La Sicilia è una polveriera idrogeologica |
GIORGIO RUTA
In Sicilia il pericolo idrogeologico è esteso mille
chilometri quadrati. Dalla costa tirrenica al centro storico di Palermo, ecco i
punti "caldi".
Se le mappe dei rischi potessero parlare, direbbero: «Ve lo avevamo detto».
Nella cartina della Sicilia elaborata dal ministero dell’Ambiente ci sono tanti
puntini rossi e blu, e ognuno di questi indica un’area in cui ci sono pericoli
di frane e alluvioni. Molti coincidono con i territori colpiti dal maltempo di
questi giorni. Dalla costa tirrenica del Messinese alla valle del Simeto,
passando per il sud della Sicilia, le "bombe" pronte a esplodere sono
centinaia. Abusivismo e incuria sui letti dei fiumi sono i detonatori, in una regione
in cui nel 90 per cento dei comuni ci sono aree pericolose. Il viaggio nella piantina dell’Isola a rischio può partire proprio da
Casteldaccia: contrada Dagale Cavallaro. La villetta affittata dalla famiglia
Giordano in cui hanno perso la vita nove persone è stretta fra il pericolo
crollo del costone dietro e tra il rischio esondazione del fiume davanti.
La tragedia era annunciata.
In Sicilia oltre mille chilometri quadrati di terreno sono a rischio
idrogeologico, un’area grande sette volte più di Palermo. La valle tra il
Catanese e il Siracusano è la zona più estesa, con più pericoli. Il fiume
Simeto e i suoi affluenti, a causa degli edifici abusivi, dei tronchi e delle
discariche che li ostruiscono, esondano con più facilità. Lo dimostra quanto
successo due settimane fa, proprio nei comuni della piana: da Scordia a Lentini
si contano milioni di danni. Una coincidenza: nell’oasi del Simeto sono
3.500 le costruzioni fuori legge.
Nella mappa dei rischi ci sono tanti puntini blu che indicono il pericolo
di alluvioni soprattutto vicino alle foci dei fiumi Verdura e Salso. Qui il
comune più colpito, la settimana scorsa, è stato Sciacca. «Alcuni quartieri
della città sono stati costruiti senza un’ordinata pianificazione e i torrenti
che scendono verso il mare trovano spesso la strada sbarrata. Ecco perché si
allaga con molta facilità», ragiona il geologo Gian Vito Graziano, consulente
scientifico di Legambiente.
Nell’Agrigentino su 43 comuni 43 hanno aree a rischio. Trapani ne ha 23 su
24, Palermo 81 su 82. «E poi c’è il Messinese», continua il geologo indicando la mappa.
Nella provincia in cui si sono contati i morti di Giampilieri, Scaletta Zanclea
e Saponara le zone con pericoli sono tante. «Sia sulla costa jonica che su
quella tirrenica ci sono piccoli e medi fiumiciattoli che scendono con molta
velocità dalla montagne e che arrivando a valle si trovano i letti ristretti da
strade e abitazioni, se non addirittura bloccati», sostiene Graziano. Che la tragedia possa scapparci è una profezia purtroppo troppo facile da
fare. Soprattutto se sulla Sicilia il maltempo si accanisce con la forza della
settimana scorsa. I dati del servizio di meteorologia della Regione fotografano
una situazione fuori dal normale. I rilevatori della provincia di Palermo
hanno segnato in tre giorni accumuli di 218 millimetri di acqua a Giuliana, 200
a Prizzi, 160 a Corleone, Monreale e Contessa Entellina.
«È caduta dal cielo la stessa quantità di pioggia che solitamente precipita
in un quadrimestre abbastanza piovoso. Da giugno a oggi, a esclusione di
luglio, abbiamo avuto mesi con precipitazioni intense: i terreni sono saturi e
il rischio allagamenti è più alto», spiega Luigi Neri del Servizio informativo
agrometeorologico siciliano.
A Palermo il 3 novembre sono stati misurati 40 millimetri soltanto in
un’ora. Anche nel capoluogo siciliano — la cronaca recente lo dimostra — ci sono
tanti punti critici. Ci sono il letto dell’Oreto, Mondello che si allaga alla
prima pioggia e le strade del centro storico che si trasformano in fiumi quando
le precipitazioni sono sopra la media e la "barriera" della
circonvallazione viene superata. «Gli ultimi lavori per smaltire l’acqua del
maltempo a Palermo sono stati ultimati dopo la Seconda guerra mondiale»,
ricorda il geologo Graziano.
Poi c’è l’entroterra siciliano in cui ci sono stati tre morti nei giorni
scorsi, quel pezzo di terra tra l’Agrigentino e il Palermitano dove al rischio
alluvione si aggiunge quello delle frane. Anche qui, se le mappe potessero
parlare, direbbero: «Ve lo avevamo detto».
La Repubblica Palermo, 7 nov 2018
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