La strage di via D'Amelio |
La relazione dell’Antimafia regionale. Fava: “Una catena di anomalie e forzature”. Fiammetta Borsellino: “Responsabilità di alcuni magistrati”
«La stessa mano, non mafiosa, che accompagnò Cosa nostra
nell’organizzazione della strage di via D’Amelio potrebbe essersi mossa, subito
dopo, per determinare il depistaggio e allontanare le indagini
dall’accertamento della verità » . La relazione della commissione regionale
antimafia presieduta da Claudio Fava ricostruisce la catena di « anomalie,
irritualità e forzature » che hanno tenuto lontana la verità sulla strage
Borsellino. Ed è un atto d’accusa pesante sulle «responsabilità istituzionali
che possono aver accompagnato e protetto questo depistaggio». La relazione
parla di un «concorso di responsabilità che va oltre l’ex procuratore di
Caltanissetta Tinebra e l’ex capo della squadra mobile La Barbera e chiama
in causa magistrati, vertici dei servizi segreti e della polizia di Stato».
Riecheggiano le domande di Fiammetta Borsellino, che è presente alla
presentazione della relazione, a Palazzo dei Normanni. «Non è accettabile che
magistrati come Ilda Boccassini, Nino Di Matteo e la signora Palma si siano
sottratti alle audizioni della commissione regionale antimafia » , accusa
adesso la figlia del giudice Paolo. « È una vergogna. Lo trovo moralmente inaccettabile
e non giustificabile». Diventa un caso la mancata partecipazione di alcuni
degli ex pubblici ministeri di Caltanissetta alle audizioni dell’Antimafia.
Fava si limita a dire: « Ne ho preso atto » . Ma la relazione usa toni forti
per stigmatizzare i molti «silenzi» attorno a questa vicenda: «Se taluno di
quegli indizi fosse stato raccolto tempestivamente anche da chi non aveva
funzioni direttive, se i molti che ebbero consapevolezza delle forzature
avessero scelto di non tacere, se non vi fosse stata - più volte e su più
fatti - una pervicace reticenza individuale e collettiva, non saremmo stati
costretti ad aspettare la collaborazione di Gaspare Spatuzza, nel 2008, per
orientare le indagini sulla direzione opportuna ». Di Matteo aveva chiesto di
essere sentito già dalla commissione nazionale antimafia. E oggi dice: « Gran
parte della mia vita è stata ed è dedicata alla ricerca della verità.
Dovrebbero vergognarsi altri, non io». Poi spiega: «Non ho ritenuto di
accettare l’invito per l’audizione innanzi a una commissione regionale
antimafia che non ha i poteri e le competenze per potersi occupare di un
argomento così delicato e complesso».
Fava rilancia sulle 78 pagine della relazione approvata all’unanimità. Un
capitolo importante riguarda il ruolo dei servizi segreti, che viene definito
“pervasivo”. «La mano che sottrasse l’agenda rossa di Borsellino non è una mano
mafiosa. Il primo atto della procura di Caltanissetta, contro la legge, è la
richiesta al Sisde di dirigere nella fase iniziale le indagini su via
D’Amelio. L’impulso partì dal procuratore di Caltanissetta, ma si suppone che
gli altri magistrati ne fossero a conoscenza». L’ex pm di Caltanissetta Carmelo
Petralia ha raccontato di un pranzo fra magistrati e agenti segreti. « E anche
La Barbera era un collaboratore del Sisde », ricvorda Fava, che adesso auspica
l’apertura degli archivi dell’Aisi « per ricostruire tutte le autorizzazioni
che vennero date a Contrada per collaborare all’indagine » . In quell’estate di
misteri, una nota del centro Sisde di Palermo annunciava pure la svolta del
falso pentito Scarantino.
«Mio padre è stato lasciato solo da vivo e da morto » , accusa Fiammetta
Borsellino. «Nel depistaggio c’è stata una responsabilità collettiva dei
magistrati che hanno avuto comportamenti contra legem: ad oggi non sono stati
mai perseguiti, né sul piano disciplinare né su quello giudiziario».
s.p.
La Repubblica Palermo, 20 dic 2018
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