LIANA MILELLA
ROMA - «Il Parlamento e la Costituzione sono stati violentati. Tocca al
presidente della Repubblica e ai cittadini reagire nelle forme consentite».
Dice così Ugo De Siervo, il costituzionalista di Firenze che ha presieduto la
Corte.
Il Pd annuncia un ricorso alla Consulta
sollevando un conflitto di attribuzione. È possibile?
«No, assolutamente. Anche se ci sono motivi gravi di allarme istituzionale,
non è questa la via che può essere seguita, per la semplice ragione che i
conflitti intervengono tra i poteri supremi dello Stato. E un partito non
rientra nella categoria dei poteri che finora hanno potuto compiere un passo
del genere».
La minaccia del Pd quindi avrebbe solo un
valore politico?
«Io mi auguro che faccia conoscere sia al presidente della Repubblica, sia ai
cittadini, la valutazione critica di un importante partito di opposizione
invitandoli ad usare tutti gli strumenti per impugnare la legge sul piano della
legittimità costituzionale».
Per i dem è stato violato l’articolo 72
della Carta che prevede le votazioni di una legge articolo per articolo, il che
non è avvenuto.
«Può darsi che ciò sia vero. Ci sono elementi credibili per cui un testo di
macrolegge che occupa centinaia di pagine non può essere materialmente
conosciuto e votato liberamente da un organo legislativo che ne possa disporre
solo per poche ore.
Questo è assolutamente evidente, tant’è che ora tutti cercano di capire
cosa c’è dentro a questo testo a cui si è data la fiducia».
Però l’articolo 72 ammette anche i casi di
urgenza. La manovra, per le sue caratteristiche e il duro contrasto con
l’Europa, non potrebbe rientrarci?
«Non ci può rientrare con questo tipo di legge. Una legge di 270 pagine non
può essere tutta urgente. Così si produce un danno molto più grave dei tanti
decreti legge giganteschi approvati negli anni passati, che sono piccola cosa
rispetto al mostro giuridico di questa legge finanziaria».
Al di là del merito, un partito è un
soggetto che può fare ricorso? A leggere l’articolo 134 della Carta non
sembrerebbe...
«Certo, perché la stessa Corte ha detto che i partiti sono soggetti del
pluralismo sociale e sono essenziali per rappresentare aderenti e
simpatizzanti, ma non sono organi pubblici e quindi non possono ricorrere alla
Corte.
Senza dubbio la Costituzione è stata violata seriamente e in modo
preoccupante, però gli strumenti per opporsi sono altri».
Quali?
«Il presidente della Repubblica deve promulgare la legge e sulla base
dell’articolo 74 della Costituzione può rinviarla alle Camere per un riesame
accompagnandola con un messaggio. Questa, in astratto, potrebbe essere la via
principale.
Le forze politiche, senza folclore, facciano presente la gravità dei
comportamenti del governo nell’aver palesemente violentato il Senato. Questa è
la prima, grande via, ma il presidente dovrà ovviamente valutare la fattibilità
e le possibili conseguenze».
Se il presidente blocca la manovra si va
all’esercizio provvisorio del bilancio...
«Sarebbe una conseguenza grave, ma è altrettanto grave, e forse ancora di
più, che il governo possa violentare in questo modo la sovranità delle Camere.
E comunque, se questa via non fosse seguita, ci sarebbe la facile accusa di
incostituzionalità dell’intera legge in quanto adottata in palese violazione
dell’articolo 72 della Carta».
Chi dovrebbe reagire?
«La miriade di persone interessate alle norme della manovra che si reputano
gravemente danneggiate. Basti pensare alle pensioni, alle categorie produttive,
all’imposizione fiscale sugli enti no profit. Chi tra questi soggetti voglia
reagire, molto presto avrà facile strumento per chiedere ai giudici competenti
di sollevare una questione di legittimità costituzionale, con possibili e
gravissime conseguenze qualora la Corte accetti i rilievi. Perché in quel caso
cadrebbe non solo la disposizione impugnata, ma l’intera legge adottata in modo
illegale, con conseguenze ben più gravi dell’esercizio provvisorio».
La
Repubblica, 24 dic 2018
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