Vendita diretta dei prodotti agricoli |
La legge n. 17 del 12
ottobre 2018 inerente la vendita diretta dei prodotti agricoli, pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale della Regionale Siciliana del venerdì 19 ottobre è
finalmente legge. La Regione ha dovuto colmare il vuoto legislativo esistente
in ragione della risoluzione del Ministero dello sviluppo economico n. 59196
del 9 febbraio 2018 e non solo, inerente la vendita diretta.
Ma veniamo all’articolato.
L’ articolo 1 della nuova norma prevede che l’esercizio della vendita diretta
al dettaglio dei prodotti agricoli deve essere effettuata esclusivamente da
parte degli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 c.c., in forma
individuale o associata, iscritti nel registro delle imprese di cui all’art. 8
della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
L’articolo 2135 del
Codice civile stabilisce che sono da considerarsi attività agricole connesse la
manipolazione, trasformazione, conservazione, commercializzazione e
valorizzazione di prodotti agricoli ottenuti prevalentemente dalla coltivazione
del fondo o dall’allevamento di animali.
Sono qualificate
società agricole quelle che hanno per oggetto sociale l’esercizio esclusivo di
attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del Codice civile e nella
denominazione hanno indicato per esteso la locuzione «società agricole».
Le società agricole,
con i requisiti per il riconoscimento di tale qualifica, possono beneficiare di
una serie di agevolazioni, in particolare fiscali, tra le quali ad esempio
l’esenzione dalla normativa sulle società di comodo, nonché la possibilità di
optare per la tassazione catastale del reddito derivante dalle attività agricole
(relativamente a snc, sas, srl e cooperative), la possibilità di ottenere la
qualifica di iap – imprenditore agricolo professionale (quando un socio, oppure
un amministratore per le società di capitali risulta iap o coltivatore diretto
e iscritto come tale all’Inps), e beneficiare così delle agevolazioni
sull’acquisto dei terreni agricoli previste dalla normativa sulla piccola
proprietà contadina, nonché le agevolazioni sull’Imu.
Inoltre va ricordato
che le società semplici non possono svolgere attività commerciali e devono
quindi restare nell’ambito dell’agricoltura come tipologia di attività
esercitata.
Chiara quindi
l’importanza, per le società, di definire se la propria attività rispetta i
confini posti dall’articolo 2135 del Codice civile.
La vendita diretta al
dettaglio deve essere effettuata con prodotti agricoli provenienti in misura
prevalente dalle aziende condotte o coltivate dai imprenditori agricoli di cui
all’art. 2135 c.c., in forma individuale o associata, iscritti nel registro
delle imprese di cui all’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
I prodotti posti in
vendita si considerano provenienti prevalentemente da un’azienda agricola
quando, avuto riguardo ad un medesimo comparto agronomico, i prodotti
acquistati da terzi produttori siano quantitativamente inferiori a quelli
prodotti nell’azienda agricola. Se la vendita diretta ha ad oggetto prodotti
appartenenti a comparti agronomici differenti, si ha prevalenza dei prodotti
provenienti dall’azienda agricola qualora gli stessi abbiano un valore maggiore
rispetto a quelli acquistati da terzi produttori.
I prodotti derivati,
ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione di prodotti
agricoli e zootecnici finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo
dell’impresa, si considerano aziendali se i prodotti impiegati sono prevalenti
per quantità o per valore.
L’Agenzia delle
entrate, sugli aspetti fiscali delle attività agricole connesse, ha evidenziato
che per essere considerate tali, ed eventualmente beneficiare degli appositi
regimi (per snc, sas o srl il reddito delle attività connesse va, però,
comunque determinato analiticamente), le attività devono sempre comprendere la
trasformazione o manipolazione dei prodotti agricoli, prevalentemente propri,
non potendosi riferire anche alle altre attività elencate dal Codice civile,
quali la conservazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti
agricoli.
Mentre l’applicazione
fiscale della normativa è stata definita con chiarezza, restano maggiori
incertezze relativamente all’interpretazione della norma civilistica, dalla
quale deriva la qualifica di società agricola.
