"Regole non rispettate". Il ministro: chi
sbaglia paga. L’opposizione: siamo alle deportazioni
ALESSIA CANDITO
Per il mondo è il simbolo dell’accoglienza possibile, per il ministero
dell’Interno un progetto da cancellare. Il Viminale ha deciso. Tutti i
finanziamenti destinati a Riace sono revocati, tutti i progetti Sprar devono
essere chiusi, tutti i 200 migranti ospiti del borgo trasferiti. È scritto nero
su bianco nella deliberazione del 9 ottobre scorso, con cui il Dipartimento
libertà civili e immigrazione ha dato per conclusa la procedura di accertamento
che già qualche mese fa aveva portato al blocco dei fondi.
A nulla sembrano
essere servite le controdeduzioni inviate dal Comune, né le proteste e gli
appelli firmati da migliaia di persone, inclusi intellettuali e giuristi di
fama. Derubricate a considerazioni «sociologiche» anche le valutazioni degli
ispettori prefettizi che nel gennaio 2017 hanno ribaltato una precedente
ispezione conclusasi con esito negativo. Per il ministero il " sistema
Riace" presenta « criticità » pari a 34 punti di penalità, così gravi da
imporne l’immediata chiusura.
Una doccia fredda per il paese dell’accoglienza. La seconda in dieci
giorni, dopo l’arresto del sindaco- simbolo Mimmo Lucano, finito ai domiciliari
per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, difeso in piazza a Riace
sabato scorso da una manifestazione di 6mila persone e pronto a spiegare le sue
ragioni martedì al tribunale del Riesame. Al Tar invece toccherà decidere se
rendere esecutivo l’ordine di smantellamento del sistema Riace arrivato dal
ministero, perché contro quella delibera il Comune ha già annunciato ricorso.
« Vogliono istruggerci. Nei nostri confronti è in atto un vero e proprio
tiro incrociato — dice Lucano — Non si può cancellare una storia che ha
suscitato l’interesse e l’apprezzamento di tutto il mondo. Lo Stato continua
incredibilmente a darci addosso». Con lui si schiera il presidente della
Regione Mario Oliverio, che chiede al Viminale di tornare sui propri passi e
cancellare una « decisione assurda » . Protesta il centrosinistra, con l’eurodeputato
Pd Andrea Cozzolino che parla di «pervicace lotta di un forte contro i deboli »
e il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi che twitta: « Lo smantellamento del
modello Riace altro non è che una deportazione » . Mentre i Verdi evocano
« i regimi totalitari » e il segretario di Rifondazione Maurizio Acerbo chiama
alla mobilitazione contro «una vergognosa rappresaglia».
Salvini si pronuncia solo sui social e bacchetta Riace per « le
irregolarità nell’utilizzo dei fondi pubblici ». Ma in realtà — chiarisce
Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi, Associazione studi giuridici
sull’immigrazione, che sta supportando Lucano e la sua amministrazione — «a
Riace ci sono solo alcune modeste carenze formali e procedurali che riguardano
la parte amministrativa » . Per il resto, il ministero sembra condannare quegli
strumenti che un tempo portava a modello, e che in paese sono stati messi a
punto anche per superare le difficoltà causate dai ritardi nel trasferimento
dei fondi. I " bonus", ticket con cui si è permesso ai migranti di
fare autonomamente la spesa nei negozi del borgo e a questi ultimi di non
chiudere, sono « forieri di manipolazioni in sede di cambio- valuta » , le
botteghe degli antichi mestieri « non possono essere assimilate ai tirocini extracurricolari
» e ai mediatori culturali non basta essere madrelingua, ma serve « un titolo
riconosciuto » . Non va bene neanche aver riportato la vita alle abitazioni
abbandonate del paese, ma soprattutto — dice il ministero — aver ospitato i
richiedenti asilo oltre i 6 mesi previsti senza inviare documentazione
sufficiente a sostegno della proroga.
Adesso tutti dovranno andare via. Lo conferma Daniela Di Capua, direttrice
del Servizio centrale dello sprar: «Aspettiamo dal Comune di Riace la lista dei
beneficiari del progetto per avviare i trasferimenti che avverranno a
prescindere dal ricorso, perché i fondi sono bloccati e si presume che
l’amministrazione non abbia come garantire il sostentamento degli ospiti». E in
paese inizia a serpeggiare la paura di un nuovo esilio.
La
Repubblica, 14 ottobre 2018
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