SALVO PALAZZOLO,
PALERMO - «Troppo rischioso vendere i beni confiscati ai privati». Ha più di un
dubbio don Luigi Ciotti sul nuovo decreto sicurezza. «Ci vuole tanto rigore e
attenzione, perché i boss provano sempre a riprendersi le proprie ricchezze».
Il fondatore di Libera fa una pausa e dice: «E poi non mi piace che il
decreto metta assieme sicurezza, lotta alla mafia e immigrazione. Un’inaccettabile riduzione propagandistica, l’immigrazione non si può
ridurre a problema di ordine pubblico, il fenomeno va governato con la lungimiranza
della politica perché riguarda i bisogni di milioni di persone».
Il ministro Salvini sembra voler dire col decreto che la vendita dei beni
confiscati è la strada maestra per uscire dalla situazione di stallo che stiamo
vivendo, lo Stato non riesce ad assegnare migliaia di immobili sottratti alle
mafie.
«La perplessità di Libera non è pregiudiziale né ideologica. Voglio ricordare che fummo noi, per primi, nella petizione popolare che nel
1995 raccolse un milione di firme per la legge sull’uso sociale dei beni
confiscati, a prevedere un’ipotesi di vendita. Ma immaginavamo che il
ricavato dovesse servire ad alimentare uno speciale fondo istituito presso le
prefetture per i progetti sociali. Le aspettative sono andate deluse».
Anche oggi la vendita dei beni confiscati è possibile, ma solo come ultima
possibilità.
«E appena il 20 per cento dei proventi va all’Agenzia dei beni confiscati e
alle attività sociali, educative e culturali promosse nei beni sottratti alla
mafia. La parte maggiore va ai ministeri dell’Interno e della Giustizia. Una
linea di tendenza che va modificata, perché rischia di venire meno lo spirito
della legge: le ricchezze rubate alla comunità devono essere restituite alla
comunità».
Il decreto prevede un potenziamento dell’Agenzia beni confiscati, quanto
può segnare la svolta nella gestione dei patrimoni mafiosi?
«Il decreto presenta un aspetto positivo e uno discutibile. Positivo l’ampliamento dell’organico. Misura necessaria a ridurre vuoti già
evidenziati, a condizione che si tratti di personale qualificato e competente.
Meno convincente è l’istituzione di quattro sedi, di fatto un ritorno al
passato, visto che la decisione di concentrare le attività in un’unica agenzia
rispondeva proprio alle esigenze di un maggior coordinamento e di una più
efficace cabina di regia».
Altri dubbi sul decreto sicurezza?
«C’è una norma che prevede, per i beni immobili che dopo tre anni non si è
ancora riusciti a vendere, il trasferimento all’Agenzia del Demanio. Ma non si
dice nulla sulla destinazione di tali beni una volta trasferiti. Credo che sia
importante saperlo».
La Repubblica, 26 sett 2018
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