Antonino Vaccarino |
“Con
l'uso che tu sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza
sa che mi spinge, un colloquio tra due secondo me pezzi di fango e nient'altro
perché non ce ne è altri qua, eh dice c'è andato a fare il funerale fa finta a
questo fango che si è pentito che si lanzò tutto (che ha confessato,
ndr)”.
Sono le cinque del pomeriggio dell’8 marzo 2017 e a parlare
è Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano fino ai primi anni novanta,
accusato di avere passato al mafioso Vincenzo Santangelo, proprietario di fatto
di un’agenzia funebre, la trascrizione di un’intercettazione. Trascrizione
che Vaccarino aveva ricevuto da Alfio Marco Zappalà, tenente colonnello
(all’epoca maggiore) in servizio al centro operativo della D.I.A. di
Caltanissetta. Allo Zappalà
invece l’avrebbe inviata, con delle foto via Whatsapp, l'appuntato
Giuseppe Barcellona,
in servizio presso il N.O.R.M. dei carabinieri di Castelvetrano, tra coloro che
con le cuffie, materialmente trascrivono le tracce audio.
Le due
divise per il reato di rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema
informatico. Vaccarino per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.
A parlare in quell’intercettazione sono S. P. e C.P., considerati vicini alla cosca
di Castelvetrano, che discutono sul servizio funebre organizzato dall’agenzia
di Vincenzo Santangelo in occasione della morte del collaboratore di giustizia
Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Matteo Messina Denaro. Secondo i due,
Cimarosa non si sarebbe meritato nulla perché pentito: “… il trasporto a quel
fradiciume…”, “questo si è buttato pentito per sua convenienza”.
Ma in quell’intercettazione ci sarebbe dell’altro. E
cioè “lunghi ed espliciti riferimenti – si legge nell’ordinanza
firmata dal giudice Piergiorgio Morosini e dalla dottoressa Paola Gullo – ai
luoghi, anche in paesi esteri, ove Matteo Messina Denaro starebbe trascorrendo
la propria latitanza”.
Uno dei due intercettati (S.P.), nel dicembre del 1997 era stato
indicato (nel corso di una conversazione) dal mafioso Vincenzo La Cascia come
soggetto insieme al quale quest’ultimo forniva sostentamento economico a
Salvatore Gentile ed al boss Leonardo Bonafede, condannati in via definitiva
per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara.
Nel 2014
invece, erano stati registrati rapporti tra S.P. e Giuseppe Marcianò, ucciso il
6 luglio 2017 da mano ancora ignota. Insieme commentavano in termini
denigratori la collaborazione con l’autorità giudiziaria da poco avviata da
parte di Cimarosa.
Non si capisce però cosa avesse spinto Zappalà, della Dia di Caltanissetta ad
interessarsi al boss di Castelvetrano, la cui ricerca è compito della Direzione
distrettuale antimafia di Palermo. Il primo contatto fra l’allora maggiore e
Vaccarino avviene nel luglio 2016, seguito da altri contatti fra i due, in un
periodo in cui l’ex sindaco è più che mai impegnato nel tentativo di revisione
del processo che lo ha visto condannato definitivamente per traffico di droga
(in primo grado anche per mafia), dopo l’arresto del 1992, nel quale si è
sempre dichiarato vittima del collaboratore di giustizia Vincenzo
Calcara, da lui ritenuto unico responsabile dei suoi guai giudiziari.
Se l’intento di Vaccarino è facilmente intuibile, invece appare più oscuro quello di
Zappalà, che lo avrebbe contattato per primo. Perché avrebbe rivelato all’ex
sindaco quelle notizie su indagini in corso, poi girate al Santangelo?
Di quali pizzini parla Zappalà il 14 dicembre del
2016, quando dice a Vaccarino: “… Perfetto, mi dovrebbe dare le ultime,
le ultime, l'ultima corrispondenza epistolare fra voi due”.
Ma lui sembra essere molto prudente: “Ma mi fido
solo di loro, dei miei amici in quanto affetti... non mi fido più di nessuno,
ma di nessuno davvero perché un amico affettuosissimo a cui voglio bene come un
figlio, l’hanno mandato di corsa... proprio quando proprio sul... sul punto
di... anche lui a Napoli, a dirigere, ma chi dirige? Ma chi dirige?”.
Gli inquirenti
intuiscono che la il riferimento potrebbe essere a Giuseppe Linares che, dopo
avere coordinato per anni le indagini su Messina Denaro e la mafia trapanese, è
stato inviato a dirigere la Dia di Napoli.
Zappalà è d’accordo con Vaccarino: “Tutta una regia
alle spalle ...omissis... è tutta una regia, infatti io poi con lei questo
passo lo farò quando voglio andare via... (ride)”.
I punti oscuri sono però tanti.
Piergiorgio
Morosini ipotizza delle risposte che riportiamo di seguito:
“La strategia dello Zappalà potrebbe essere: la
consegna al Vaccarino di notizie segrete attinenti alle indagini in corso sul
territorio di Castelvetrano con lo scopo di consentire al Vaccarino medesimo di
accreditarsi con esponenti mafiosi quale soggetto dotato di canali privilegiati
in grado di fornire loro in tempo reale notizie segrete sulle attività
investigative in essere su quello stesso territorio. Ciò infatti
automaticamente avrebbe accresciuto lo stesso peso di Vaccarino nei suoi
rinnovati e datati rapporti con l'organizzazione mafiosa, potendo egli
dimostrare di essere in possesso di informazioni, quelle più preziose, vitali
per la sopravvivenza del sodalizio e indispensabili per impedire l'arresto dei
suoi componenti.
A sua volta lo Zappalà, attraverso i crediti così
acquisiti dal Vaccarino, avrebbe potuto ottenere da questi indicazioni
confidenziali inerenti alla latitanza di Matteo Messina Denaro e questa volta
provenienti non da canali comunque istituzionali bensì direttamente
dall'interno di Cosa nostra.”
Secondo il Tribunale di Palermo, le indagini hanno
dimostrato con straordinaria chiarezza che “il reale intento del Vaccarino
non era certo aiutare le ricerche del latitante, quanto piuttosto procurarsi
informazioni ‘di prima mano’ sullo stato delle indagini svolte dalla Procura di
Palermo” per poi passarle ai mafiosi.
Egidio Morici
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