EMANUELE LAURIA
Prima Giarrusso attacca i “giornalisti sciacalli”, poi Di Maio silura il
candidato I big 5Stelle bocciano l’apertura ai parenti dei boss. L’aspirante
sindaco resiste
Imbarazzi, scatti
d’ira, poi tutti ad applaudire Luigi Di Maio. È la giornata dello psicodramma,
per i 5Stelle siciliani, spiazzati da un’improvvida uscita di colui che doveva
essere il simbolo della conquista della ex capitale della mafia da parte degli
“onesti”. E invece no, Maurizio Pascucci da Cecina, curriculum di tutto
rispetto imperniato sull’attività per la fondazione Caponnetto, ha tradito
tutti, con quelle dichiarazioni rese a Repubblica («Voglio aprire un
dialogo con i parenti dei mafiosi») e con quella foto al fianco del nipote di
Bernardo Provenzano. Il leader del Movimento, che doveva chiudere la campagna
elettorale, non ha avuto neanche bisogno di consultare i suoi fedelissimi, una
volta sbarcato nel primo pomeriggio a Palermo.
Dopo aver letto una dichiarazione
critica del presidente della commissione regionale Antimafia Claudio Fava, ha
deciso di annullare il comizio serale a Corleone. E di scaricare clamorosamente
Pascucci con un video girato direttamente in auto: «Sono sicuro che quelle
frasi, quella foto, siano state fatte in buona fede, ma il concetto — dice
Di Maio — è pericolosissimo e non può passare: magari stai comunicando
qualcosa, anche involontariamente, a quel mondo lì. A parte che noi quei voti
lì non li vogliamo, ci fanno schifo, ma soprattutto non posso correre il
rischio che stasera un ministro della Repubblica, lo Stato, vada sul palco dopo
tutto questo».
Un colpo a
sorpresa. Ai “portavoce” siciliani a Roma e all’Ars il capo politico dei
5Stelle chiede solo di condividere il video. E lui, Pascucci, apprende della
plateale sconfessione da Facebook, con il palco già pronto per la
manifestazione serale in piazza Garibaldi. È in quel preciso momento che, da
Roma a Palermo passando per Corleone, fra attivisti e eletti scatta il panico.
Lui, Pascucci,
chiede scusa, dice di essere stato «male interpretato»: «Penso che se c’è un
parente di un boss che ha il coraggio di dire che non vuole più un rapporto di
quel tipo debba essere aiutato a trovare un percorso». Ma lo smentisce persino
chi gli sta accanto, come il senatore Fabrizio Trentacoste, giunto a Corleone
prima del forfait di Di Maio: «A pochi giorni dal voto sarebbe stato
meglio non fare niente, non mettere foto e post». A quel punto, il candidato
toscano fa sapere di meditare il ritiro e nel frattempo inguaia pure il
deputato di riferimento, Giuseppe Chiazzese: «Ho concordato tutto con lui».
Sembra quasi una chiamata di correo. Si riunisce il meet-up per decidere se
andare avanti ugualmente sino al voto, nell’irritazione di molti attivisti rimasti
in piazza. «Potrei ritirarmi», dice prima Pascucci.
Ma alla
fine, quando calano le tenebre, sale ugualmente sul palco: «Sarebbe stato un
atto di codardia non farlo», sibila il deputato, l’unico a rimanere accanto al
naufrago pentastellato in mezzo alla tempesta. «Noi vogliamo essere inclusivi
nei confronti di chi prende le distanze da storie familiari tragiche», spiega
Chiazzese. E si scopre, in questa situazione di caos, che il neo-onorevole
corleonese (il padre è in lista con Pascucci) non solo aveva condiviso la foto
dell’aspirante sindaco con il nipote del boss, ma allo stesso congiunto aveva
mandato via Facebook un saluto particolare: «Un abbraccio a Salvatore
Provenzano».
«Avanti a
testa alta», ha la forza di dire in serata Maurizio Pascucci, quando persino il
suo datore di lavoro, il senatore Mario Giarrusso che lo aveva scelto come
assistente parlamentare, si è allontanato da lui: «Non posso che
licenziarlo». Eppure lo stesso Giarrusso, alle 16,23 — poco prima che Di Maio
si pronunciasse — aveva chiuso il telefono in faccia al cronista
di Repubblica che gli chiedeva conto delle dichiarazioni del
candidato pentastellato a Corleone: «Non commento l’azione di giornalisti
sciacalli».
Situazione
surreale. Pascucci, dopo il gesto plateale di Di Maio, viene abbandonato da
tutti i big: si dissociano il presidente dell’Antimafia nazionale Nicola Morra,
la presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Sarti, il
vicepresidente dell’Ars Giancarlo Cancelleri, la capogruppo Valentina Zafarana,
l’eurodeputato Ignazio Corrao.
Piera
Aiello, la testimone di giustizia che M5S ha fatto eleggere alla Camera,
va giù duro: «Da 27 anni combatto la mafia, ma soprattutto il pensiero mafioso.
Ho stravolto
la mia vita e quella dei miei cari per perseguire quello che secondo me è il
più nobile dei fini. Per questi motivi non condivido il pensiero del candidato
sindaco di Corleone Maurizio Pascucci e ne prendo le distanze. Con queste
persone il dialogo non può e non deve essere aperto». Però Pascucci non si
ferma. Con il sospetto, reso palese dal presidente della commissione regionale
Antimafia Claudio Fava dopo aver incontrato le commissarie prefettizie che
hanno retto il Comune per due anni, che il cinquantaquattrenne toscano possa
addirittura diventare il candidato del gruppo che fa capo a Lea Savona, la
sindaca dell’amministrazione sciolta per mafia. Di Maio, in serata, torna a
farsi vivo con un post: chiede ai probiviri l’espulsione immediata di Pascucci
(«Ci aspettavamo scuse, non arroganza») e dice che «se qualcuno della sua lista
fosse eletto, gli verrà ritirato subito il simbolo».
La
Repubblica Palermo, 24 nov 2018
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