Coloro che svolgono la
vendita diretta dei propri prodotti spesso avrebbero necessità di poter vendere
anche prodotti di terzi, per ampliare la propria offerta. La stessa normativa
sulla vendita diretta dei prodotti agricoli prevede, peraltro, che le imprese
agricole, con comunicazione al Comune, possono vendere direttamente al
dettaglio in tutto il territorio dello Stato i prodotti provenienti in misura
prevalente dalla propria azienda (anche trasformati). La vendita di prodotti di
terzi, senza che vi sia una fase di trasformazione o manipolazione in azienda,
dal punto di vista fiscale riconduce chiaramente sempre a un’attività il cui
reddito deve essere determinato analiticamente come reddito d’impresa. Resta da
definire se possa rientrare nell’esercizio delle attività agricole e connesse
di cui all’articolo 2135 del Codice civile, senza quindi far perdere la
qualifica di società agricola.
Posto il fondamentale
tassello che i prodotti propri debbano essere prevalenti, va rilevato che il
Codice civile parla anche di commercializzazione di prodotti agricoli (quindi
prodotti acquistati da terzi e poi rivenduti).
L’esercizio
dell’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli di cui all’articolo 2135
del Codice civile deve essere preceduto da una comunicazione di inizio attività
ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 e
successive modifiche ed integrazioni e del decreto legislativo 25 novembre
2016, n. 222.
Mentre, non è soggetta
ad alcuna comunicazione espletata dai soggetti titolati per l’attività di
vendita diretta effettuata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda
agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la
disponibilità in forza di titolo legittimo nonché la vendita esercitata in
occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o
politico o di promozione dei prodotti tipici o locali.
Inoltre, alle imprese
agricole che esercitano la vendita diretta nei limiti e con le modalità
previste dalla presente legge e dal predetto art. 4 del decreto legislativo n.
228 del 2001, non si applica la disciplina in materia di commercio (scontrino
fiscale, ecc.), fatta salva l’osservanza delle disposizioni vigenti in materia
di igiene e sanità.
Riguardo la vendita
diretta mediante il commercio elettronico e l’utilizzo di distributori
automatici ovunque collocati, può essere iniziata contestualmente all’invio
della comunicazione al Comune del luogo ove è ubicata l’azienda di produzione.
La collocazione dei distributori automatici presuppone una autorizzazione da
parte dell’Ente locale per la sua collocazione su suolo pubblico.
I Comuni devono
riservare ai soggetti titolati almeno il venti per cento del totale dei
posteggi su aree pubbliche destinate al commercio al dettaglio o di
altre aree pubbliche espressamente individuate dall’Ente locale, ed il venti
per cento della superficie dei mercati all’ingrosso, qualora aperti
alla vendita diretta al consumatore.
Al fine di favorire
l’acquisto dei prodotti agricoli che abbiano un legame diretto con il
territorio di produzione e di assicurare un’adeguata informazione ai
consumatori sull’origine e sulle specificità degli stessi prodotti, i
Comuni, nell’ambito del proprio territorio, destinano aree per la realizzazione
di mercati conformi ai criteri contenuti nel decreto del Ministro delle
politiche agricole, alimentari e forestali del 20 novembre 2007 e riservati
agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta.
In attuazione dei
principi di cui all’art. 41 della Costituzione è fatta salva la facoltà per gli
imprenditori agricoli, anche attraverso le associazioni di produttori e
di categoria, di costituire mercati riservati alla vendita diretta su area
privata ovvero su area pubblica espressamente individuata dal Comune,non
riconducibili alle tipologie di mercati di cui al citato decreto ministeriale
20 novembre 2007, purché nel rispetto delle vigenti norme igienico sanitarie.
In conformità a quanto
previsto dall’art. 4, comma 8-bis del decreto legislativo n. 228/2001 e
successive modifiche e integrazioni e tenuto conto di quanto stabilito
dall’art. 34 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con
modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nell’ambito dell’esercizio
della vendita diretta è consentito vendere prodotti agricoli, anche
manipolati o trasformati, già pronti per il consumo mediante l’utilizzo di
strutture mobili nella disponibilità dell’impresa agricola anche in modalità
itinerante, su aree pubbliche o private nonché il consumo
immediato dei prodotti oggetto di vendita utilizzando i locali e gli arredi
nella disponibilità dell’imprenditore agricolo con l’esclusione del servizio
assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni
igienico-sanitarie.
Le Amministrazioni
comunali possono ridurre fino a un massimo del cinquanta per cento il
contributo per il rilascio del permesso di costruire per le strutture di
vendita ed i centri commerciali nei quali si esercita anche la vendita diretta
di prodotti agricoli da parte degli imprenditori di cui all’art. 1
limitatamente alle aree di vendita a tale scopo destinate.
