La M4 Milano-Linate |
PIERO COLAPRICO
Viaggio nella metropolitana che unirà la città
all’aeroporto. Quindici chilometri e 21 fermate. L’intera tratta sarà
pronta nell’estate 2023
MILANO - La stazione metro di Linate? Adesso esiste. Anche i
tunnel sono pronti. Le rotaie già posate. Sui gradini che portano in
superficie, c’è persino il posto per il corrimano.
Da meno dodici metri sotto il livello della strada vediamo per la prima
volta, dopo due chilometri e 800 metri di gallerie, la lama gialla del sole
d’estate. Tanto eravamo abituati al rumore dell’aria pompata nei cunicoli, e
alla cadenza ipnotica dei fari, che a non sembrare naturale per un attimo sono
loro, la luce e il cielo.
Ci avviciniamo a una sorta di baratro. Un parallelepipedo sghembo,
affollato di operai con caschetto: è qui che caleranno, dall’alto, con una gru,
i primi treni, che si stanno costruendo senza pause negli stabilimenti di
Reggio Calabria. Verranno portati a bordo di Tir e montati quaggiù. Il milanese
e il turista che stanno lassù, accanto alle automobili, talvolta brontolano, e
forse non capiscono il senso di questa nuova trasformazione alla milanese.
Sono però molti di più i curiosi.
Girano intorno ai cantieri sparsi lungo la linea, che parte dalle periferie
di Buccinasco, passa dal Naviglio, avanza sino al centro più centro di
Sant’Ambrogio, di San Babila e di piazza Cinque Giornate, per raggiungere il
confine opposto, Linate. Tutte le volte che le transenne si spostano e le
gigantesche “talpe elettromeccaniche” si mostrano nella loro intelligenza
metallica da Transformers, eccoli a centinaia, a migliaia, mettersi in coda e
vedere, sapere, fotografare.
Entriamo nella pancia di cemento della futura M4. La linea blu: sopra di
noi, lungo viale Forlanini, sgomma il bus numero 73, noi seguiamo il percorso
sotterraneo della futura flotta di quarantasette treni senza conducente, lunghi
48 metri, capaci di portare 536 persone.
Qui funzioneranno nel gennaio 2021. Come una sorta di antipasto dell’estate
2023, quando tutto la M4 sarà in funzione. Siamo saliti su Wdagrto0565y,
che non è una folle password, ma la sigla di un carrello color mais. In sei non
ci stiamo larghi, ma essere i primi estranei a viaggiare sotto terra da e per
Linate val bene qualche gomitata. Due colpi di clacson, con la doppia eco che
rimbalza nei tunnel, e si parte. L’elegante gessato di Guido Mannella,
responsabile di Salini Impregilo, e la camicia bianca immacolata di Massimo
Lodico, di Astaldi, spiccano ancor di più sotto i giubbotti di sicurezza.
Sono due entusiasti: «Io — dice Mannella — ho fatto la galleria del raccordo
anulare di Roma, erano 80 centimetri al giorno, adesso queste che voi chiamate
talpe, le Tbm, avanzano al ritmo di diciotto, venti metri al giorno».
«Sono macchine lunghe cento metri — aggiunge Lodico — che lavorano
ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, con intorno ottanta
persone, con il nastro trasportatore per lo smarino».
«Sì, chiamiamo così, smarino, i detriti. Arrivano al pozzo di
estrazione del cantiere di Forlanini dopo aver percorso otto chilometri su
nastro», dice ancora Mannella. «E quindi i camion non vanno in giro per la
città», chiosa Lodico. Gli uffici stampa insistono nello spiegare le
complessità degli azionariati di M4spa, Metro blu scrl, e ognuno tiene alta la
bandiera aziendale. Il Comune, proprio ieri, parlava di costi in più per i
ritardi pari a 65 milioni, tra stop per ragioni archeologiche, bonifiche e
litigi con le aziende del telefono e i loro cavi sotterranei. Ma quando si
lavora al di sotto della crosta terrestre, dove Lodico e Mannella, gli
incontrastati signori delle talpe, si sviluppano altri pensieri: «Quello, lo
vede? È il famoso giunto di concio, che serve per il principio dell’anello
universale».
Niente fantasy alla Tolkien, la cosiddetta talpa scava e inietta nel
terreno un po’ di schiuma, come quella da barba. Quindi i detriti diventano
come pasta dentifricia e «mentre vengono rimossi, gli stantuffi spingono tutti
insieme i sette anelli di cemento. In questo modo, mentre si scava, si avanza e
si costruisce il tunnel grazie agli anelli di cemento, uguali, larghi un metro
e quaranta, ma ce n’è uno diverso, il giunto. La macchina sa già, grazie al
computer, dove dovrà posizionarlo, perché il tunnel cambia, ci sono curve,
salite, discese, il concio è tutto».
E noi, che seduti nel metrò, poco o nulla ne sapevamo. A portarci sul
carrello sono stati due operai, piemontesi di Bistagno, paese vicino ad Acqui
Terme. Il più giovane e tatuato, quando si ferma alla stazione Forlanini, non
resiste: «Ma, ingegnere, è vero che avete posto in un cantiere a Honolulu?
Anche se io, dopo tante gallerie, preferirei una piattaforma petrolifera».
La Repubblica, 12 luglio 2018
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