L'inaugurazione di Villa Azoti |
L'anno scorso, nel giardino dedicato ad Azoti, è stato piantato dalla Cgil un albero di ulivo alla sua memoria. La storia di Nicolò Azoti, ucciso a Baucina cinque mesi prima della strage di Portella, con cinque colpi di pistola sparati da killer rimasti sconosciuti, è rimasta a lungo nell'oblio. La figlia Antonella, che allora aveva 4 anni, a 18 anni scopre leggendo il libro di Michele Pantaleone “Mafia e politica” che il nome del padre è nell’elenco dei sindacalisti uccisi. Dopo la strage Falcone, davanti alla gente in lacrime sotto l’albero di via Notarbartolo, Antonella Azoti trova la forza di prendere il microfono e gridare: “La mafia non uccide solo adesso, ha ucciso anche mio padre, Nicolò Azoti, il 21 dicembre 1946, e prima e dopo di lui ha assassinato tanti altri sindacalisti, che lottavano insieme ai contadini per la libertà e la democrazia in Sicilia”. Ha ricostruito la storia di suo padre nel libro “Ad alta voce, il riscatto della memoria in terra di mafia” (Terre di mezzo editore), che ha vinto un premio dell'archivio diaristico nazionale di Pieve di Santo Stefano nel 2004.
Azoti organizzava i braccianti e i contadini poveri di Baucina. Protagonista nel dopoguerra delle battaglie del sindacato, organizzò la Cgil in paese, si batté per la riforma agraria, fondò l'ufficio di collocamento e si scontrò con diversi agrari e con i gabelloti mafiosi della zona. Più volte fu minacciato perché le sue iniziative furono viste come una dichiarazione di guerra: la legge prevedeva che parte dei terreni incolti o mal coltivati fossero assegnati proprio alle cooperative. Cercarono di fermarlo. Ma lui preferì andare avanti nelle sue battaglie. Dopo l'omicidio la magistratura ed i carabinieri individuarono il gabellotto che aveva ordinato l'omicidio, ma questi riuscì a dimostrare la sua estraneità ai fatti consegnando un falso alibi e l'inchiesta fu archiviata in fase istruttoria. Come finirono archiviati gli omicidi dei 39 sindacalisti uccisi dal 1946 al ‘48 in Sicilia.
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