Mario Balotelli |
Elena Stancanelli
È necessario mantenere l’attenzione viva e il dissenso in piena
efficienza, per continuare a dire cose semplici: che gli esseri umani sono
uguali, i diritti non si toccano, il razzismo non è accettabile.
Ieri questa semplicità era nelle parole di un calciatore spesso
indisciplinato e un cantante pop. Balotelli e Tiziano Ferro hanno risposto a
due ministri di questo Paese opponendo buonsenso e intelligenza. Posizioni
condivise, probabilmente, da molti elettori dei due partiti di governo. La
torbida, disgustosa, prona obbedienza di cui parla Vasilij Grossman
in Vita e destino è certamente il clamoroso gesto di delazione,
prerogativa di individui mostruosi, l’affiliazione, l’adunata. Ma anche, e
nella maggior parte dei casi, poco più di una distrazione, nella quale rischia
di incorrere chiunque.
Quando chi governa sceglie con tanta esattezza nemici, linguaggio, armi, i
cittadini devono essere più vigili, per non diventare complici. Anche perché a
certi toni siamo ormai abituati. Salvini grida da sempre, è la sua cifra
“politica”.
Ha gridato così tanto che non è una notizia sentirlo gridare un’altra volta
contro i migranti. Ma adesso grida da un’altra posizione, è ministro
dell’Interno e noi non siamo gli utenti della sua pagina Facebook, non siamo
spettatori delle sue performance in tv. Noi siamo cittadini del Paese che gli
ha affidato una delle cariche politiche più importanti, lui è ministro del
nostro governo, lavora per noi. Posizione dalla quale le sue parole hanno, o
almeno dovrebbero avere, conseguenze assai più serie di un rissa sui social.
Così come il ministro della Famiglia e Disabilità, il leghista Fontana,
convinto che per alzare la natalità la ricetta sia rendere più difficile
l’aborto, o impedire le unioni tra persone dello stesso sesso. Ribadire l’ovvio,
combattere per mantenere le posizioni acquisite, per non far affondare
l’intelligenza e la razionalità è una fatica, che richiede un esercizio di
concentrazione costante. Tanto che spesso ci dividiamo i compiti. Lasciamo che
sia chi ne subisce in prima persona le ingiurie, a rispondere. Risponde appunto
Balotelli, a chi grida che è «finita la pacchia» per chi arriva in Italia
rischiando la vita, costretto poi a condurre esistenze infernali e senza
tutele. La pacchia.
Smettiamo il razzismo, comportiamoci come le altre nazioni europee più
civili, dice il calciatore, indicando quella soglia minima di civiltà che non
dovrebbe essere mai oltrepassata. Risponde Tiziano Ferro a chi, come il
ministro Fontana, spiega che le Famiglie Arcobaleno non esistono.
“Non voglio supporto, vorrei solo smettere di sentirmi invisibile”, scrive
su Instagram il cantante. È un peccato, bisognerebbe che fossero gli altri a
combattere per te. Gli uomini dovrebbero essere femministi, le unioni civili
tra persone dello stesso sesso dovrebbero difenderle quelli a cui non servono,
e tutti dovremmo gridare, questa volta sì, che il razzismo è una barbarie. E
soprattutto dovrebbe farlo chi, come i rappresentanti eletti nel M5S, ha i
mezzi e il potere per rendere efficace il proprio dissenso.
Facciamo sempre finta che la politica sia una partita di dare e avere, ti
lascio dire cose insensate su un argomento che non mi interessa, così tu mi
darai la possibilità di fare ciò che voglio quando ti chiederò, ad esempio,
denaro per quel millantato reddito di cittadinanza, o l’appoggio per chissà
quale disinnesco di razionalità sulla tutela della salute. Ma per questo si è
disposti a diventare razzisti e omofobi?
È disposto il M5S ad avallare le posizioni della Lega, a farsene complice,
a costringere il proprio elettorato a quella torbida, disgustosa, prona
obbedienza?
La Repubblica, 4 giugno 2018
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