LJATIFI FATMIR, uno degli arrestati |
I Carabinieri del Nucleo Informativo di Palermo hanno eseguito un
decreto di Fermo di indiziato di delitto emesso dalla locale Procura
Distrettuale Antimafia nei confronti di 17 persone, italiane e straniere, a
vario titolo ritenute responsabili di associazione per delinquere a
carattere transnazionale dedita al traffico di clandestini sulla tratta
balcanica, al traffico di armi e al riciclaggio di
danaro e preziosi. Le investigazioni hanno evidenziato connessioni
dell’organizzazione criminale con cosa nostra catanese oltre
che con membri del gruppo paramilitare albanese
denominato “Nuovo UCK”, queste ultime finalizzate alla cessione
di armi da guerra. Nel dicembre del 2016 iniziava il monitoraggio del cittadino
macedone Fatmir LJATIFI, il quale, dimorando da tempo a Bolognetta
(PA), direttamente collaborato da Giuseppe GIANGROSSO (palermitano
originario di Roccamena) era stato posto “sotto osservazione” in quanto
sospettato di trafficare armi dall’area balcanica, di riciclare denaro proveniente da rapine, nonché di immettere nel mercato italiano valuta estera di
provenienza illecita.
Sviluppando le attività sui due soggetti “locali”, si sono aperti
ampi scenari di respiro internazionale che, opportunamente sviluppati con
approfondimenti tecnici e supportati da attività di cooperazione internazionale
di polizia e giudiziaria con le autorità svizzere, tedesche, macedoni e
kosovare, hanno consentito di documentare l’interesse del sodalizio criminale
nei settori delinquenziali appresso indicati.
IL TRAFFICO DI CLANDESTINI
Le indagini hanno consentito di far emergere condotte specifiche
in ordine all’esistenza e alla piena operatività di due distinte strutture
criminali, finalizzate al favoreggiamento dell’ingresso clandestino in
territorio nazionale e in altri paesi dell’Unione Europea, di un numero
indeterminato di soggetti, alcuni dei quali identificati, tutti provenienti
dall’area balcanica, in cambio di denaro. La prima, diretta da un gruppo di kosovari, alcuni dei quali
stanziali in Italia (nelle province di Como e Sondrio) e altri in Svizzera, è
risultata composta da REXHEPI Arben, REXHEPI Driton, VERSHEVCI
Xhemshit, LATIFI Ibraim detto Brraka, e dagli italiani FELE ARENA
Jlenia, MAPELLI Franco, e MAPELLI Tiziano Moreno. La seconda, la cui nascita è stata documentata “in diretta” dalle
investigazioni, è risultata formata da GIANGROSSO Giuseppe, VITELLARO
Dario, e dai macedoni LJATIFI Fatmir e Dzemilj DZAFERI.
In relazione al gruppo kosovaro è emerso che:
- REXHEPI Arben, in qualità di capo
del sodalizio e operando dal Kosovo, ha il compito di reclutare clandestini per
avviarli, sulla rotta balcanica, verso l’Italia;
- i clandestini, accolti in Italia da
REXHEPI Driton, che opera attraverso la complicità dei sodali VERSHEVCI
Xhemshit, MAPELLI Franco e MAPELLI Tiziano Moreno, vengono successivamente
condotti in auto verso il confine con la Svizzera;
- LATIFI Ibraim detto Brraka e FELE
ARENA Jlenia, in contatto con REXHEPI Driton, si occupano di far transitare
clandestinamente i migranti in territorio elvetico.
Nello specifico, promuovendo l’attivazione dei protocolli di
cooperazione internazionale con la Polizia Cantonale Svizzera e grazie alla
collaborazione con personale del Nucleo Informativo di Venezia, si sono
documentati due distinti episodi di ingresso illegale nello
Stato, seguiti da altrettanti spostamenti verso la Svizzera, di alcuni
clandestini provenienti dall’area balcanica. Si è appurato, infatti, che:
- alle ore 20.40 del 13 marzo 2017,
un furgone con targa svizzera proveniente dall’area balcanica con 11
clandestini a bordo, era stato bloccato alla frontiera fra l’Italia e la
Svizzera di Ponte Cremenaga (Varese). Le forze di polizia svizzere intervenute,
hanno tratto in arresto l’autista del mezzo, che custodiva i soldi pagati per
il viaggio (3.000 euro a testa), mentre i clandestini, dopo le procedure di
identificazione, sono stati espulsi dal territorio elvetico e avviati verso il
confine italiano;
- due degli 11 clandestini bloccati
in Svizzera erano legati a Driton REXHEPI, motivo per il quale, nella notte fra
il 14 e il 15 marzo 2017, con l’ausilio di Xhemshit VERSCHEVCI, venivano
prelevati in una località nei pressi della frontiera italiana e condotti in un
posto sicuro, forse un piccolo albergo, nei pressi di Colico o di Morbegno (SO);
- per consentire ai due clandestini,
già respinti dalle autorità elvetiche, di varcare illegalmente il confine
italiano con la Svizzera, Driton REXHEPI si rivolgeva ad un connazionale,
soprannominato Brraka e successivamente identificato in Ibrahim
LATIFI, cittadino kosovaro dimorante stabilmente in Svizzera, il quale,
coadiuvato dalla compagna Jlenia FELE ARENA, gestiva già un
canale autonomo di immigrazione clandestina dall’Italia alla Svizzera. Grazie
ai due, infatti, i clandestini in contatto con Driton REXHEPI riuscivano a
raggiungere la Svizzera, viaggiando nascosti all’interno di un’autovettura con
i vetri oscurati, condotta dalla donna.
