emanuele lauria
Dopo il servizio di Repubblica sull’aspirante sindaco Pascucci che auspica
il dialogo con i parenti dei mafiosi il vicepremier annulla il comizio e ne
chiede la cacciata. Lui rilancia: “Avanti a testa alta”
Palermo - La più
eclatante sconfessione pubblica di un proprio candidato si consuma in due
minuti e due secondi, in un video girato sull’autostrada che dall’aeroporto
intitolato a Falcone e Borsellino porta a Palermo: « I voti della mafia ci
fanno schifo » , è costretto a rimarcare Luigi Di Maio, prendendo le distanze
dal rapresentante M5S alle elezioni di Corleone, Maurizio Pascucci, che - come
rivelato da Repubblica ieri mattina - aveva postato sul suo profilo Facebook
una foto col nipote del superboss Bernardo Provenzano e aveva auspicato «
l’apertura di un dialogo con i parenti dei mafiosi».
Di Maio fa salva la buona
fede di Pascucci, solo quella: « Il concetto da lui espresso - dice il
vicepremier - è pericolosissimo e non può passare: magari stai comunicando
qualcosa, anche involontariamente, a quel mondo lì. A parte che noi quei voti
lì non li vogliamo, soprattutto non posso correre il rischio che un ministro
della Repubblica, lo Stato, vada sul palco dopo tutto questo » . Ecco la
decisione clamorosa: annullato il comizio serale a Corleone in un piazza già
addobbata a festa con le bandiere di 5 Stelle, e abbandonato al proprio destino
il candidato che domani sfiderà le urne nelle prime elezioni dopo lo
scioglimento per mafia del Comune. E dopo le morti di Provenzano e Riina.
Una mossa
drastica che disorienta gli stessi 5S siciliani, neppure informati del cambio
di programma del capo e soprattutto delle sue motivazioni. L’imbarazzo, il
silenzio opposto da molti, fino a quel momento, alla richiesta di commentare la
singolare proposta politica di Pascucci si trasforma in un applauso indistinto
alle parole di Di Maio. Soprattutto da parte dei big del movimento. E c’è chi
cambia platealmente opinione nel giro di pochi minuti: il senatore Mario
Giarrusso, uno degli sponsor del candidato toscano, prima chiude il telefono in
faccia al cronista che gli chiede del caso Corleone ( « Non commento articoli
di giornalisti sciacalli » ) ma dopo l’intervento di Di Maio fa sapere che «
non può che licenziare » Pascucci dall’incarico di suo assistente parlamentare.
Lui, il
portabandiera che era stato scelto per una simbolica conquista grillina dell’ex
capitale della mafia, accusa il colpo. Dice di essere stato « male interpretato
», rimodula il suo pensiero («Se c’è un parente di un boss che ha il coraggio
di dire che vuole allontanarsi dalle responsabilità familiari deve essere
aiutato»), medita il ritiro. E nel frattempo inguaia pure il deputato
corleonese Giuseppe Chiazzese: «Ho concordato tutto con lui». E si scopre che
la foto di Pascucci con il nipote del boss era stata condivisa dallo stesso
onorevole, con il seguente commento: «Un abbraccio a Salvatore Provenzano » .
Il tutto, viene spiegato, era stato fatto per respingere le accuse di
giustizialismo rivolte al candidato sindaco, reo di aver invitato al boicottaggio
del bar degli eredi del “padrino”.
Storia
surreale, da qualsiasi punto di osservazione. Di certo, il meet up di Corleone
si spacca ma prevale la linea di Chiazzese (che ha il padre in lista) di
non abbandonare la competizione elettorale. Alle sette della sera, Pascucci
sale ugualmente sul palco e annuncia: « Affronto il voto, a testa alta». Gesto
che viene preso più o meno come una sfida da Di Maio, costretto a tornare
sull’argomento con un nuovo post: chiede ai probiviri l’espulsione immediata di
Pascucci («ci aspettavamo scuse, non arroganza») e dice che «se qualcuno della
sua lista sarà eletto, gli verrà ritirato subito il simbolo » . Il peggior
sospetto, alla fine, lo solleva Claudio Fava, presidente della commissione
antimafia siciliana, dopo aver incontrato le commissarie prefettizie che hanno
retto il Comune per due anni: «Mi risulta che Pascucci abbia accettato il
sostegno degli esponenti della passata amministrazione sciolta per mafia».
La Repubblica, 24 nov 2018
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