sabato, giugno 16, 2018

Caporalato, Centinaio e Salvini: “Legge Martina va cambiata”. Ma ha permesso di fermare 360 imprenditori fuori legge


Per i due ministri è necessario rivedere la norma introdotta nella scorsa legislatura. Il vice-premier: "Complica, non semplifica". Flai-Cgil: "Non è persecutoria, leggano la parte preventiva". Il sociologo Omizzolo: "Ha avuto il merito di far venire alla luce molte situazioni sommerse". Le novità: inasprimento degli strumenti penali, prevista la confisca dei beni e l’arresto in flagranza anche ai datori di lavoro
Secondo il ministro per le Politiche agricole, il leghista Gian Marco Centinaio “la legge sul caporalato va decisamente cambiata”. Una posizione espressa anche dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che, del testo entrato in vigore il 3 novembre 2016, ha detto: “Invece di semplificare complica”. Ma quali effetti ha prodotto la legge sul caporalato? La segretaria generale Flai Cgil Ivana Galli, dopo le dichiarazioni di Centinaio, ha invitato il ministro a leggere la legge 199 senza pregiudizi, definendola una norma “non persecutoria” e sottolineando che va però applicata non solo sotto il profilo della repressione del fenomeno, ma anche per quanto riguarda “la parte preventiva, che parla di misure su collocamento e trasporti”.
Aspetti che oggi rappresentano la forza di caporali e imprenditori disonesti che proprio a loro si rivolgono. La pensa così anche Marco Omizzolo, sociologo della cooperativa ‘In Migrazione’, che ha denunciato lo sfruttamento dei migranti nei campi e per questo è stato più volte vittima di intimidazioni. “Cambiare totalmente la legge – ha detto a ilfattoquotidiano.it – significherebbe tornare a una situazione come quella che c’era prima del 2016, quando il padrone pagava un euro e 50 centesimi per 14 ore di lavoro al giorno, riducendo in schiavitù chi non aveva strumenti per ribellarsi. Questa legge ha avuto il merito di far venire alla luce molte situazioni sommerse”.
LE PAROLE DEL MINISTRO – Secondo il ministro la legge 199 ha delle lacune. “Vogliamo capire –  ha dichiarato – i punti di debolezza e modificarli il prima possibile”. Per Centinaio la prova che il testo approvato nella scorsa legislatura non funziona è che “le bidonville sono rimaste e i caporali continuano a sfruttare le persone. Credo – ha aggiunto – che si debba aprire una riflessione con le associazioni dei produttori per capire che cosa non va e che cosa c’è da cambiare”.
LE NOVITÀ INTRODOTTE DALLA LEGGE – La legge Martina-Orlando è stata approvata il 18 ottobre 2016 in via definitiva con 336 voti a favore, nessuno contrario e 25 astenuti(Forza Italia e Lega). Le novità? In primis l’inasprimento degli strumenti penali, con la previsione della confisca dei beni(esattamente come per le organizzazioni criminali mafiose) e dell’arresto in flagranza non solo ai caporali, ma anche ai datori di lavoro consapevoli dell’origine dello sfruttamento. Sono previsti fino a 6 anni di carcere che possono diventare 8 in caso di violenza o minaccia e multe da 500 a mille euro per ciascun lavoratore reclutato. Il Codice penale del 2011 indicava alcuni elementi specifici che stabilivano lo sfruttamento, come la presenza di violenze, minacce o intimidazioni, oggi non più necessari perché si configuri il reato. La nuova legge prevede, inoltre, il controllo giudiziario sull’azienda con l’obiettivo di non interrompere l’attività agricola. Per la prima volta, inoltre, sono state estese le finalità del Fondo antitratta anche alle vittime di caporalato. La legge ha previsto anche il rafforzamento della rete del lavoro agricolo di qualità e il coinvolgimento delle amministrazioni statali nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo. Oggi, fra le altre cose, la Flai Cgil chiede proprio di “valorizzare le sperimentazioni in atto con l’istituzione delle sezioni territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità”
