Antonio Vaccarino |
È stato primo cittadino di Castelvetrano tra il 1982 e l’83 e ha sempre
rivendicato di essere un “ uomo dello Stato” Ma sono tanti i punti oscuri
Per tre anni, fra il 2004 e il 2006, si scambiava pizzini con
l’imprendibile Matteo Messina Denaro. «Ma ero un infiltrato dei servizi
segreti», esordì quando la procura di Palermo cominciò ad indagare su di lui.
Il professore Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano fra l’ 82 e l’ 83,
ha sempre rivendicato di essere un « uomo dello Stato » . Anche se aveva avuto
una condanna per traffico di droga e due pentiti – Vincenzo Calcara e Giacoma
Filippello – lo accusavano di essere stato il braccio operativo di Francesco
Messina Denaro, il padre di Matteo, al Comune.
Mistero Vaccarino. Il Sisde dell’allora generale Mario Mori confermò che
faceva l’infiltrato speciale e l’inchiesta venne archiviata, poi quando la
storia uscì sui giornali arrivò una lettera al professore: « Lei ha buttato la
sua famiglia in un inferno. La sua illustre persona fa già parte del mio
testamento. In mia mancanza verrà qualcuno a riscuotere il credito che ho nei
suoi confronti. Firmato M. Messina Denaro » . Una condanna a morte, però Vaccarino
ha continuato a vivere tranquillamente a Castelvetrano. E, da qualche tempo,
addirittura, frequentava anche mafiosi di un certo rango, come Vincenzo
Santangelo.
Mistero Vaccarino. Lui ha sempre sostenuto di non avere mai intrattenuto
rapporti particolari con Francesco Messina Denaro e col figlio: «Io sono stato
solo un sindaco molto amato » , ripeteva. Ma Matteo Messina Denaro scriveva di
lui a Bernardo Provenzano: « Tengo a precisare che per me è una brava persona,
che voglio bene e stimo… io so che lui agirà sempre in bene per tutti noi e per
la nostra causa». E nell’archiviazione i pubblici ministeri di Palermo hanno
scritto: «Nel comportamento di Vaccarino sono indubbiamente ravvisabili talune
zone d’ombra e altrettanto indubbiamente talune dichiarazioni rese in sede di
interrogatorio appaiono reticenti e fuorvianti su punti non secondari,
mentre – per altro verso – risulta difficile spiegare il suo personale successo
nei rapporti con i capi di Cosa nostra e con un pericoloso ed astuto latitante
come Messina Denaro».
Chi è davvero Antonino Vaccarino? Ha sempre continuato a gestire l’unico
cinema della città, «il primo aperto in Sicilia, nel 1898 — si vantava —
mio nonno aveva conosciuto i fratelli Lumiere ».
La sua grande passione, la politica: negli anni Ottanta era stato
componente della segreteria Fanfani. Più di recente, invece, si era lanciato
sui social per i suoi proclami tutti scanditi da slogan antimafia; aveva
persino rilanciato l’anatema di Papa Wojtyla nella Valle dei Templi. E ribadiva
spesso di essere «vittima di una persecuzione » messa in campo del pentito
Calcara. Voleva riscrivere la storia.
Ma davvero Vaccarino aveva lavorato per lo Stato? Oppure faceva il
doppiogioco, per alimentare i suoi contatti con Messina Denaro?
Ripercorrendo nuovamente questi eventi, va ricordato un dato di cronaca
intervenuto più di recente su quel direttore del Sisde che allora curò
l’operazione: Mario Mori, oggi generale del Ros in pensione, è stato condannato
in primo grado a 12 anni nel processo Trattativa Stato- mafia. Resta il mistero
Vaccarino.– s.p.
La Repubblica Palermo, 17 aprile 2019
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