FEDERICO CAPURSO
Un’azione di «mail-bombing» lanciata in Rete per contestare la nota in cui
si invitava le navi delle Ong a «rivolgersi a Tripoli per richiedere soccorso»
Centinaia e centinaia di mail di protesta hanno invaso la casella postale
del sito della Guardia costiera italiana. Così tante da mandarlo in tilt. E
tutte le lettere recano la medesima preghiera: «Richiesta di immediato
ripristino delle operazioni di soccorso in mare nei riguardi delle navi Ong». (ANCH'IO HO SCRITTO ALLA GUARDIA COSTIERA)
Un’azione di «mail-bombing», così viene chiamata nel gergo del web,
lanciata in Rete per contestare la nota, pubblicata ieri, con cui la Guardia
costiera invitava le navi delle Ong a «rivolgersi a Tripoli per richiedere
soccorso». Il dissenso viene veicolato dagli hashtag #saveisnotacrime e
#apriteiporti, che in breve tempo proliferano sui social. Tutto avviene tra
Facebook e Twitter, passando per Whatsapp, lontano dalle piazze. E così, nel
giro di poche ore, il server della Guardia Costiera viene sovraccaricato.
«La Guardia Costiera italiana - si legge nel corpo della mail - ha
sempre svolto in questi anni importanti operazioni di soccorso in mare portando
in salvo migliaia di persone, operando anche al limite delle acque libiche. Ci
chiediamo perché oggi delegando alla Libia, Paese con Governo instabile, non in
grado di garantire i diritti fondamentali dell’uomo e ancora priva di una
Centrale operativa nazionale di coordinamento degli interventi di soccorso in
mare, il vostro Corpo, pur eseguendo un comando, intenda vanificare
l’importante operato fin qui svolto e contravvenire alla Convenzione Sar
siglata ad Amburgo nel 1979 ed alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto
del mare (Unclos) del 1982». «Ricordiamo – conclude la lettera - che in base ai
dati forniti dall’UNHCR sono già più di mille i migranti morti nel Mediterraneo
(nel 2018, ndr), di cui ben 220 persone tra il 19 ed il 20 giugno».
LA STAMPA, 24/06/2018
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