LA LEGGE FRA SOSTENITORI E DETRATTORI –“All’approvazione della legge – ricorda Marco Omizzolo – si è arrivati anche grazie alla spinta di alcuni episodi di cronaca, come lo sciopero che a Latina ha portò in piazza circa 4mila braccianti indiani per protestare contro lo sfruttamento del loro lavoro nei campi e la morte di Paola Clemente, bracciante agricola di 49 anni di San Giorgio Jonico (Taranto), avvenuta il 13 luglio 2015”. Fu colpita da un malore dopo due ore di lavoro sotto un tendone rovente, a separare i chicchi più piccoli dai grappoli d’uva. L’iter si accelerò e si arrivò all’approvazione. “Lo Stato risponde in maniera netta e unita contro il caporalato con questa nuova legge attesa da almeno cinque anni”, dichiarò l’allora ministro dem Martina. La Lega si astenne ed è sempre stata molto critica con il testo, tanto che quando a dicembre 2017 Matteo Salvini ha fatto visita a Castel Volturno (Caserta) a caccia di caporali, via Twitter è arrivata la frecciatina dell’allora vicesegretario del Pd Martina: “Salvini si è però dimenticato di spiegare perché la Lega non ha votato la legge contro il caporalato”. Il Movimento 5 Stelle, invece, ha sempre collaborato per arrivare a quell’approvazione. Tuttavia, i deputati del M5S delle Commissioni Giustizia e Lavoro hanno da subito definito il provvedimento “il primo passo di un lungo percorso” sottolineando “i tanti aspetti che andavano potenziati, dai trasporti per raggiungere il luogo di lavoro in mano ai caporali agli alloggi dignitosi”. Insomma, che la questione fosse tutt’altro che chiusa era facilmente intuibile.
GLI EFFETTI DELLA LEGGE – Ma quali sono stati, allora, gli effetti della legge? È uscito a febbraio 2018 il rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. I dati emersi nel dossier si prestano a una prima significativa analisi sugli effetti dell’entrata in vigore della legge 199/16 e del protocollo “Cura legalità uscita dal ghetto” dello stesso anno: nelle ispezioni effettuate nel 2017 sono stati individuati 5.222 lavoratori irregolari, di cui 3.549 in nero, con un tasso d’irregolarità del 50%. L’attività di polizia giudiziaria, inoltre, ha permesso di individuare 387 lavoratorivittime di sfruttamento in agricoltura. Sono stati emessi 360 provvedimenti di sospensione di attività imprenditoriali, 312 dei quali sono stati revocati a seguito di regolarizzazione. Come sottolineato dalla segretaria generale della Flai Cgil Ivana Galli questo dimostra che la legge, “oltre all’azione repressiva, ha anche favorito percorsi di regolarizzazione”. Un’analisi condivisa da Omizzolo: “La legge viene applicata eccome e in provincia di Latina c’è la maggiore percentuale di arresti tra caporali e datori di lavoro. La norma funziona dove c’è collegamento tra gli operatori del territorio”. Diversi i casi anche in Sicilia: “Nei giorni scorsi sono stati salvati sia italiani che migranti: condividevano la stanza con maiali e pecoreL’ultimo caso, sempre in Sicilia, riguarda braccianti pagati 3 euro l’ora e tenuti a pane e acqua”. Ma questi casi sono emersi solo grazie alla legge? “Intanto il legislatore ha capito che c’è un rapporto tra caporale e datore di lavoro – spiega il sociologo – e poi il testo prevede il sequestro e la confisca, quindi viene nominato un curatore giudiziario che amministra il bene che quel datore di lavoro non è capace di gestire in modo legale”. L’effetto? Le regolarizzazioni come strada obbligata. Non solo. “Prima della legge – aggiunge – per me era impossibile aprire un tavolo di concertazione con il datore di lavoro, mentre oggi lo facciamo perché abbiamo uno strumento forte in mano”.
COSA C’È DA FARE – Quali sono le cose migliorabili? “Ha ragione il sindacato: l’aspetto preventivo, perché dobbiamo fare in modo che il lavoratore non entri proprio nel giro dello sfruttamento. Devono lavorare meglio gli uffici di collocamento, gli ispettori del lavoro sono troppo pochi e bisogna attuare la riforma della grande distribuzione organizzata per liberare produttori e lavoratori dal gioco del prezzo imposto”. Poi ci sono i mercati. “Serve una grande riforma dei mercati ortofrutticoli – spiega Omizzolo – perché dal mercato Fondi a Latina, fino a quello di Vittoria in Sicilia e a quello di Milano c’è da fare un lavoro di trasparenza, mentre oggi hanno una gestione opaca e, in alcuni casi, la presenza delle mafie è rilevante”. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto di Flai Cgil, risalente a due anni fa, parla di 450mila persone all’anno, solo nel settore agricolo, che vivono in condizioni di sfruttamento lavorativo e disagio abitativo. Di queste 100mila in condizioni di schiavitù. “L’80 per cento è rappresentato da stranieri – conclude Omizzolo – ma gli altri 20mila, vorrei dire a Salvini – sono cittadini italiani”.
Il Fatto Quotidiano, 15 giugno 2018

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