La manifestazione di Avola |
di PIETRO SCAGLIONE
In un freddo 2 dicembre di 50 anni fa,
nell'estremità sudorientale della Sicilia, ad Avola, in Provincia di Siracusa,
il Reparto Celere della Polizia sparò sulla folla che chiedeva diritti, pane,
redistribuzione delle terre, salari adeguati. Il bilancio fu drammatico: due
braccianti furono uccisi dai proiettili delle forze dell'ordine e numerosi
manifestanti furono feriti. Una delle 2 vittime, Giuseppe Scibilia, di
quarantasette anni, era originaria della zona dove avvenne l'eccidio. L'altro
contadino ucciso, Angelo Sigona, di ventinove anni, era nato a pochi chilometri
di distanza, a Cassibile, il paese dove, nel settembre del ’43, il generale
Castellano firmò l’armistizio per l’Italia sotto la tenda del generale
Eisenhower.
Lo slogan di quei tempi, nei cortei del
Sessantotto italiano, era: "Operai, studenti e contadini uniti nella
lotta". Infatti, le rivendicazioni dei lavoratori delle fabbriche non
erano in contrapposizione con le rivendicazioni dei braccianti agricoli, né con
quelle degli studenti che sognavano Scuole e Università per tutti, anche per i
figli degli operai e dei contadini.
Il Sessantotto siciliano iniziò con il
terremoto del Belice e si concluse con la strage di Avola, due eventi tragici
che, però, suscitarono grande emozione e solidarietà tra generazioni differenti
e tra provenienze geografiche opposte. Da mezzo mondo, infatti, giunsero
giovani volontari per assistere le popolazioni colpite dal Sisma della Sicilia
Occidentale. Mentre anziani, giovani e persone di mezza età furono accomunati
dal dolore per la strage di braccianti nella Sicilia Orientale. E il movimento
studentesco di Milano, guidato da Mario Capanna, futuro leader di Democrazia
Proletaria, contestò i vip che parteciparono alla Prima della Scala del 1968,
accusandoli di non avere a cuore il lutto siciliano per le vittime di Avola e
riempendoli di uova marce.
Alla strage del 2 dicembre, un celebre artista
molto amato a sinistra come Dario Fo dedicò la suggestiva canzone
"Avola" (con musiche di Enzo Del Re e Antonio Infantino), mentre uno
scrittore molto noto come Vincenzo Consolo dedicò un paragrafo del suo
appassionante romanzo "L'olivo e l'olivastro": "Su quella
statale centoquindici, su quel terreno della Chiusa di Carlo, all’improvviso
sparò e sparò la polizia contro i lavoratori scioperanti per il rispetto dei
contratti, contro l’ingaggio di mano d’opera in piazza, la prepotenza dei
padroni e caporali. Saltarono i muretti, corsero per la campagna dell’inverno,
sotto i rami spogli, caddero morti a terra Scibilia e Sigona, caddero i
feriti".
La strage di Avola fu descritta anche in un
celebre reportage pubblicato dal settimanale L'Espresso e scritto da Mauro De
Mauro, caporedattore del quotidiano L'Ora scomparso il 16 settembre del 1970,
dopo che si era occupato, tra l'altro, di mafia, caso Mattei e trame golpiste.
L'8 dicembre del 1968, dalle pagine
dell'Espresso, Mauro De Mauro spiegò con eccezionale dote di sintesi ed
efficacia il motivo per cui i contadini scesero in piazza ad Avola e denunciò
l'assurda discrepanza tra i salari di paesi vicini: "Tutto cominciò quando
i braccianti agricoli aderenti alle tre maggiori organizzazioni sindacali
(Cgil, Cisl e Uil) decisero d’intraprendere una grande azione unitaria. Si
trattava di ottenere un aumento del 10 per cento sulle paghe, ma soprattutto il
riconoscimento di un elementare diritto fino ad oggi negato: la parità di
trattamento salariale tra addetti a uno stesso lavoro in due zone diverse di
una stessa provincia. Questo infatti è un paese in cui si può ancora morire
battendosi non per equiparare i salari di Avola a quelli di Milano, ma per
ottenere che il bracciante di Avola abbia un salario non inferiore a quello del
bracciante di Lentini. Perché la provincia di Siracusa è divisa in due zone: la
zona A, che comprende i braccianti di Lentini, Carlentini e Francoforte, in cui
la paga giornaliera è di 3480 lire; e la zona B, con Siracusa e i restanti
comuni della provincia, in cui la paga è di 3110 lire".
Tutte le forze politiche condannarono l'eccidio
di Avola e imponenti manifestazioni in memoria delle vittime si susseguirono in
tutta Italia. Ad Avola la manifestazione fu unitaria: scesero in piazza sia i
sindacati confederali (CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro, Cisl e
Uil) sia tutti i partiti della sinistra, sia gli eterogenei sindaci della
provincia (comunisti, socialisti e democristiani).
A livello politico, i socialisti spinsero il
governo nazionale a cambiare passo e iniziarono il lungo percorso verso lo
Statuto dei Lavoratori. Mentre il P.C.I. - Partito Comunista Italiano propose -
senza successo - il disarmo della Polizia in servizio di ordine pubblico
(durante cortei, manifestazioni e assembramenti), trovando il consenso non
soltanto delle forze alla sua sinistra (Psiulp, Pdup, ma anche della sinistra
extraparlamentare), ma anche del Partito Socialista Italiano, della sinistra
democristiana, delle Acli e della Cisl di Vito Scalia.
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