Papa Francesco |
Raniero La Valle
Perché vogliono distruggere papa Francesco fino a chiederne le dimissioni e
a volere un nuovo Conclave?
La cosa è diventata chiara all’apertura del Sinodo dei giovani. Dopo tanto
parlare della crisi dei giovani, del loro sbandarsi senza la bussola di una
vocazione, del loro aver perduto la fede, il papa nel discorso dall’altare
all’apertura dell’assise ha chiesto loro di “non smettere di profetizzare”; ma
perché questo avvenga, perché i giovani amplino i loro cuori alla dimensione
del mondo, sono gli adulti o anziani, a cominciare dai vescovi, che devono
cambiare, “allargare lo sguardo”. Essi devono essere capaci di sogni e
speranze, perché i giovani siano capaci di profezia e di visione. È un
singolare rovesciamento: il papa avrebbe potuto chiedere ai vecchi patriarchi,
cardinali, vescovi e preti di fornire la profezia della retta dottrina ai
giovani che in genere sono perduti dietro i loro sogni e speranze, e invece ha
chiesto agli anziani di sognare e sperare, perché i giovani ne traggano linfa
per profetizzare e spingere oltre la vista.
Anziani e giovani, secondo il papa,
devono sognare insieme, e noi anziani dobbiamo sperare facendoci carico insieme
a loro di lottare contro ciò che impedisce alla loro vita di svilupparsi con
dignità, e di lavorare per rovesciare le situazioni di precarietà di esclusione
e di violenza alle quali sono esposti; e così si ispiri ai giovani “la visione
di un futuro ricolmo della gioia del Vangelo” contro i profeti di calamità e di
sventura.
Ancora una volta dunque il papa annuncia la gioia, come nell’ “Evangelii
gaudium”, nella “Veritatis gaudium”, la “Misericordiae vultus”, la “Laudato
sì”, la “Gaudete et exsultate”, l’ “Amoris laetitia”.
Gli avversari non vogliono la gioia, sono intenti ad infliggere dolore:
senza dolore il potere non regge, le guerre non si possono fare, i poveri non
possono essere esclusi, i naufraghi non possono essere fatti affondare, i porti
non si possono chiudere, l’economia non può uccidere, le armi non si possono
vendere. Il dolore ci vuole, l’amore deve produrre tormento e non gioia, la
massa dannata deve essere soggiogata con la legge e ricattata con la “morte
seconda”, la perfetta letizia predicata dal Francesco di Assisi deve essere
spregiata come una bambinata buonista.
La ragione per cui papa Francesco è avversato è, a ben vedere, la stessa
ragione per cui è stata distrutta la politica; la politica, infatti, fin da
Aristotele, ma poi perfino nelle Costituzioni moderne, doveva essere ordinata
alla felicità o almeno, come diceva la Dichiarazione di Indipendenza degli
Stati Uniti, a garantire il diritto alla ricerca della felicità; doveva
corrispondere all’ordine del cosmo o, più modernamente, doveva non solo
salvaguardare “la nuda vita”, ma promuovere “la buona vita”; e perfino
l’Europa, prima di tradire, si era presentata al mondo con l’Inno alla gioia.
Ma la gioia e il potere che si pretende indiviso, la gioia e il denaro che
governa invece di servire, la gioia e il debito sovrano, la gioia e la confisca
delle coscienze per addomesticarle a essere oggetto di dominio e di scarto, non
vanno d’accordo, non abitano su monti vicini, anzi sono incompatibili.
Per questo motivo oggi viviamo nella contraddizione - e in gran parte è una
nuova contraddizione – di una Chiesa ed un papa che militano per la gioia, e
un’antichiesa e un mondo che lottano per il dolore. Non a caso la reazione
contro il papa si è organizzata e scatenata con “i dubbi” e il rifiuto dell’
“Amoris laetitia”, cioè delle nuove nozze tra l’amore e la gioia.
Da qui nasce la nostra sofferenza di oggi, che potremmo chiamare una
sofferenza messianica, perché si fa carico del futuro quando ne va dell’avverarsi
o del fallire della promessa di salvezza che dai tempi antichi fino ad oggi ha
accompagnato e lenito l’arduo cammino dell’umanità.
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