Riguardo l’attività di
vendita diretta dei prodotti agricoli disciplinata dalla presente legge non
comporta cambio di destinazione d’uso dei locali ove si svolge la vendita e può
esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione
urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati,
fermo il rispetto di quanto disposto dall’articolo 23 ter, comma 2 del DPR
380/2001 e successive modifiche ed integrazioni.
Le Amministrazioni
locali devono provvedere a semplificare le procedure per l’installazione
temporanea o permanente di insegne per gli imprenditori agricoli che
ne facciano richiesta al fine di agevolare l’individuazione da parte dei
consumatori dei punti di vendita diretta, anche dei mercati; decorso il termine
di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza al Comune di appartenenza,
nel silenzio di quest’ultimo, equivale in ogni caso ad autorizzazione alla
installazione delle insegne.
Riguardo alcuni
aspetti fiscali e contabili va ricordato che: per la vendita diretta di
prodotti agricoli, si ricorda che per i corrispettivi incassati non deve essere
rilasciato scontrino o ricevuta fiscale, solo se l’agricoltore applica il
regime speciale Iva agricolo, dovendo solamente annotare gli incassi
giornalieri nel registro dei corrispettivi.
Gli agricoltori
possono, con la stessa comunicazione per la vendita diretta, vendere anche
prodotti acquistati da terzi, in misura non prevalente rispetto alla propria
produzione, nel limite di 160.000 euro di ricavi, per le ditte individuali, e 4
milioni di euro per le società.
L’articolo 2135 del
Codice civile stabilisce che sono da considerarsi attività agricole connesse la
manipolazione, trasformazione, conservazione, commercializzazione e
valorizzazione di prodotti agricoli ottenuti prevalentemente dalla coltivazione
del fondo o dall’allevamento di animali.
Tale vendita di
prodotti di terzi, senza che vi sia una fase di trasformazione o manipolazione
in azienda, se dal punto di vista fiscale riconduce chiaramente sempre a
un’attività commerciale il cui reddito deve essere determinato analiticamente
come reddito d’impresa, dovrebbe poter rientrare civilisticamente
nell’esercizio delle attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del
Codice civile, senza quindi far perdere (nel caso di società) la qualifica di
società agricola.
Quando l’azienda
agricola effettua la vendita diretta dei prodotti agricoli c’è la possibilità
del consumo immediato degli stessi prodotti utilizzando spazi, ovvero locali e
arredi che sono nelle disponibilità dell’agricoltore (senza però che vi sia
servizio di somministrazione). Su quest’argomento è intervenuto il Ministero
dello sviluppo economico con la risoluzione citata in precedenza, affermando
che per tale attività, svolta nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, è
possibile mettere a disposizione dei clienti bicchieri, piatti, posate e
tovaglioli, e non necessariamente a perdere (di plastica); questo non implica
quindi che vi sia somministrazione. Oltretutto, nella precedente risoluzione n.
380940 del 20-9-2017 lo stesso Ministero ha chiarito che per tale attività c’è
la possibilità di utilizzare anche locali, superfici e aree nella disponibilità
dell’imprenditore, anche se diversi o lontani dai fondi rustici aziendali.
Con la legge di
bilancio 2018 è stata inoltre consentita la vendita, anche itinerante, su aree
pubbliche o private, di prodotti agricoli anche manipolati o trasformati, già
pronti per il consumo, con l’utilizzo di strutture mobili nella disponibilità
dell’azienda agricola.
L’Anci – Associazione
nazionale comuni italiani è intervenuta sull’argomento con una nota nella quale
vengono specificati alcuni aspetti. Tale vendita può essere effettuata in tutto
il territorio nazionale, nel corso dell’intero anno, servendosi di qualsiasi
bene mobile purché idoneo dal punto di vista igienico-sanitario, con strutture
in disponibilità dell’azienda e non necessariamente in proprietà.
Infine, i prodotti già
pronti per il consumo sono quelli che non necessitano di cottura sul posto, ma
eventualmente sono solo riscaldati, senza che vi sia manipolazione sul posto. »
L’azienda agricola che
effettua vendita diretta può mettere a disposizione dell’acquirente bicchieri
di vetro per il consumo immediato del prodotto.
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