di Fabio Tonacci
Sono 70, la metà vuoti o occupati abusivamente. Ma la
sindaca Raggi ne chiede altri 71
Vuoti, e a perdere. Oppure occupati, ma dagli inquilini sbagliati. Talvolta
preda di senza tetto e cani randagi, altre volte di abusivi che, in assenza di
controlli, fanno quel che vogliono. Roma Capitale, eternamente a corto di case
e spazi per i suoi cittadini, non sa gestire i palazzi che ha strappato alla
mafia. Il Comune è proprietario di 70 immobili confiscati a boss e clan, eppure
quelli "in regola" — cioè utilizzati, accessibili e amministrati
realmente da chi li ha avuti in concessione — sono meno della metà. Appena 31.
Una cifra che fotografa l’ennesimo, clamoroso, spreco di una città che non vede
la fine della notte. Le case abbandonate in centro.
Il 14 marzo scorso la Polizia locale ha dato il via a una serie di
verifiche sui beni confiscati, per i quali il Campidoglio ha l’obbligo del
controllo e del monitoraggio. Diciotto gruppi di vigili urbani sono stati
spediti a fare 86 sopralluoghi presso gli indirizzi indicati dal Comune, in
diversi giorni e diversi orari, nell’arco di circa due mesi.
Repubblica ha avuto accesso ai documenti ufficiali che riportano, nel
dettaglio, l’esito del censimento. Ben 18 immobili sono risultati vuoti e in
fase di degrado. Alcuni sono in pieno centro storico, come l’alloggio di 63
metri quadrati in via della Mercede, che è sotto la responsabilità proprio del
Gabinetto della sindaca Virginia Raggi. È vicino al Parlamento, venne
confiscato al cassiere della Banda della Magliana Enrico Nicoletti, e l’idea
era di farne uffici istituzionali: è chiuso da quattro anni. O come un mega
appartamento di 210 metri quadrati in via Federico Cesi, a due passi dalla
Corte di Cassazione: sulla carta è stato assegnato all’associazione Andromeda,
ma i vigili sono andati due volte senza trovare nessuno. «Non lo usano più da
diversi anni », ha riferito il portiere. O, ancora, come l’alloggio di 139
metri quadrati di via Muratori vista Colosseo, che era della moglie di un boss
della Camorra. Vuoto.
Altri sono in zone più periferiche, ma il trattamento è lo stesso: incuria
e abbandono. Il terreno di 1.500 metri quadrati con un fabbricato in via
Anagnina, ad esempio: da un paio di anni è in fase di assegnazione. «Immobile
inutilizzato — scrivono i vigili — Si rilevano effrazioni ed è usato come
ricovero notturno da parte di ignoti». Ci dormono tossicodipendenti e barboni,
in altre parole.
La coop di Mafia capitale
In dieci casi, i beni confiscati e assegnati hanno delle irregolarità, per
via della concessione scaduta, della presenza di manufatti abusivi, di
subaffitti non autorizzati. Pure su Villa Osio, anch’essa del ricchissimo
Nicoletti e che oggi ospita la Casa del Jazz, si allunga l’ombra della
malagestione. Al sopralluogo il parco era «in stato di abbandono», l’impianto
di irrigazione fuori uso perché danneggiato anni fa durante una festa e mai
riparato, uno dei tre edifici era deserto ma col riscaldamento acceso.
Stavano costruendo un bar ristorante, e a fare i lavori aggiudicati con bando
di gara c’era la Sapori Catering srl, i cui soci hanno precedenti di polizia
per associazione a delinquere e frode in pubbliche forniture. Per questo, e per
la gestione nel complesso, è stata fatta una segnalazione alla procura.
Per non dire, poi, dei sette immobili occupati o abitati dai precedenti
inquilini in attesa di essere sgomberati. Al civico 97 di via delle Capannelle
i vigili hanno trovato la cooperativa sociale Edera, colpita nel 2015 da
interdittiva antimafia perché il titolare fu coinvolto nell’inchiesta Mafia
capitale. Quella di Edera è una storia non semplice da chiudere, dato che
impiegava 150 persone che rischiavano il posto di lavoro. Oggi però il settimo
municipio di Roma reclama il luogo, e la coop è da sgomberare.
Raggi ne vuole altri settanta
Nel censimento compaiono anche situazioni che hanno una giustificazione. Il
palazzo di via Quattro Novembre vicino a Piazza Venezia, confiscato al boss di
Camorra Michele Zaza, pur assegnato all’associazione antimafia Libera, è chiuso
da quasi un anno. «È la nostra sede legale — spiega Davide Patia, di Libera —
ma i tecnici hanno scoperto che una parte è inagibile e
bisogna intervenire sulle solette. Cosa che faremo a nostre spese,
coordinandoci col comune, poi torneremo lì. L’immobile per noi ha un valore
speciale: fu uno dei primi ad essere confiscati a Roma e l’abbiamo dedicato
alla memoria di Saveria Antiochia, la mamma del poliziotto Roberto Antiochia,
assassinato da Cosa Nostra».
La sindaca Virginia Raggi, dunque, ha un problema: un enorme patrimonio
sottratto alle mafie, eppure dalla sua amministrazione mal gestito, quando non
del tutto sprecato. Ma invece di investire risorse per salvare il salvabile,
recuperando per l’emergenza abitativa la pletora di palazzi abbandonati in
centro e in periferia, ne vuole di più. Con la delibera di giunta del novembre
scorso, Roma Capitale «ha manifestato interesse per altri 71 immobili
confiscati presenti sul territorio urbano», ed è tornata a interpellare la
Conferenza di servizi indetta dall’Agenzia nazionale e dalla prefettura di
Roma. Come se quelli che il Comune ha già a disposizione fossero ben utilizzati
. La realtà è l’esatto contrario, e racconta di una sconfitta per tutti, non
solo per Roma: quando lo Stato si riprende la casa di un boss, e poi quella
casa rimane vuota, decadente, o, peggio, occupata da abusivi, vincono loro.
Vince la mafia.
La Repubblica, 23 giugno 2019
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