Dal nostro inviato ANTONIO FRASCHILLA
Nel paese di Riina, ma pure delle lotte del Pci contro i clan, il partito non ha una sede. “I big? Ormai non si vedono neanche alle elezioni”.
Il portone verde è stato appena verniciato, la facciata tutta rifatta, rimane solo una macchia grigia di un pezzo d’intonaco caduto. In questa palazzina di via San Martino, a due passi dal quartiere regno dei Bagarella e dei Riina, hanno indetto accorate riunioni i leader del Partito comunista poi Pds, da Pio La Torre ad Achille Occhetto. In questa palazzina si discuteva animatamente di lotta alla mafia, di diritti, di terre da liberare dai campieri e, in una riunione accesissima ai tempi della svolta di Occhetto, il vecchio compagno Peppino Di Palermo, cognato del sindacalista socialista ucciso dalla mafia Placido Rizzotto, ai comunisti più scettici sul cambio del nome verso il Pds disse urlando: «Compagni, certe volte per conservare il vino occorre cambiare botte».
E di botti da allora ne sono state cambiate tante, fino al Pd. Ma in questo portone non entra più nessuno da tempo, la storica sede del partito è chiusa da anni e i proprietari stanno realizzando appartamenti. Quel che rimaneva di questa grande tradizione si riuniva fino a tre mesi fa nella piazzetta davanti, nella sede della Cna che prestava il saloncino al circolo “Bernardino Verro”, come sempre si è chiamata la sezione locale del Pci, poi Pds, poi Ds, poi Ulivo poi dem: «Da sempre una sezione intitolata ad un socialista, perché qui in nome della lotta alla mafia l’Ulivo è nato già nel Dopoguerra, mettendo insieme esperienze socialiste, comuniste e cattoliche accomunate dalle lotte contadine per la terra, la scuola, la sanità, contro la mano oppressiva della mafia. Ma adesso anche questa sede è chiusa, il circolo Pd Bernardino Verro non esiste più dopo le dimissioni del suo segretario, che adesso è il vicesindaco di Nicolosi sostenuto dal centrodestra», dice amareggiato Pippo Cipriani, il sindaco comunista della primavera di Corleone, eletto all’indomani dell’arresto del Capo dei capi Totò Riina, nel 1993.
Altro che primarie a Corleone. Il Pd non ha più una sede né un circolo nella città simbolo della mafia e della lotta alla mafia: «Il partito ha abbandonato un pezzo di storia della Sicilia», dice Cipriani mentre guarda sconsolato la sede di via San Martino, lui che è stato l’ultimo segretario del Pds in quelle stanze. Il Pd lascia Corleone, città dei Riina, dei Bagarella, dei Provenzano e dei Liggio, ma anche dei Rizzotto, dei Verro, dei La Torre. E di Carlo Alberto Dalla Chiesa, il primo a indagare e far arrestare gli assassini di Rizzotto, che confessarono ma poi ritrattarono tornando in libertà.
Il Pd lascia Corleone, ma in realtà da tempo l’aveva abbandonata: «L’ultimo dirigente che si è visto qui è stato Davide Faraone, con il segretario provinciale Carmelo Miceli, prima delle Politiche di marzo», dice Antonio Saporito, dal Pci ai dem sempre con la tessera in mano: «Ma è stata una riunione in una piccola stanzetta — aggiunge Saporito — alle elezioni comunali, due settimane fa, non è venuto nessuno. Dico nessun dirigente del partito. Qui l’ultimo leader nazionale che si è fatto vedere è stato Bersani nelle amministrative precedenti. Adesso il circolo è chiuso, ma la cosa non sembra interessare più a nessuno. Ho chiesto un impegno ai vari Cracolici, Faraone, Lumia, per le elezioni comunali. Nessuno mi ha risposto».
Alle ultime elezioni locali i dirigenti nazionali che si sono visti sono il leghista Stefano Candiani e atteso era Luigi Di Maio, anche se poi ha dato forfait dopo aver letto su Repubblica che il suo candidato voleva aprire un non meglio precisato dialogo con le famiglie mafiose. Ma i leader dem nemmeno avevano in programma un comizio da queste parti.
Così, mentre il 22 novembre si intitolava al giudice Cesare Terranova la strada delle case dei Bagarella dove vive ancora Ninetta, la moglie di Riina, il Pd lasciava in silenzio qualsiasi presenza a Corleone: «Una storia di sangue e battaglie come quella che dal Pci è arrivata ai dem non può finire in questo modo, per questo stiamo creando una associazione culturale con l’obiettivo di conservare almeno la memoria per i giovani corleonesi», dice Cipriani.
Ma il Pd, erede di storie profonde della politica siciliana, comuniste, cattoliche e socialiste, sta arretrando in tutta l’Isola. Negli ultimi anni hanno chiuso i battenti 40 sedi su circa 250. La sede fisica, luogo di ritrovo, di discussioni accese, di confronto, sempre aperta per giovani ed anziani, in tantissimi comuni non c’è più: «A Milazzo, Taormina, Capo d’Orlando, il Pd non ha più una sede, a Messina esiste una sede che fa parte del patrimonio dell’ex Pci, ma solo perché ce la siamo trovata in eredità — dice l’ex deputato Filippo Panarello — la verità è che il Pd è nato senza un vero senso di comunità. A Messina poi con Francantonio Genovese, il primo segretario dem, non si pensava nemmeno alle sedi, tanto c’era la sua segreteria. Ma noi ex Ds lì non abbiamo mai messo piede. Adesso anche i soldi sono finiti, nessuno vuole mettere un euro per affittare dei locali perché non c’è più la comunità». A Trapani non c’è più la sede provinciale, nessuno pagava l’affitto da mesi. Nel Catanese molti comuni hanno il circolo ma solo sulla carta, da Mascalucia a Mineo. «Ma in tutti i paesi della provincia abbiamo tesserati, la situazione non è così drammatica», dice il segretario provinciale Enzo Napoli. Ad Agrigento c’è una situazione a macchia di leopardo: «A Sciacca non c’è una sede, ma in tanti centri ci difendiamo», dice l’ex deputato Giovanni Panepinto.
A Palermo resiste il circolo della Noce, che ha la sede dell’ex Pci, ma la sezione regionale di via Bentivegna si sta chiudendo perché non si riesce a pagare l’affitto e lì avevano sede vari circoli, da quello Libertà agli ex ferroviari. «Ma senza una casa dove fare attività viva, che senso ha avere circoli solo sulla carta?», si chiede non a torto Fabio Teresi, presidente della Quinta circoscrizione ed ex segretario del circolo Noce. Un Pd sempre più virtuale si fa strada in una terra difficile come la Sicilia.
La Repubblica Palermo, 11 dic 2018
La Repubblica Palermo, 11 dic 2018
1 commento:
io in quella sede, per ragioni anagrafiche, non ci sono mai entrato, ma mi ricordo il simbolo appeso alla porta e mio padre che con orgoglio, ogni volta che passavamo da li, mi raccontava...questa è la NOSTRA sede, la sede del Partito....e poi ancora il PCI è come una grande famiglia.....
Secondo me in un paese simbolo come Corleone, dove più che in ogni altra parte d'Italia è importante decidere da che parte stare, bisognerebbe RICOSTRUIRE QUESTA GRANDE FAMIGLIA aggregando tutti quelli che si sentono o si sono sentiti parte di essa!
toni ciavarello
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