Un'immagine del set del "Delitto Mattarella" |
MARIO DI CARO
Il regista Grimaldi a Palermo racconta perché ha deciso di raccontare la
storia dell’omicidio nel 1980 del presidente della Regione Sicilia
PALERMO - Piersanti Mattarella ha giusto il tempo di caricare la sua famiglia a bordo
della Fiat 132 prima che il killer con gli occhiali da sole gli spari addosso
con due pistole diverse. Finisce così, sotto le magnolie della finzione
cinematografica, la storia del presidente della Regione che provò a cambiare la
Sicilia. «È la scena più difficile», confessa alla troupe Aurelio Grimaldi sul set
de Il delitto Mattarella, il film prodotto da Cine 1 Italia e Arancia
cinema che sta girando a Palermo sul politico democristiano protagonista di un
esperimento di compromesso storico siciliano con il Pci e che fu ucciso il 6
gennaio del 1980 da assassini ancora senza volto. L’uscita in sala è prevista
in autunno. La scena dell’omicidio è stata ricostruita ieri in una strada
diversa da quella reale, via Libertà, dove tutt’ora abita il fratello, il
Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
È un tuffo negli anni di piombo siciliani, in quel 1980 in cui morì anche
il procuratore Gaetano Costa. «Gli imputati (Giusva Fioravanti e Gilberto
Cavallini), furono assolti per insufficienza di prove: io sono convinto che non
fu un mafioso siciliano a uccidere Mattarella», dice Grimaldi, «la pista
neofascista per me è la più credibile: agì un flusso di vettori che comprendeva
la banda della Magliana, i neofascisti, la Dc e Cosa nostra». Sulla 132 della
morte c’è David Coco, che interpreta Mattarella, capelli brizzolati e abito
grigio da messa domenicale, Donatella Finocchiaro (la moglie, Irma Chiazzese) e
gli attori che interpretano i figli Bernardo e Maria e la suocera (Elena
Pistillo). Il killer "dagli occhi di ghiaccio", come fu definito
dalla vedova, nascosti dietro un paio di Lozza, esce con calma da una 127: è
l’attore Vittorio Magazzù, vagamente somigliante all’identikit dell’assassino.
Con lui c’è un altro militante dei Nar che gli darà la seconda pistola dopo i
primi colpi.
Ma perché un film su Mattarella trentanove anni dopo il delitto?
«La molla è stato il senso di colpa per aver pensato superficialmente che
anch’egli fosse un democristiano contiguo al Potere», dice il regista. «Mi ero
appena trasferito dalla Lombardia in Sicilia ed ero pieno di pregiudizi. Ma mi
bastarono pochi giorni per capire che mi sbagliavo. Poi, mentre preparavo il
film su Salvo Lima che non ho mai girato, raccolsi molto materiale su Mattarella
e quando il fratello fu eletto presidente della Repubblica pensai che dovevo
sbrigarmi.
A me piacciono i decisionisti e Mattarella lo era: era uno che faceva le
cose, che aveva idee e le metteva in pratica. Un tipo che nella Sicilia del
1980 era difficile da accettare».
Prima di girare, Grimaldi ha incontrato i figli di Mattarella, al
Presidente della Repubblica è stata inviata la sceneggiatura: «L’incontro con
Bernardo mi ha costretto a cambiare la sceneggiatura perché quando gli ho
chiesto dei rapporti con un altro politico democristiano, Rosario
Nicoletti, mi ha detto che al funerale piangeva più di lui. Mi ha domandato se
nel film ci fosse la figura di Sindona: inizialmente non era prevista, ho
capito che era importante e adesso l’ho inserita in una sequenza. E alla fine
si è raccomandato: "Guardi che mio padre aveva un carattere molto aperto
ed era molto ottimista"».
David Coco, che nella fiction Il cacciatore interpretava il
boss Leoluca Bagarella, s’è potuto appoggiare su poco materiale di repertorio
per accostarsi a Mattarella: «Giusto il video di un discorso al fianco di
Sandro Pertini», dice l’attore, «per il resto l’immagine che ho di lui è quella
di una persona accogliente.
Raccontiamo gli ultimi giorni di quest’uomo, ottimista sì, ma che avverte
la solitudine in cui si muove. E in una scena col figlio che gli chiede
"Come stai?" si avverte quest’ombra». Donatella Finocchiaro, che a
Palermo fa una staffetta col film di Emma Dante Le sorelle
Macaluso,somigliante alla signora Irma, parla della moglie di Mattarella come
di un personaggio «che racconta una famiglia affettuosa, una che prepara la
calza della Befana ai figli nonostante siano già grandi, una che dopo il
delitto non dorme più perché sogna la faccia dell’assassino». Lui, l’assassino
«con il passo ballonzolante», come ricostruì la vedova con gli investigatori,
si avvicina alla 132 con la pistola in mano per consumare un delitto rimasto
senza colpevoli.
La Repubblica, 15 marzo 2019
1 commento:
Its like you read my mind! You seem to know so much about this, like you wrote
the book in it or something. I think that you could do with
some pics to drive the message home a little bit, but other than that, this is
fantastic blog. A great read. I will definitely be back.
Posta un commento