Tale circostanza ha costituito il presupposto per Driton REXHEPI e
Ibrahim LATIFI di entrare stabilmente all’interno di un sodalizio criminale,
già avviato e certamente meglio organizzato, gestito in Kosovo dal fratello di
Driton REXHEPI, Arben, il quale era già al vertice di una pericolosa
associazione che ha come scopo, fra l’altro, quello di trafficare in
clandestini reclutati in terra balcanica e avviati, dietro corresponsione di
denaro, in vari paesi europei.
Fra l’altro, è anche emerso che Arben REXHEPI è stato membro,
durante la guerra nei Balcani, del famigerato “Gruppo del Comandante TELI”,
un gruppo paramilitare dell’UCK attivo in area nel corso delle operazioni
belliche dello scorso decennio.
Il secondo episodio di traffico di clandestini riscontrato,
avvenuto ad aprile 2017, ha riguardato un flusso di numerose persone, partite
dal Kosovo grazie all’opera di Arben REXHEPI. Alcuni di essi, giunti in Italia
attraverso il confine di Trieste ed intenzionati a raggiungere la Svizzera,
sono stati prelevati da Driton REXHEPI che, dopo averli ospitati in un luogo
sicuro grazie alla complicità dei fratelli MAPELLI Franco e Tiziano Moreno, ha
provveduto ad avviarli verso la Svizzera grazie all’opera di Ibrahim LATIFI
detto Braka e della compagna.
Due dei numerosi clandestini giunti in Italia ad aprile 2017 e
destinati in Svizzera, grazie alle operazioni di intercettazione che ne hanno
consentito la localizzazione, sono stati identificati nei pressi della stazione
ferroviaria di Venezia – Mestre, mentre erano diretti a Milano, città dalla
quale avrebbero dovuto essere prelevati da Driton REXHEPI.
Nonostante le procedure di allontanamento dal territorio nazionale
poste in essere, i due clandestini sono comunque riusciti a transitare in
Svizzera, servendosi del canale gestito da Braka e dalla compagna.
E’ emerso, infine, che uno dei soggetti transitati illegalmente in
Svizzera sarebbe stato impiegato da Arben REXHEPI in Kosovo per trafficare
armi.
Il canale si interrompeva allorquando, il 31.05.2017, il capo
dell’organizzazione, ovvero Arben REXHEPI, veniva tratto in arresto dalla
polizia kosovara in quanto sospettato di traffico internazionale di clandestini
e trovato in possesso di armi da fuoco.
In relazione, invece, alla seconda articolazione, gestita a Palermo
da LJATIFI Fatmir e GIANGROSSO Giuseppe, è emerso che:
- i due soggetti, ideatori e
promotori del sodalizio, hanno costituito un’associazione per delinquere
finalizzata a reclutare cittadini slavi da far entrare in Italia per motivi di
lavoro, palesemente fittizi;
- a tale scopo hanno contattato il
pregiudicato Dario VITELLARO, recandosi presso la sua abitazione mentre questi
era agli arresti domiciliari, il quale ha fornito la sua disponibilità a
reperire una società compiacente in grado di assumere fittiziamente gli
stranieri, al fine di consentire loro di ottenere un permesso di soggiorno per
motivi di lavoro e, di conseguenza, ottenuti i documenti, permettere agli
stranieri di trasferirsi in altri stati dell’Unione Europea;
- LJATIFI ha coinvolto, in qualità di
procacciatore di clienti, lo zio Dzemilj DZAFERI, dimorante in Toscana ma
con stabili contatti in Macedonia, il quale si è attivato per reperire soggetti
interessati all’operazione.
