Gregorio De Falco ex comandante della Guardia Costiera |
"A bordo non migranti, ma
naufraghi. La Sea Watch in emergenza doveva essere scortata fino alla
banchina"
«Le accuse verso Carola Rackete sono infondate». Non
ha dubbi Gregorio De Falco, senatore del gruppo misto, ma soprattutto ex
comandante della Guardia Costiera. «Il comandante della Sea Watch ha fatto un
soccorso, ha preso a bordo delle persone che sono dei naufraghi. Non si tratta
dunque di immigrazione clandestina, ma di soccorso. Il soccorso, come ci
spiegano le convenzioni internazionali si impone d’autorità su tutti i
comandanti di tutte le navi dei Paesi aderenti e si conclude soltanto nel
momento in cui il comandante porta le persone soccorse a terra». Inoltre,
spiega de Falco, «il comandante Rackete, fuori dal porto di
Lampedusa per 15 giorni aveva dichiarato da 36 ore l’emergenza.
Quando una nave è in emergenza, o un aereo è in emergenza o una automobile è in
emergenza, le forze dell’ordine hanno il dovere di facilitare il percorso di
questo mezzo».
Il senatore fa l’esempio di «un’automobile che
mostra il fazzoletto bianco dal finestrino e f i segnalamenti sonori previsti
indicando con ciò di avere un ferito a bordo. In questo caso nessun
poliziotto ha il potere di fermare l’auto per verificare la correttezza e il
merito della segnalazione di emergenza. La deve scortare fino in ospedale
agevolandone il percorso. Soltanto in seguito un’altra autorità verificherà,
eventualmente, se fosse insussistente la dichiarazione di emergenza. Questo va
tenuto presente per non confondere i momenti. Confusione che è molto pericolosa».
De Falco ricostruisce: «Da 36 ore il comandante Rackete
aveva dichiarato emergenza, a quel punto chiedeva costantemente di entrare in
porto. Non solo non è stata agevolata, ma è stata ostacolata da una motovedetta
della Guardia di finanza che su disposizione non so di chi si è frapposta
all’ingresso. Se il comandante della motovedetta avesse voluto
impedire l’ormeggio alla banchina, semplicemente poteva lei ormeggiarsi alla
banchina e occuparla. Invece, come mi hanno raccontato i parlamentari che erano
a bordo, la motovedetta faceva avanti e indietro lungo la banchina impedendo
l’ormeggio alla Sea Watch. Ma mi cheido che senso avesse tutto questo. La nave era già in acque interne quindi in territorio dello
Stato italiano. Che la nave rimanesse all’esterno del porto o che mettesse le
cime a terra e ormeggiasse affianco alla banchina non modificava nulla dal
punto di vista del regime giuridico. Impedire
alla nave di andare all’ormeggio è una inutile violenza, non ha alcuno scopo
giuridico o pratico. È solo una dimostrazione di forza.
Ripeto una inutile violenza che doveva essere evitata». Infine
il senatore ci tiene a ribadire che «quello della sea Watch non è un fatto
pertinente l’immigrazione. Una cosa è l’immigrazione e
altro è il soccorso marittimo che si rivolge a dei naufraghi le
persone a bordo della nave non erano migranti erano naufraghi. Diventano migranti solo dopo aver messo piede a terra, dopo essere
stati identificati e dopo aver dichiarato di voler fare ingresso in Italia. In
quel momento presentano le credenziali per diventare migranti. Ma, finché sono
persone che sono state recuperate dal mare o meglio sottratte alla fame del
mare, cioè alla morte, sono naufraghi. E quindi non si
applica l’art 19 della Convenzione di Montego Bay che è invocato nel decreto
sicurezza bis. Invocarlo è del tutto fuori luogo. Non si applica
neppure il regolamento di Dublino che invece si applica ai migranti. Non c’è bisogno di zone franche per i naufraghi. Quando il
naufrago, come diceva Virgilio, mette piede sulla terra è una persona che va
difesa. E va difesa perché questo è il senso di umanità che, al di là di tutte
le regole e di tutte le norme, deve connotare il rispetto dell’uomo verso
l’uomo».
Famiglia Cristiana, 29/06/2019
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