ANTONIO MOSCHITTA
Per
chi non lo sapesse io lavoro al cup dell’asp Palermo. A Corleone c’è un centro
di accoglienza per immigrati. Stamattina è venuto allo sportello un ragazzo di colore del
suddetto centro, per prenotare una visita specialistica. Dopo avergliela prenotata gli ho chiesto se mi poteva
dedicare 5 minuti perché volevo parlare con lui. Mi ha detto “con piacere”. Sono uscito dallo sportello, mi sono avvicinato e gli ho
chiesto: “Scusa la domanda, ma mi piacerebbe per una volta chiederlo direttamente al diretto interessato: perché sei scappato dal tuo
paese? E perché sei venuto qui in Italia?”
Lui non parlava bene l’italiano ma si faceva
capire. Mi ha detto “io amo il mio paese. Lo sogno tutte le notti. Li ho mio
padre e mia madre e mi mancano tanto. Ti dovrei spiegare come si vive lì per tu
capire il perché molta gente come me cercano in tutti i modi per raggiungere
l’Europa. Ma non lo capiresti. Dovresti andarci e viverci per rendertene conto.
Io ora sono in Italia e non so che fine farò. Se starò qui. Se mi porteranno
nel mio paese. Se in un altro stato europeo. Quello che so è che speravo di
avere un futuro invece non so neanche se domani mattina sarò qui o altrove. Io
volevo solo vivere, lavorare, farmi una famiglia ed avere dei figli. Non ho
nulla e penso che non avrò mai nulla. Ed ho solo 26 anni. Ti ringrazio che stai
parlando con me. Era da più di un mese che non parlavo con un bianco a parte il
ragazzo che ci aiuta nel centro di accoglienza”. L’ho salutato e gli ho detto che qualche giorno lo andrò a prendere per un gelato insieme. Mi ha sorriso e mi ha detto “Je t'attends” (si scrive così? Il francese non è il mio forte).
(Dal profilo Facebook di A. Moschitta)
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