Le indagini hanno anche dimostrato che LJATIFI Fatmir e GIANGROSSO
Giuseppe sono stati gli ispiratori di una fitta rete di affari, finalizzati a
riciclare ingenti capitali illeciti.
Nello specifico, i due hanno costituito un’associazione per
delinquere, convogliando attorno a sé vari soggetti che possiedono competenze e
contatti variegati, con il comune intento di associarsi stabilmente al fine di
commettere una serie indeterminata di delitti in materia di riciclaggio
transnazionale di:
- danaro provento da furti e
rapine a bancomat;
- danaro da movimentare attraverso
canali bancari;
- oro provento di delitti contro
il patrimonio;
- diamanti di provenienza
illecita.
Il sodalizio criminale, ispirato da LJATIFI Fatmir e GIANGROSSO
Giuseppe, ha operato nei quattro settori sopra citati, animato dalla comune
volontà di concludere le illecite operazioni di ripulitura e
commercializzazione del frutto di diversi delitti. Nel corso delle indagini
sono state evidenziate le responsabilità di altri soggetti che hanno cooperato,
in maniera continuativa e sistematica con i due, pianificando concrete attività
di riciclaggio e programmando una serie di ulteriori ed indeterminate attività
illecite di settore.
Il gruppo criminale dedito alle operazioni di riciclaggio
transnazionale, è risultato, altresì, composto da:
- per il danaro provento da
furti e rapine a bancomat:
TINNIRELLO Francesco, MORELLO Salvatore,
TORRES Gabriele e altri soggetti stranieri non individuati;
- per il danaro da
movimentare attraverso canali bancari:
DOBJANI Luan, NIKCI Denis e altri
soggetti non individuati;
- per l’oro provento di delitti
contro il patrimonio:
REXHEPI Driton e altri soggetti non
identificati;
- per i diamanti di
provenienza illecita:
REXHEPI Driton, REXHEPI Astrit, AMETI
Uran e altri soggetti stranieri non individuati.
Le
indagini consentivano, in particolare, di evidenziare che LJATIFI Fatmir è in
contatto con alcuni malavitosi che risiedono nell’area balcanica, specializzati
nella “ripulitura” di banconote macchiate di inchiostro indelebile, in quanto
provenienti da rapine o furti a sportelli bancomat.
Tali
operazioni avverrebbero prevalentemente in area balcanica ove, grazie
all’utilizzo di reagenti chimici, sarebbe possibile smacchiare le banconote di
provenienza illecita. L’azione dei prodotti chimici utilizzati, avrebbe però
come conseguenza il danneggiamento degli ologrammi impressi sulle banconote,
rendendone, quindi, necessaria la sostituzione.
Peraltro,
il LJIATIFI, sino a poco tempo addietro, si sarebbe fornito di ologrammi a
Napoli, ove però al momento il canale di fornitura parrebbe essersi interrotto.
Il
LJATIFI palesava, quindi, la necessità di trovare detti ologrammi e ricercava
nuovi canali per procurarseli, attivandosi in tal senso anche in occasione di
un suo viaggio in macedonia avvenuto nell’ottobre 2017.
Proprio
per reperire detto materiale, LJATIFI ha coinvolto all’interno del sodalizio
anche TORRES Gabriele, MORELLO Salvatore e TINNIRELLO Francesco, tutti con il
compito di trovare ingenti quantitativi di ologrammi, necessari a riciclare
alcuni milioni di euro in banconote, già smacchiate e tuttora custodite in area
balcanica.
Il gruppo composto da LJATIFI Fatmir, GIANGROSSO Giuseppe,
NIKCI Denis e DOBJANI Luan, ha anche creato, utilizzando sofisticate
procedure finanziarie, una struttura criminale finalizzata a riciclare ingenti
liquidità provenienti da Hong Kong, da far transitare in conti bancari italiani
ed europei, per essere riciclati.
Il sistema utilizzato dal gruppo criminale sopra citato si
chiama EBICS (Electronic Banking Internet Communication
Standard) uno standard di sicurezza e di comunicazione bancaria europeo, che
viene utilizzato principalmente per il trasferimento remoto dei dati, ad
esempio per le transazioni di pagamento capitali, tra un'organizzazione e una
banca.
Il protocollo contiene capacità per più banche, che consente ai
clienti aziendali, nei paesi che hanno adottato EBICS, di effettuare
transazioni con qualsiasi banca utilizzando lo stesso software.
