SALVO PALAZZOLO
Due capimafia saltano il fosso e svelano ruolo e
relazioni dei rampolli di Greco e Lo Piccolo Il progetto di un vertice tutto
palermitano. Lo Voi: " Indagini sui legami extra- Cosa nostra"
La
chiave per capire cosa sta accadendo oggi a Palermo è nelle parole del
procuratore capo Francesco Lo Voi. Dice: «I due nuovi collaboratori di
giustizia, Francesco Colletti e Filippo Bisconti, fino a un mese fa componenti
della Cupola mafiosa, hanno conoscenze anche fuori da Cosa nostra. In questa
direzione, non soltanto all’interno dell’organizzazione, si muoveranno le
indagini nelle prossime settimane, nei prossimi mesi». Sono parole che danno un
significato molto particolare ai sette fermi eseguiti dai carabinieri del
Reparto operativo e dalla squadra mobile. E illuminano le figure dei principali
arrestati: Leandro " Michele" Greco e Calogero Lo Piccolo. Il nipote
del "Papa" della mafia era il capo del mandamento di Ciaculli, il
figlio del re del pizzo comandava invece a Tommaso Natale. Gli eredi di una
Cosa nostra che ha fatto delle relazioni nella città cosiddetta "bene" un vessillo. Ma quali relazioni insospettabili avevano i nuovi
padrini della Cupola?
Bisogna
partire da loro. Dai vecchi nuovi boss. E dalle loro ultime mosse per le strade
di Palermo. Il provvedimento firmato dalla Direzione distrettuale
antimafia racconta di un vortice di incontri fra i boss. Soprattutto per dare
forma all’organismo di governo di Cosa nostra. Il cuore delle scelte. E delle
relazioni.
Il 29 maggio
«Fu
Michele Greco a invitarmi, mi fece sapere che all’appuntamento dovevano
partecipare i capi mandamento di Palermo» . Il primo a saltare il fosso, dopo
l’operazione "Cupola 2.0" dei carabinieri, è stato Colletti, boss
di Villabate. «Giovanni Sirchia mi diede appuntamento in viale
Michelangelo, all’altezza di Mondo Legno. Da lì siamo andati con il suo Sh a
Baida, in alcune strade di campagna» . Colletti ha parlato di una «casa molto
vecchia» . Racconta: «Io sono salito al primo piano, c’era un tavolo imbandito
con dei dolci... ho trovato Settimo Mineo seduto, Michele Greco che era già a
tavola, Gregorio Di Giovanni... dopo una mezz’oretta è venuto Calogero Lo
Piccolo».
Anzitutto
si discusse di «regole». «Michele Greco prendeva spesso la parola dicendo:
"Dobbiamo fare le cose serie, dobbiamo organizzarci in modo che solo noi
che ci riuniamo e ci riuniremo dobbiamo sapere le cose"» . Greco puntava a
un organismo più ristretto di rappresentanza. «Un organismo palermocentrico —
sintetizza il procuratore aggiunto Salvatore De Luca, che coordina il pool
antimafia di Palermo — dominato da due o tre figure. Con l’esclusione dei
cosiddetti paesani, ovvero i rappresentanti della provincia» . Il regista
della manovra era il giovane Greco, sostenuto dall’anziano della Cupola,
Settimo Mineo, e dal capo di Porta Nuova, Gregorio Di Giovanni.
«L’obiettivo
era rimettere ordine», prosegue Colletti. Anche per evitare omicidi non
autorizzati. Le teste pensanti di Cosa nostra puntavano a una vera e propria
strategia. «La prossima riunione si sarebbe dovuta fare verso settembre, ci
doveva pensare Mineo» . Dunque, in zona Pagliarelli. «Ma poi l’incontro fu
rinviato».
Intanto,
prima e dopo le riunioni plenarie, c’erano incontri ristretti. «A inizio luglio
mi sono visto con Greco», ha aggiunto Colletti. L’incontro fu fissato in un
magazzino vicino alla chiesa della Magione. «C’erano pure Bisconti, Salvatore
Sciarabba (mafioso di Belmonte, ndr) e Salvatore Pispicia (boss di
Porta Nuova, ndr)».
Pentiti
da record
All’incontro
della Magione ci fu quasi uno scontro fra Greco e Bisconti. Al reggente di
Misilmeri non andava davvero giù il progetto di riorganizzazione
"palermocentrica" di Greco. «Il 29 maggio Bisconti non si era neanche
presentato alla riunione della commissione — spiega il procuratore aggiunto De
Luca — segno di un chiaro dissenso». Lo aspettarono due ore prima di iniziare.
«Poi dissi che temevo di essere seguito dalle forze dell’ordine, così mi
giustificai» . Bisconti parla da un decina di giorni con i magistrati di
Palermo. E anche lui è un fiume in piena di nomi, incontri e affari. È lui il
vero colletto bianco di Cosa nostra: laureato in Architettura, faceva
soprattutto l’imprenditore, era spesso nella "Birroteca Spillo"
gestita dai suoi familiari in cortile San Giovanni degli Eremiti, uno dei
locali più rinomati della città. È la bella vita dei mafiosi 2.0, che in
carcere hanno resistito poco. «Fa freddo in cella», ha detto l’architetto dei
clan. Colletti invece ha parlato per salvarsi la vita: i suoi racconti sulla
Cupola fatti all’autista e intercettati dai carabinieri lo avevano posto in una
condizione davvero spiacevole davanti ai suoi complici. Meglio saltare il
fosso. Il procuratore Lo Voi lo ribadisce: «Le indagini hanno dimostrato che
qualunque riorganizzazione tentata nel tempo è fallita. Il futuro non è lì,
devono capirlo gli uomini di Cosa nostra».
Summit
e incontri
Gli
uomini di Cosa nostra. Sono tanti quelli emersi nelle ultime indagini. Legati
soprattutto a Greco e a Lo Piccolo, che si incontravano in modo discreto in
un’abitazione di Partanna Mondello. Lo Piccolo preferiva invece il rimessaggio
di Barcarello per parlare con Settimo Mineo e con i suoi fedelissimi.
La Repubblica
Palermo, 23 gennaio 2019
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