Papa Francesco al Foro italico di Palermo |
di EMANUELE LAURIA, SALVO PALAZZOLO e PAOLO RODARI
Il Pontefice ricorda don
Pino Puglisi riecheggiando Wojtyla: "Sentire e servire il popolo, senza
gridare, accusare e suscitare contese”. Poi un passaggio sul populismo:
"L'unico cristiano è servire il popolo senza accusare"
PALERMO. Legge molto
lentamente dal testo dell’omelia le parole più dure contro la mafia: “Non si
può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano,
perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore”. Poi alza la testa e, a
braccio, affonda ancora con maggiore forza: “Convertitevi! Il sudario non ha
delle tasche, non potrete portare niente con voi!”.
Papa Francesco
dedica la sua omelia al Foro Italico
di Palermo alla mafia e
a don Pino Puglisi, il prete ucciso il 15 settembre 1993 da Cosa nostra per il
suo impegno sociale, sacerdote che “non viveva per farsi vedere, non viveva di
appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma
seminava il bene, tanto bene”. E denuncia la “litania mafiosa” che è: “Tu non
sai chi sono io”. Mentre, dice ancora Francesco, quella cristiana è: “Io ho
bisogno di te”. E quindi continua: “Se la minaccia mafiosa è: ‘Tu me la
pagherai’, la preghiera cristiana è: ‘Signore, aiutami ad amare’. Perciò ai
mafiosi dico: cambiate! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi,
convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo! Altrimenti, la vostra stessa vita
andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”.
Palermo, il grido di papa
Francesco: "Non si può credere in Dio ed essere mafiosi"
Venticinque anni dopo Giovanni Paolo II che nella Valle dei
Templi, stringendo il
crocifisso e alzando il dito verso il cielo davanti a migliaia di giovani
giunti da ogni parte, disse ai mafiosi “convertitevi, una volta verrà il giudizio
di Dio”, anche Papa Bergoglio si rivolge agli stessi mafiosi chiedendo loro di
cambiare vita. Lo fa nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica
del beato Puglisi: “La sua – dice il Papa - sembrava una logica perdente,
mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione:
la logica del dio-denaro è perdente”.
Il papa a Palermo: l'arrivo al
Foro Italico
Venticinque anni fa, quando morì nel giorno del suo
compleanno, don Puglisi sorrideva. “Coronò la sua vittoria col sorriso, con
quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore, il quale disse:
‘C’era una specie di luce in quel sorriso’”, dice il Papa. E oggi, dopo 25
anni, è il vescovo di Ragusa, Carmelo Cuttitta, a rivelare a Tv2000 che alla
estumulazione del prete siciliano “lo abbiamo trovato con lo stesso sorriso,
era intatto”.
Don Puglisi ebbe la “colpa” i togliere dalla strada ragazzi e bambini che, senza il suo aiuto, sarebbero stati risucchiati dalla vita mafiosa, e impiegati per piccole rapine e spaccio. Il fatto che lui togliesse giovani alla mafia fu la principale causa dell'ostilità dei boss, che lo consideravano un ostacolo. Decisero così di ucciderlo, dopo una lunga serie di minacce di morte di cui don Pino non parlò mai con nessuno. Nel 1992 venne nominato direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugurò a Brancaccio il centro Padre Nostro per la promozione umana e la evangelizzazione.
Il 15 settembre 1993, giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, intorno alle 22:45 venne ucciso davanti al portone di casa in piazzale Anita Garibaldi, traversa di viale dei Picciotti nella zona est di Palermo. Sulla base delle ricostruzioni, don Pino Puglisi era a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall’automobile, si era avvicinato al portone della sua abitazione. Qualcuno lo chiamò, lui si voltò mentre qualcun altro gli scivolò alle spalle e gli esplose uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa. I funerali si svolsero il 17 settembre.
Il 19 giugno 1997 venne arrestato a Palermo il latitante Salvatore Grigoli, accusato di diversi omicidi oltre quello di don Pino Puglisi. Poco dopo l'arresto Grigoli cominciò a collaborare con la giustizia, confessando 46 omicidi compreso quello di don Puglisi. Grigoli, che era insieme a un altro killer, Gaspare Spatuzza, gli aveva sparato un colpo alla nuca.
Don Puglisi ebbe la “colpa” i togliere dalla strada ragazzi e bambini che, senza il suo aiuto, sarebbero stati risucchiati dalla vita mafiosa, e impiegati per piccole rapine e spaccio. Il fatto che lui togliesse giovani alla mafia fu la principale causa dell'ostilità dei boss, che lo consideravano un ostacolo. Decisero così di ucciderlo, dopo una lunga serie di minacce di morte di cui don Pino non parlò mai con nessuno. Nel 1992 venne nominato direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugurò a Brancaccio il centro Padre Nostro per la promozione umana e la evangelizzazione.
Il 15 settembre 1993, giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, intorno alle 22:45 venne ucciso davanti al portone di casa in piazzale Anita Garibaldi, traversa di viale dei Picciotti nella zona est di Palermo. Sulla base delle ricostruzioni, don Pino Puglisi era a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall’automobile, si era avvicinato al portone della sua abitazione. Qualcuno lo chiamò, lui si voltò mentre qualcun altro gli scivolò alle spalle e gli esplose uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa. I funerali si svolsero il 17 settembre.
Il 19 giugno 1997 venne arrestato a Palermo il latitante Salvatore Grigoli, accusato di diversi omicidi oltre quello di don Pino Puglisi. Poco dopo l'arresto Grigoli cominciò a collaborare con la giustizia, confessando 46 omicidi compreso quello di don Puglisi. Grigoli, che era insieme a un altro killer, Gaspare Spatuzza, gli aveva sparato un colpo alla nuca.
Papa Francesco: "L'unico
populismo cristiano sentire e servire il popolo"
Davanti alla folla di 80mila fedeli
assiepata al Foro Italico, il Santo Padre fa
inoltre un significativo cenno ai “populismi”, con un passaggio che porta
dritto all’attualità politica. “L’unico populismo possibile è il populismo
cristiano: sentire e servire il popolo, senza gridare, accusare e suscitare
contese”.
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