La struttura criminale investigata ha tentato di riciclare ingenti
capitali illeciti con il citato sistema EBICS, sfruttando la compiacenza di non
meglio individuate aziende del nord est d’Italia, in contatto con DOBJANI Luan,
stanziale nel Friuli Venezia Giulia, e la competenza in materia di NIKCI Denis,
albanese trapiantato da tempo in Germania.
c. Il
riciclaggio dell’oro.
REXHEPI Driton, attraverso la complicità di LJATIFI Fatmir e di
altri soggetti non individuati, si è adoperato per riciclare 10 chilogrammi di
oro, in parte già fuso in lingotti e in parte ancora composto da monili,
provento di furti e rapine e custodito, in località non nota, in provincia di
Sondrio.
Il REXHEPI, infatti, dimorando in quel capoluogo, è in contatto
con un gruppo di soggetti sia italiani che slavi, verosimilmente dediti in
maniera sistematica a reati predatori.
Egli, quindi, ha avuto il compito di riciclare il provento di tali
delitti attraverso i suoi canali, costituiti dalla struttura criminale di cui è
membro, ottenendo di ricollocare l’oro anche a Palermo, attraverso l’opera di
LJATIFI e GIANGROSSO.
Il
gruppo criminale transnazionale composto da LJATIFI, REXHEPI Driton,
DOBJANI Luan, AMETI Uran e NIKCI Denis, unitamente ad altri soggetti, sono
stati protagonisti di una vasta, complessa e articolata trattativa finalizzata
a riciclare una rilevante partita di diamanti di sicura provenienza illecita
per un valore di circa 11 milioni di euro.
La
vicenda è emersa per la prima volta nel settembre del 2017,
allorquando veniva intercettata una conversazione all’interno
dell’autovettura di LJATIFI, fra questi e GIANGROSSO Giuseppe.
Si
comprendeva che LJATIFI era stato contattato da alcuni soggetti kosovari che lo
avevano invitato a recarsi in quello Stato per trattare la compravendita di
una ingente partita di diamanti, di sicura provenienza illecita in
quanto trafugati dal territorio elvetico.
Il
compito di LJATIFI era quello di reperire dei compratori, già individuati in
alcuni facoltosi cittadini operanti a Bruxelles, in contatto con alcune persone
di sua fiducia dimoranti in Turchia e in Svizzera.
Il
6 ottobre 2017 LJATIFI partiva, da solo, alla volta del Kosovo. Giunto in area
balcanica, incontrava REXHEPI Driton e, con questi, intavolava una complessa
trattativa per acquistare un’ingente partita di diamanti, detenuta da un gruppo
di kosovari rappresentati da Driton REXHEPI.
LJATIFI,
da parte sua, fungeva da emissario di un gruppo di compratori turchi,
individuati grazie all’opera di NIKCI Denis che, dalla Germania, era in
contatto con facoltosi e non meglio identificati uomini d’affari.
Le
complesse trattative finalizzate alla compravendita dei preziosi si arenavano,
ma, di converso, si aprivano nuovi scenari in quanto LJATIFI, in Kosovo, aveva
incontrato AMETI Uran, un cittadino macedone esperto nel settore, con il quale
poneva le basi per l’acquisto di un’altra partita di diamanti, questa volta
detenuti in Svizzera.
Nel corso delle indagini è emersa anche la grave circostanza che
LJATIFI Fatmir si è occupato di commerciare armi da guerra.
Infatti, è stato documentato che l’indagato è in possesso di armi
corte e lunghe da guerra (kalashnikov) nonché alcune bombe,
parte delle quali ha recentemente venduto a dei soggetti in area balcanica. Uno
di tali soggetti è ricercato dalle autorità macedoni, in quanto combattente del
gruppo paramilitare “Nuovo UCK”, protagonista di un sanguinoso attacco
armato, avvenuto nel 2015 nella cittadina macedone di Kumanovo.
Soprattutto tale ultima circostanza, connota tutta la pericolosità
della struttura criminale e del LJATIFI in particolare.
IL CONTROLLO DI LJATIFI
Il 4 novembre 2017 LJATIFI Fatmir faceva rientro in Italia, a
bordo della sua autovettura, dopo il suo viaggio in Kosovo e Macedonia.
In tale data, nei pressi dello svincolo autostradale di Villabate,
i Carabinieri fermavano e controllavano l’autovettura condotta da LJATIFI
Fatmir.
In esito alla perquisizione, veniva acquisita documentazione di
interesse e venivano sequestrati i telefoni cellullari e le schede sim nella
disponibilità del macedone.
Gli esiti della perquisizione consentivano di effettuare
significativi riscontri in relazione al traffico di armi ed al riciclaggio di
diamanti e di soldi provento di furti e rapine.
