A sx: la camera ardente a Villa Niscemi. A dx: Simona Mafai |
Una folla commossa ha salutato ieri Simona Mafai, ex senatrice, storica
dirigente del Partito comunista, fondatrice della rivista Mezzocielo e spirito
critico della sinistra italiana. Alla cerimonia laica a Villa Niscemi hanno
partecipato i compagni con i quali ha condiviso l’impegno politico e le donne,
le tante donne che ha riunito e incoraggiato e alle quali ha insegnato che la
militanza è impegno quotidiano. Le figlie Raffaella e Sabina hanno letto il
discorso che Simona Mafai scrisse per i suoi 90 anni. Ne avrebbe compiuti 91 il
5 luglio. Ecco il testo:
«Grazie a tutte e a tutti voi, amiche ed amici. Sento il vostro affetto
costante, che mi dà valore e mi aiuta a vivere. Un grazie speciale alle mie
figlie, Raffaella e Sabina, e con loro, a Gaetano e Pippo, e ai miei nipoti
specialissimi: Nicola e Ruggero. Sono contenta, ed anche un po’ stupita di
essere arrivata a 90 anni.
Ho avuto una vita abbastanza fortunata. Sono sempre
stata attenta a ciò che accadeva attorno a me, ho affrontato con giovanile
baldanza i rischi della guerra e della Resistenza, e mi sono assunta poi, senza
avarizia, le responsabilità che mi trovavo di fronte. Ed ora sono qui, senza
troppe ferite.
Ora vivo con una ospite un po’ fastidiosa: la vecchiaia. Cerco di contenere
la sua invadenza, e di contrattare con lei spazi e tempi per me. Ma in
fondo le sono anche grata. Perché mi ha dato la possibilità di riguardare la
vita trascorsa, confermare le mie scelte giovanili (operare per una società
nuova, che desse a tutti libertà e… pane!) ma anche rilevare antichi (e non
leggeri) errori di giudizio e di comportamento, pubblici e privati che non
avrei potuto riconoscere se la mia vita fosse finita prima.
Ho tratto la conclusione che ci sono sempre stati, nella storia del mondo,
donne e uomini che si sono arrovellati su quali potevano essere le migliori
regole e leggi per convivere insieme, e forse perché ogni essere umano potesse
vivere meglio. Lo hanno fatto sostenendo idee, bandiere e confessioni
religiose diverse, anche in contrasto aspro tra loro — ma con un fine — forse —
simile. Sono stati una minoranza nei loro tempi, ma nell’insieme furono
moltissimi; ed hanno portato l’umanità ad un maggiore progresso, se si può
pronunciare ancora oggi questa contestatissima parola (che io però condivido).
Vorrei concludere con alcune parole tratte dal Diario di mio marito,
compagno Pancrazio de Pasquale, con il quale ho avuto il privilegio di
condividere, in armonia e indipendenza, quasi quarant’anni di vita. C’erano
state le elezioni politiche nell’estate del 1987 (data che oggi si ritiene
l’inizio del processo di disgregazione dei partiti di massa, su cui si fondava
la Prima Repubblica). Il PCI aveva registrato una forte perdita di voti. E De
Pasquale scriveva: "La prima clamorosa sconfitta dopo il ‘48. Non sono
stati quarant’anni perduti. C’è certo la grande conquista storica della libertà
personale e collettiva, fondamento dell’ordine pubblico democratico e base
essenziale di qualsiasi sviluppo. Conquista alla quale sono lieto di aver
partecipato. Vi è anche, in qualche modo, un mio granello. Di sabbia. Nel senso
che c’è, ma che se non ci fosse sarebbe uguale." Grazie ed auguri a tutte e tutti».
La Repubblica Palermo, 18 giugno 2019
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