiva del Viminale.
C’è decisamente molto di distorto nella narrazione che il ministro
dell’Interno fa dei flussi migratori verso l’Italia. Eppure, naturalmente, da
mesi Salvini ha ben chiaro che i trafficanti libici e tunisini hanno cambiato
il loro modus operandi spedendo i migranti o su barchini spesso agevolati da
navi madri o su pescherecci solidi che partono dalle spiagge di confine tra
Libia e Tunisia e non hanno difficoltà ad entrare indisturbati in acque
italiane. E lì il gioco è fatto. O si arriva direttamente a terra ( a Lampedusa
o sulle coste dell’Agrigentino) o si viene intercettati dalle motovedette
italiane che, a quel punto, non possono fare altro che trainare in porto
le imbarcazioni. Anche qui i numeri dei primi sei mesi del 2019 non lasciano
spazio ad interpretazioni. Sono ben più di due terzi, esattamente 2.486 dei
3.082, i migranti arrivati in Italia così, quasi tutti migranti economici che (
se i rimpatri fermi a quota 2.839 funzionassero) dovrebbero essere
rispediti indietro. Ed è un numero per difetto perché, ovviamente, una parte
delle persone arrivate con i cosiddetti sbarchi fantasma riesce a dileguarsi a
terra senza essere intercettata dalle forze dell’ordine. E se c’è qualche
imbarcazione da definire «non inoffensiva per la sicurezza nazionale», come
recita la formula che sta alla base del divieto di ingresso in acque italiane
per le navi che trasportano migranti, sono proprio queste. Lo ha detto
chiaramente il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio la scorsa settimana
davanti alle commissioni Affari costituzionali e giustizia della Camera: «È con
gli sbarchi fantasma che arrivano le persone più pericolose, quasi sempre
pregiudicati, latitanti e in contatto con organizzazioni terroristiche. Dalla
Tunisia alla Sicilia ci sono regolari collegamenti navali due volte la settimana.
È evidente che chi sceglie di arrivare su uno di quei barchini spera di non
essere identificato».
I tunisini, dunque. E ancora numeri che, in tutta evidenza, mostrano il
fronte su cui concentrare gli interventi. I tunisini sono la prima nazionalità
tra i migranti sbarcati, uno su cinque. Poi vengono i pakistani, quelli che
arrivano comodamente sui velieri che partono dalla Turchia e dalla Grecia e
che, con cadenza almeno bisettimanale, sbarcano sulle coste della Calabria e
del Salento: pakistani, iracheni, iraniani e bengalesi. Ne sono arrivati già
900, così, "traghettati" dagli scafisti russi e ucraini che incassano
tra i 5 e i 6.000 euro a migrante (contro i 1.000 che si pagano oggi per le
partenza da Libia e Tunisia). Un traffico lucrosissimo, mediamente 400.000 euro
a viaggio) che non sembra minimamente attrarre l’interesse di Matteo Salvini.
Alla fine, scorrendo la mappa delle nazionalità dei migranti approdati in
Italia nel 2019, si scopre che dei tanto temuti africani, la cui presunta
invasione continua ad essere sbandierata da Salvini insieme al rischio di
sostituzione etnica, ne sono arrivati ben pochi. I nigeriani, addirittura, sono
totalmente scomparsi: neanche uno. Dai lager libici dove sono rinchiusi in
massima parte i migranti partiti dai Paesi dell’Africa subsahariana, sono
riusciti a sfuggire solo 314 ivoriani, 80 sudanesi, 80 guineani, non si arriva
a contarne neanche 500. Appena pochi di più degli algerini e dei marocchini che
scelgono la strada più dritta verso la Sardegna, anche lì senza incontrare
nessuno sbarramento.
La Repubblica, 9 luglio 2019
Nessun commento:
Posta un commento