Un momento del dibattito al NO MAFIA MEMORIAL Da sx: Francesco Foti, Giovanni Abbagnato, Enzo Campo, Umberto Santino, Dino Paternostro |
UMBERTO SANTINO
Se un presidente del Consiglio, anche se
capitato per caso a Palazzo Chigi, confonde l’8 settembre del 1943 con il 25
aprile del 1945, sarà un caso di imperdonabile ignoranza personale, ma
probabilmente è qualcosa di più. Giuseppe Conte è un professore ordinario di
diritto, il massimo della carriera accademica, ma evidentemente per la parcellizzazione
delle discipline, strada obbligata per la moltiplicazione delle cattedre, non è
tenuto a sapere un po’ di storia. Anche perché nelle scuole italiane si parla
molto degli assiro-babilonesi e degli antichi egiziani, ma poco di storia
contemporanea, del Novecento, di fascismo, di Resistenza e di tutto quello che
ne è seguito. Ora si è deciso di abolire il tema di storia dalle prove della
maturità e l’insegnamento di storia sarà ulteriormente ridimensionato, se non
cancellato. È l’ulteriore prova della strategia di espunzione del passato,
soprattutto quando è scomodo e contraddittorio.
La memoria non è automatica, ci vuole qualcuno,
che la tenga viva. Per esempio, nel caso delle vittime di mafia o di
terrorismo, possono essere i familiari, può essere un’associazione, un comitato,
un sindacato, un partito. E a volte neppure questo basta. Il caso di Giovanni
Orcel è esemplare. A suo tempo gli è stata dedicata la Camera del lavoro di
Palermo ma il suo nome non figura nel volume sulla Sicilia della Storia delle regioni
d’Italia dell’Einaudi e nelle storie di mafia più gettonate, tolta qualche
eccezione. Solo di recente si è cercato di ricostruirne l’attività e di
interrogarsi sul perché la sua memoria è stata cancellata. Orcel è stato un
protagonista della vita sindacale e politica a Palermo nel primo ventennio del
Novecento. Segretario della Fiom, il
sindacato degli operai metallurgici, ha unito attività sindacale e impegno
politico, ha fondato e diretto giornali, ha avuto contatti a livello non solo
nazionale, ha gestito, nel “biennio rosso” (1919-1920), le lotte operaie in
città, fino all’occupazione del Cantiere navale nel settembre del 1920. Tutto
questo avveniva in un periodo in cui le condizioni di vita e di lavoro degli
operai erano pesantissime, con salari di fame e orari massacranti e il mondo
socialista era lacerato da profonde divisioni: riformisti, votati al compromesso,
subalterni al padronato, da un lato; “intransigenti”, massimalisti,
rivoluzionari, protocomunisti, dall’altro.
Orcel aveva capito che bisognava unire città e
campagne, lotte urbane e contadine, la strategia che avrebbe prospettato
Gramsci. Su questa strada è stato
decisivo l’incontro con Nicolò Alongi, dirigente tra i più prestigiosi delle
lotte contadine. Stiamo parlando di “dirigenti”, ma Alongi non aveva finito le
scuole elementari nella sua Prizzi e Orcel, dopo le scuole elementari, non aveva
potuto continuare gli studi e aveva cominciato a lavorare in tipografia. Un
contadino e un operaio senza studi che diventano organizzatori di grandi lotte
operaie e popolari e sono capaci di analizzare la società in cui vivono, di
progettarne il mutamento. Non avendo potuto frequentare le scuole del Regno,
sono andati alla scuola del sindacato, del partito, dell’impegno sociale e politico
(oggi basta smanettare sui social). Quel progetto unitario, di cui Alongi e
Orcel sono i maggiori protagonisti, viene visto come un grosso pericolo dal
padronato e dalla mafia. Alongi viene assassinato il 29 febbraio del 1920,
Orcel il 14 ottobre dello stesso anno. I due delitti, come tanti altri che
hanno colpito protagonisti del movimento
antimafia, sono rimasti impuniti, nonostante che i compagni di militanza
abbiano fatto nomi e cognomi di coloro che ritenevano responsabili. E per Orcel
, di fronte a una giustizia inerte e collusa, si è pensato di ricorrere a una
forma di giustizia privata: il presunto mandante, il capomafia Sisì (Silvestre)
Gristina viene assassinato qualche tempo dopo. È
questa la ragione del silenzio su di lui? Penso che ci sia una ragione più di
fondo: la Sicilia e il Mezzogiorno di quegli anni sono visti come una “grande
campagna”, ignorando la storia delle lotte urbane, minoritarie ma non minori. In
ogni caso l’avvio di una strategia unitaria che collegava lotte operaie e
contadine avrebbe dovuto suscitare una maggiore attenzione. Alongi e Orcel muoiono
quando è in atto l’offensiva padronale e mafiosa a cui presto si sarebbero
aggiunte le squadre fasciste. Ci si è sempre chiesto quanto le divisioni interne
alla sinistra e tra i partiti democratici abbiano pesato nel favorire
l’affermazione del fascismo. Anche oggi ci si chiede se si riuscirà a costruire
uno schieramento unitario in grado di battere le destre, che mirano a cambiare
il volto, già abbastanza sfigurato, del vecchio continente.
Il 14 ottobre 2018, nel 98° anniversario
dell’assassinio di Giovanni Orcel, la
Camera del lavoro di Palermo, il Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato”
e il No mafia Memorial hanno organizzato un incontro sul tema: Contadini e operai in lotta contro la
mafia. Il ruolo di Nicolò Alongi e Giovanni Orcel, con un’introduzione di
Umberto Santino, presidente del Centro Impastato, interventi di Giovanni
Abbagnato, autore del libro Giovanni
Orcel. Vita e morte per mafia di un sindacalista siciliano (1887-1920),
Enzo Campo, segretario della Camera del lavoro, Francesco Foti, segretario
della Fiom di Palermo e Dino Paternostro, responsabile del Dipartimento
Legalità e memoria storica della Cgil di Palermo.
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