GIORGIO RUTA
Proviamo ad andare oltre al primo sentimento di sdegno nei confronti dei
tre ragazzi di 19 anni e 20 anni che a Catania hanno violentato una ragazza
americana. Tentiamo di entrare nei meccanismi che portano dei giovani a
trasformare una donna in un oggetto e riprenderla con un telefonino. Alla fine,
parlando con psicologi e sociologi, storici e psichiatri, nessuno sarà assolto.
Maura Manca è una psicologa e psicoterapeuta che dirige l’osservatorio
nazionale sull’adolescenza. Di casi come quello di Catania ne ha analizzati
parecchi. «Questi ragazzi sono consapevoli di aver commesso uno stupro, ma non
hanno idea degli effetti che hanno provocato alla vittima», riflette. Un
aspetto di questa vicenda emerge dall’orrore: i tre hanno ripreso la violenza.
E questo non stupisce Manca: «È vero che questo elemento ha fatto scalpore, ma
purtroppo per chi conosce la generazione digitale, sempre iperconnessa, sa che
questi ragazzi crescono con uno smartphone in mano.
Riprendere è quotidianità, non prevede nessuna intenzione come era per le
generazioni precedenti. Adesso riprendi tutto, da quando fai sesso a quando mangi».
Ma stavolta ad essere registrata in una schedina di memoria di un telefonino
non è un’azione come tutte le altre. «No, ma è un modo per testimoniare questo
sopruso fatto nei confronti di una donna. Un gesto con cui pensano di
realizzarsi come maschi, ma che nasconde, invece, la difficoltà ad avere un
approccio con le ragazze», continua la direttrice dell’osservatorio
sull’adolescenza.
Abbandoniamo qualsiasi morbosità si possa celare dietro la cronaca dello
stupro e puntiamo l’attenzione su un altro dettaglio. La ragazza è straniera,
precisamente statunitense. Questo elemento, per lo psichiatra Daniele La
Barbera, lo si può leggere in due modi: «La ragazza è sola e, avendo
difficoltà linguistiche, non riesce a codificare alcuni segnali, diventando più
vulnerabile. Ma, allo stesso tempo, in una visione maschilistica, la ragazza
straniera è una preda più ambita». Sembra di parlare di tempi passati,
altro che 2019. «Ci stupiamo? Viviamo in un’epoca in cui ci sono evidenti
sacche di subcultura che guardano indietro più che al futuro», è il
ragionamento di La Barbera.
Ed eccoci arrivare al centro della questione. Qual è il contesto in
cui vivono questi ragazzi?
«Crescono in un mondo in cui ci si mette in mostra, quasi senza veli, sui
social. Dove più nudo sei, più like ottieni. Questa generazione è bombardata
dal sesso», continua Manca. Senza nessun intento di giudicare, basta vedere i
profili instagram dei tre arrestati: si mostrano a petto nudo, evidenziano i
loro muscoli, fanno i machi. Vivono in vetrina. «Che abbiano girato un video
non mi stupisce: mostrano nella dimensione pubblica una cosa che hanno fatto e
che ritengono normale.
Siamo difronte a una aberrante e mostruosa normalità», riflette la
sociologa Alessandra Dino.
Perché, oggi, tre ragazzi riducono ad oggetto una donna, vantandosi come
machi?
Nessun passo avanti è stato fatto nella società? Prova a rispondere Ida
Fazio che all’università di Palermo tiene un corso sulla storia delle relazioni
di genere: «La violenza sessuale è contemporanea, non è assolutamente arcaica.
Stiamo vivendo in un’epoca in cui da un lato le donne sono sempre più
autoconsapevoli della loro situazione, pensiamo al movimento #MeToo e a quello
di Non una di meno, dall’altro continuano questi atteggiamenti violenti
patriarcali, che lontano dai riflettori pubblici vengono considerati con
indulgenza». Per sostenere questa tesi, cita la cronaca: «Temi che sembravano
archiviati rispuntano con forza, pensiamo al congresso delle famiglie di
Verona, portandoci indietro su alcuni temi civili.
Tutto questo influenza l’approccio alla donna in un ragazzino».
Dallo stupro di Catania, il quadro si allarga e il problema diventa di
sistema. «Ci rendiamo conto che questa Italia che consideriamo evoluta, non è
così progredita come pensiamo – conclude Dino – Basta pensare che il delitto
d’onore lo abbiamo archiviato da poco».
La Repubblica Palermo, 28 marzo 2019
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