di Marco Patucchi
«È stato importante evitare la procedura d’infrazione, perché l’avrebbe
pagata la nostra gente». Maurizio Landini usa spesso quel concetto nel suo
intercalare: «La nostra gente». Però ci tiene a spiegarlo, a chiarire che non
ha alcuna connotazione di appartenenza politica, sindacale o di altro tipo: «La
nostra gente sono tutti quelli che cercano lavoro o che il lavoro già ce
l’hanno e chiedono il rispetto dei diritti. Insomma la dignità». Per il leader
della Cgil, dunque, l’archiviazione della procedura Ue è una buona notizia. Ma
niente di più. «In fondo la Commissione ci ha solo rimandato ad ottobre, perché
i problemi strutturali del Paese, dalla mancata crescita all’evasione, dalla
disoccupazione alla politica industriale, restano irrisolti. Senza contare la
figura che abbiamo fatto…».
A cosa si riferisce?
«Al fatto che i nostri politici battono i pugni sul tavolo quando sono in
Tv, ma poi in Europa prevale la logica dell’ austerità. Se si vuole migliorare
l’Unione, se si vuole riformarla davvero, bisogna farlo alleandosi con altri
Paesi e risolvendo una volta per tutte i problemi strutturali di cui dicevo. Ad
esempio, va bene chiedere di scomputare gli investimenti dal perimetro dei conti
pubblici, ma intanto predisponiamo un piano straordinario di investimenti».
Il ministro Tria minimizza la portata
dell’assestamento di bilancio. Eppure sembra una vera manovra correttiva.
«La si può chiamare come si vuole, ma in sostanza è una correzione di conti
che non tornavano rispetto a quelli accettati dallo stesso governo lo scorso
dicembre».
Tria, come tanti altri ministri del Tesoro
nella storia della Repubblica, confida per la prossima manovra nella lotta
all’evasione. Perché dovremmo credere a questa promessa?
«Guardi, noi riteniamo che l’unico modo per combattere davvero
l’evasione fiscale sia agire contemporaneamente con tre semplici interventi:
nuove, massicce assunzioni all’Agenzia delle entrate, non generiche ma di
professionalità specifiche che sappia manovrare i dati. Poi un piano di
utilizzo di questi dati per una lotta preventiva e non a posteriori. Infine una
drastica limitazione del contante, tracciando tutto il tracciabile».
Mentre la Lega insiste per la Flat tax,
Tria promette di abbassare le tasse alle classi medie. Non le sembra una
contraddizione?
«Nel governo dovrebbero mettersi d’accordo su cosa vogliono. Io rispondo
con i numeri: l’85% del gettito Irpef arriva dai lavoratori dipendenti e dai
pensionati, l’80% di questi sono sotto i 28mila euro di reddito, un terzo delle
entrate riguarda la fascia tra i 28mila e i 50mila. Quindi occorre abbassare
le tasse a chi le paga davvero, aumentando, come Cgil, Cisl e Uil stanno
chiedendo, le detrazioni per il lavoro dipendente. D’altro canto la tassazione
media sui lavoratori è intorno al 40%, quella su rendite e capitali non supera
il 26% e Bankitalia ci dice che la ricchezza patrimoniale complessiva vale otto
volte il Pil. Ognuno deve dare in base alla propria capacità contributiva, non
solo in base al reddito. È una questione di giustizia sociale e di rispetto
della Costituzione».
Insomma, paghino di più i ricchi…
«Un Paese che si rilancia attraverso gli investimenti e con un sistema
fiscale più equo, tutela meglio il patrimonio di tutti. Ricchi compresi».
Tria dice anche che la prossima manovra
beneficerà di ulteriori risparmi previsti su Quota 100 e Reddito di
cittadinanza. In pratica sancisce il fallimento delle misure
"bandiera" di Lega e M5s.
«Più che Tria sono i numeri a dirlo. L’impatto delle due misure sulla
crescita si è fermato allo 0,2%.
Evidentemente il Paese ha bisogno anche di altro, non necessariamente
alternativo alla sacrosanta lotta alla povertà. Penso soprattutto agli
investimenti nei servizi sociali, dalla scuola alla sanità e alla ricerca, e
poi quelli nella manutenzione del territorio e in una vera politica industriale
che accompagni il passaggio a una produzione ambientalmente sostenibile. Infine
investimenti nella cultura, nel turismo e, invece di chiudere i porti, nella
logistica».
A proposito di porti chiusi, il
vicepremier Salvini ha convocato le parti sociali al Viminale. Non le sembra
irrituale?
«La cultura sindacale nella quale sono cresciuto mi ha insegnato che quando
il governo convoca, bisogna andare perché è la controparte con la quale
confrontarsi, avanzare richieste, provando a portare a casa risultati. Insieme
a Cisl e Uil abbiamo già incontrato il premier Conte e il vice Di Maio che si
sono impegnati a definire un calendario di incontri a Palazzo Chigi. Vedremo di
cosa ci vuole parlare Salvini e a nome di quale governo. Comunque le garantisco
che a Salvini ribadiremo il no alla politica dei porti chiusi e alla logica
pericolosa per la democrazia sottintesa al decreto sicurezza».
Il governo ha festeggiato gli ultimi dati
Istat sull’occupazione. Legittimo?
«Sono numeri positivi, certo. Ma inviterei il governo ad analizzarli oltre
che a commentarli: le ore lavorate sono molto inferiori rispetto al 2008, c’è
un forte aumento del part-time involontario, più di 100mila italiani sono
emigrati nell’ultimo anno. È la qualità dell’occupazione e dei salari che sta
peggiorando drasticamente».
La Repubblica, 9 luglio 2019
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