Il Ponte S. Marco a marzo dell'800 |
di CALOGERO RIDULFO
Il 6 settembre del 1325 l’Università di Corleone, costituita dalle
persone più rappresentative di questa terra,
si riunivano nella chiesa di san Martino, loro sede ufficiale, per decidere e
deliberare sulla realizzazione di un’opera infrastrutturale strategica per lo
sviluppo di Corleone, che le avrebbe consentito di aprirsi al mondo esterno: il
ponte di san Marco. Nel momento di massima espansione demografica, in questa
fase Corleone era il quarto o quinto centro abitato più grande di Sicilia, la
sua classe dirigente decideva di porre in essere un snodo cruciale per superare
l’isolamento dal quale la naturale conformazione del suolo l’aveva condannata,
limitando le sue potenzialità nel momento in cui iniziavano a svilupparsi
intensi traffici commerciali con importanti luoghi come Caltabellotta, Sciacca,
Trapani, Monte san Giuliano.
In quella sede i probi rappresentanti di Corleone nominavano il mercante Pietro de Pontecorono e il notaio Matteo
de Santo Petro sindaci per la fabbrica del nuovo ponte di san Marco. Verrà
costruito, in un breve arco di tempo, con il contributo sostanziale della
popolazione. L’architettura del manufatto riflette le influenze politiche del
tempo: ponte chiaramontano, cosiddetto a schiena d’asino, destinato a non
rimanere unico nel territorio, in poco tempo con la stessa tecnica verranno
costruiti i ponti di Busammara, oggi al Casale, di Piano di Scala, delle Due
Rocche; Corleone e il suo territorio in questo modo uscivano dall’isolamento.
Il Ponte S. Marzo oggi |
Il ponte di san Marco fu parte di un sistema
integrato di sviluppo che vide l’area recitare un ruolo importante nel quadro
delle relazioni sociali, economiche, produttive, religiose. Nello spazio
circostante ci stava l’importante omonima chiesa, la chiesa e il convento
carmelitano di santa Agata, due ospedali annessi agli edifici religiosi, un
mulino, alcuni stazzoni che producevano manufatti d’argilla; e quando, all’alba
del XV secolo, l’Università chiese e
ottenne autorizzazione da parte del re di impiantare a Corleone una grande
fiera, la scelta della location
ricadde proprio sul “chianu ri san Marcu”. La fiera divenne nel tempo una delle
principali del regno, durava 12 giorni e richiamava innumerevoli operatori da
ogni luogo di Sicilia e non solo, si registrarono presenze di altre città
italiane e persino qualche mercante catalano affrontava i rischi e le fatiche
di questo lungo e faticoso viaggio.
Le interconnessioni sviluppatesi nel tempo
servono a farci capire, se c’è in noi la disposizione, come possa
un’infrastruttura strategica costituire volano di sviluppo, e in questo senso
il ponte di san Marco, costruito 700 anni addietro, diventa paradigma e bussola
di navigazione. Purtroppo noi non possediamo sufficienti capacità di
apprezzamento, né dimostriamo rispetto per quanto i nostri avi hanno saputo
fare di buono, e così adesso ci ritroviamo questo prezioso testimone del
passato ridotto in pessimo stato di conservazione, costretto ad assistere alle
fasi agonizzanti di quella che fu la maestosa chiesa di san Marco, a vedersi
minacciato dal cedere del suolo a pochi metri di distanza, ad assistere
disilluso ai proclami elettorali di improvvisati aspiranti amministratori che
ad ogni campagna elettorale promettono di valorizzare l’area.
Dopo le disastrose risultanze dell’ultima legislatura,
apertasi con la promessa – favolosa – di messa in sicurezza e valorizzazione
della chiesa di san Marco, e chiusasi nel modo che sappiamo, c’è da augurarsi
che nessun aspirante amministratore della prossima fase elettorale, che sembra
alle porte, osi affrontare con leggerezza questo argomento, che sembra di
secondaria importanza rispetto ai tanti temi sociali che la nostra comunità è
chiamata ad affrontare, ma che in realtà attiene e si lega con l’insieme di una
realtà complessa. Chi sarà chiamato ad amministrare questa cittadina in crisi
di identità, tenga conto che la manutenzione, la gestione, la conservazione, la
valorizzazione del territorio comunale è il suo compito più importante: sarebbe
un buon segno e un buon inizio se si adoperasse per la rimozione, in tempi
ragionevoli, delle transenne che deturpano quello che fu un tempo un importante
polo di sviluppo; e guardasse con il giusto rispetto il trecentesco ponte di
san Marco, perché in nessun paese moderno le testimonianze storiche del passato
vengono bistrattate così come da noi.
Calogero Ridulfo
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