di
Francesco Vitale
Il Patto Sporco non è solo un libro. No, è
qualcosa di più. È un monito per la nostra memoria e per quella, si spera,
delle nuove generazioni. È un monito perché mostra all’Italia e agli italiani
la faccia sporca dello Stato che nessuno ha voglia di raccontare. Dal giorno in
cui il presidente Alfredo Montalto ha
pronunciato il verdetto della corte d’assise la faccia sporca dello Stato è
scomparsa non tanto dalle cronache dei giornali e delle televisioni quanto
dalla coscienza collettiva. Di quel processo volutamente e precocemente messo
nel dimenticatoio nessuno sa nulla. Si, lo conoscono gli addetti ai lavori, i
giuristi, gli avvocati, i politici e le centrali di intelligence. Ma per il
resto su quella sentenza che sancisce come, nel periodo delle stragi
mafioso-terroristiche, pezzi delle istituzioni a più alti livelli trattarono
con i corleonesi di Salvatore Riina, è
calato il silenzio di tomba. E la ferita più sanguinante per un palermitano è
dover prendere atto che questo disinteresse ha riguardato in primis la
stragrande maggioranza degli abitanti della nostra città. Palermo ha avuto nei
confronti del processo Trattativa lo stesso atteggiamento assunto durante lo
svolgimento del maxi processo. E, allora come oggi, assordante suona il
silenzio dei cosiddetti intellettuali: degli scrittori, degli editori, dei politici
vecchi (si capisce perché) ma anche nuovi o nuovissimi. Silenti sono rimasti
gli universitari, i professori dei licei e le loro scolaresche. Silente è
rimasta la Chiesa.
Ma quella sentenza di condanna, di pesante condanna, è invece un vero e
proprio macigno sulla democrazia e sulle nostre coscienze. E a nulla servirà
nasconderla, sottacerla, annacquarla con acrobazie giuridico lessicali. Esiste.
E dice che un gruppo di alti ufficiali dei carabinieri, il fondatore di forza
Italia e braccio destro dell’allora presidente del consiglio, in combutta con i
capi mafia portarono la minaccia di Cosa nostra fin dentro i palazzi delle
Istituzioni, nel cuore dello Stato repubblicano. E il bello sapete qual è? Che
di quella trattativa, avviata per il tramite di Vito Ciancimino,
era al corrente un sacco di gente che però quando è stata chiamata a rendere
testimonianza non ricordava più nulla. O quasi nulla. E quello degli smemorati
del Palazzo è uno dei passaggi più avvincenti ma anche più tristi del volume di
Di Matteo e Lodato. Triste perché molte di queste persone sono vive e vegete ma
si ostinano a non voler raccontare fino in fondo quella infame stagione
golpista del biennio '92-'94.
Un altro capitolo che viene trattato senza reticenze è quello che riguarda la cosiddetta grande stampa. Fiumi di inchiostro al curaro durante il dibattimento, delegittimazione continua e sistematica di Di Matteo e dei suoi colleghi, ironia da taverna su un processo costato chissà quanto e destinato a sgonfiarsi come una bolla di sapone. Il tutto senza aver seguito una solo udienza; aver letto, o letto malissimo, una qualche carta.
E poi tutto il tourbillon di importanti e autorevoli giornalisti e politici, novelli Chevalley (di gattopardiana memoria), ambasciatori di una linea più morbida da parte della Procura di Palermo nei confronti del Quirinale e del suo primo inquilino Giorgio Napolitano. Con la sentenza del presidente Montalto tante maschere sono cadute dal palcoscenico. Ma non escludono il ritorno.
Basterà un piccolo sconto di pena nel processo d’appello e il teatrino degli struzzi riaccenderà le luci. Ma Saverio e Nino hanno fissato, cristallizzato, un fatto storico. Lo hanno reso immortale. E non basterà a lorsignori mettere la testa sotto la sabbia.
Buona lettura.
Un altro capitolo che viene trattato senza reticenze è quello che riguarda la cosiddetta grande stampa. Fiumi di inchiostro al curaro durante il dibattimento, delegittimazione continua e sistematica di Di Matteo e dei suoi colleghi, ironia da taverna su un processo costato chissà quanto e destinato a sgonfiarsi come una bolla di sapone. Il tutto senza aver seguito una solo udienza; aver letto, o letto malissimo, una qualche carta.
E poi tutto il tourbillon di importanti e autorevoli giornalisti e politici, novelli Chevalley (di gattopardiana memoria), ambasciatori di una linea più morbida da parte della Procura di Palermo nei confronti del Quirinale e del suo primo inquilino Giorgio Napolitano. Con la sentenza del presidente Montalto tante maschere sono cadute dal palcoscenico. Ma non escludono il ritorno.
Basterà un piccolo sconto di pena nel processo d’appello e il teatrino degli struzzi riaccenderà le luci. Ma Saverio e Nino hanno fissato, cristallizzato, un fatto storico. Lo hanno reso immortale. E non basterà a lorsignori mettere la testa sotto la sabbia.
Buona lettura.
AntimafiaDuemila, Pubblicato: 14 Dicembre 2018
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