Infatti, venivano rinvenute sia numerosi documenti informatici
riguardo ai contatti intrattenuti da LJATIFI in terra balcanica, nonché
immagini e video ritraenti i diamanti oggetto della trattativa, il danaro
macchiato di inchiostro e le armi commerciate all’estero dal macedone.
I CONTATTI CON COSA NOSTRA CATANESE
Il 16 novembre 2016, il 27 settembre e il 20 ottobre 2017,
venivano documentati tre distinti incontri riservati (due dei quali avvenuti
presso l’Outlet Village di Dittaino e uno a Palermo) fra Giuseppe GIANGROSSO,
Fatmir LJATIFI e un soggetto inserito nel contesto mafioso di Adrano (CT), in
quanto coinvolto in varie vicende giudiziarie per associazione mafiosa, rapina,
traffico di stupefacenti e di armi. Nel corso dell’incontro del 16 novembre
2016, avvenuto a Dittaino, è stato anche identificato un nipote del noto
capomafia di Belpasso, Giuseppe PULVIRENTI detto “u malpassotu”.
INDAGATI
SOTTOPOSTI A FERMO
1. LJATIFI
Fatmir,
nato a Skopje (Macedonia) il 27/09/1971, residente a Bolognetta (PA), via
Giotto nr.1;
2. MAPELLI
Franco nato
a Gravedona (Como) il 30/06/1970, ivi residente in via Amorati n.4.
3. MAPELLI
Tiziano Moreno, nato a Bellano (Como) il 27/12/1966, residente Dongo (Como) in
via Amorati n.4;
4. GIANGROSSO
Giuseppe,
nato a Roccamena (PA) il 04.12.1957, residente a Palermo in via Cruillas nr.
73/A;
5. TINNIRELLO
Francesco,
nato a Palermo il 31.07.1963, ivi residente in Cortile Badalamenti n.8;
6. MORELLO
Salvatore,
nato a Palermo il 30.05.1987, residente a Bolognetta (PA), in via Giuseppe
Ferrara n.11;
7. TORRES
Gabriele,
nato a Palermo il 17.06.1988, ivi residente in via Giulio Verne n.4;
8. VITELLARO
Dario,
nato a Palermo il 06.08.1974, ivi residente in Viale Regione Siciliana n. 1325
scala A;
9. DOBJANI
Luan, nato
a Cavaje (Albania) il 29.3.1983, dimorante a Pravisdomini (PN);
10. VERSHEVCI
Xhemshit,
nato a Sllkoc (Kosovo) il 06/12/1970, residente a Delebio via Quadrio Maurizio
n. 5.
TINNIRELLO FRANCESCO |
TORRES GABRIELE |
VERSHEVCI Xhemshit |
VITELLARO DARIO |
GIANGROSSO GIUSEPPE |
DOBJANI LUAN |
MAPELLI TIZIANO MORENO |
MAPELLI Franco |
MORELLO SALVATORE |
Quello
odierno costituisce un importante risultato operativo. In primis, i
vertici della struttura criminale oggi sgominata, operanti nella provincia di
Palermo, hanno dimostrato di possedere concrete e pericolosissime capacità di
relazione con cosa nostra e con pericolosi elementi legati al gruppo
paramilitare denominato Nuovo UCK, operante in area balcanica. Proprio tale
circostanza, accertata nel corso delle indagini, ha costituito l’elemento più
allarmante e degno di approfondimento.
Inoltre, mi
preme evidenziare come, ancora una volta, da un input informativo
proveniente da una Stazione Carabinieri si sia poi sviluppata, in sinergia con i reparti info-investigativi
dell’Arma, un’indagine transnazionale che ha permesso di portare
alla luce un’associazione per delinquere dai molteplici interessi criminali:
dal traffico di clandestini al riciclaggio di danaro, dai diamanti alle armi da
guerra. La Stazione
Carabinieri - quale secolare caposaldo della struttura territoriale dell’Arma
ed efficace presidio di legalità e controllo
del territorio - costituisce punto di riferimento per recepire e sostenere le
istanze del cittadino.
Ancora,
altro dato che vorrei rimarcare, è il perfetto coordinamento tra l’Arma e le
forze di Polizia e le Magistrature straniere (cui rinnovo la mia gratitudine)
che hanno collaborato lungo tutto lo sviluppo dell’indagine al fianco
dei Carabinieri di Palermo, costituendo fattore determinante per il
risultato operativo conseguito.
Ringrazio,
infine, i miei Carabinieri per la professionalità dimostrata e per la capacità
di adattarsi alle molteplici situazioni operative e territoriali.
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