Dal nostro inviato, SALVO PALAZZOLO
Le sorelle Napoli che hanno puntato il dito contro la
mafia dei pascoli: “Fango su di noi” Il sindaco: “Prendano le distanze da loro
padre visto quello che si dice dei suoi trascorsi”
MEZZOJUSO - «Nel corso principale del paese, cambiano ancora strada quando ci vedono».
Irene lo dice sorridendo. «Ormai ci siamo abituate ad essere isolate». Da una parte, le tre sorelle
Napoli; dall’altra, il paese di Mezzojuso. «Ma, adesso, sta accadendo qualcosa
di più grave — ora Irene non sorride più — provano a travolgerci con la
macchina del fango, dicendo che nostro padre era il capomafia, se lo sono
inventati proprio nei giorni in cui l’uomo che abbiamo denunciato pubblicamente
perché invadeva le nostre terre con le sue vacche è stato arrestato nell’ultimo
blitz antimafia. L’uomo che tutti ossequiavano in piazza, e ora nessuno parla di lui».
L’uomo che voleva prendersi l’azienda di Anna, Ina e Irene Napoli è Simone
La Barbera, il figlio di Cola, il fidato di Bernardo Provenzano: fino a qualche
giorno fa, era ufficialmente solo un dipendente dell’Istituto Zootecnico,
adesso è in carcere con l’accusa di aver fatto da ambasciatore dei boss di
Villabate per portare a termine un’estorsione a un imprenditore. I carabinieri
l’hanno fermato nel blitz contro i nuovi padrini della Cupola. «Grazie al
coraggio di un altro imprenditore che non si è piegato — dice Irene — e adesso
il paese che fa? Mette sotto accusa Massimo Giletti e la sua trasmissione che
ci ha sostenuto in questi mesi contro La Barbera dopo
che Repubblica ha reso pubblico il nostro caso».
Il sindaco Salvatore Giardina è riuscito a portare Giletti, il suo
opinionista Klaus Davi e il direttore di rete de “La7” Andrea Salerno davanti
al giudice dell’udienza preliminare di Termini. Prima udienza il
sette gennaio. Ipotesi di reato contestate dal procuratore Cartosio:
diffamazione e violazione della legge che disciplina il sistema radio
televisivo, perché sarebbe stata mandata in onda una trasmissione con
«carattere di oscenità». Il primo cittadino di Mezzojuso è pronto a dare
battaglia: «Hanno offeso l’onorabilità di un’intera comunità accusandomi di
avereignorato la denuncia delle sorelle Napoli. Hanno detto persino che col mio
presunto silenzio avrei cercato l’appoggio elettorale della mafia. Fango su
fango, strumentalizzando la circostanza, del tutto irrilevante, che Simone La
Barbera è cugino di mio cognato, il quale è una bravissima persona. Io ho già
detto che l’amministrazione comunale si costituirà parte civile
contro coloro che la procura di Palermo porterà a processo». Giardina
annuncia che chiederà un risarcimento all’emittente “La7”: «Trenta secondi di
spot su Mezzojuso, per un anno».
Ma al tribunale di Termini arriveranno anche le sorelle Napoli, per
difendere Giletti. «Non fosse stato per i mezzi di informazione le nostre
denunce sarebbero rimaste nel vuoto», rilancia Irene. Il processo è già
iniziato. Dall’altra parte della strada, in Municipio, il sindaco si difende,
ma poi anche attacca.
«Dopo avere appreso del caso da Repubblica, nel settembre
dell’anno scorso, credo di aver fatto davvero di tutto per sostenere le sorelle
Napoli.
Persino disporre l’esenzione per cinque anni delle tasse comunali per chi
denuncia il pizzo.
Domenica, avevamo poi indetto un’assemblea cittadina, ma non si sono
presentate». Ed ecco l’attacco, neanche troppo velato: «Adesso, mi aspetto che
le sorelle Napoli prendano le distanze da loro padre». Per il sindaco, quella
storia che adesso gira in paese non è «fango». Giardina dice: «Ci sono vecchi
atti dei carabinieri che parlano di Salvatore Napoli, fu anche sindaco. Ecco
perché all’inizio siamo stati così prudenti, non potevamo rischiare che
l’amministrazione ci mettesse la faccia prima di avere la certezza che
finalmente le tre sorelle si fossero rivolte alle forze dell’ordine e
soprattutto si fossero affrancate definitivamente dalla loro famiglia». Irene
Napoli taglia corto: «Temevamo un’imboscata all’assemblea cittadina, con quelle
voci assurde su nostro padre. E l’imboscata, puntuale, è arrivata. È il prezzo
per le nostre battaglie contro la mafia legata a Provenzano. Non ci
fermeranno».
La Repubblica Palermo, 20 dic 2018
Nessun commento:
Posta un commento