martedì, giugno 05, 2018

Balotelli e Ferro: LA FORZA DELLE PAROLE SEMPLICI

Mario Balotelli

Elena Stancanelli
È necessario mantenere l’attenzione viva e il dissenso in piena efficienza, per continuare a dire cose semplici: che gli esseri umani sono uguali, i diritti non si toccano, il razzismo non è accettabile.
Ieri questa semplicità era nelle parole di un calciatore spesso indisciplinato e un cantante pop. Balotelli e Tiziano Ferro hanno risposto a due ministri di questo Paese opponendo buonsenso e intelligenza. Posizioni condivise, probabilmente, da molti elettori dei due partiti di governo. La torbida, disgustosa, prona obbedienza di cui parla Vasilij Grossman in Vita e destino è certamente il clamoroso gesto di delazione, prerogativa di individui mostruosi, l’affiliazione, l’adunata. Ma anche, e nella maggior parte dei casi, poco più di una distrazione, nella quale rischia di incorrere chiunque.

Quando chi governa sceglie con tanta esattezza nemici, linguaggio, armi, i cittadini devono essere più vigili, per non diventare complici. Anche perché a certi toni siamo ormai abituati. Salvini grida da sempre, è la sua cifra “politica”.
Ha gridato così tanto che non è una notizia sentirlo gridare un’altra volta contro i migranti. Ma adesso grida da un’altra posizione, è ministro dell’Interno e noi non siamo gli utenti della sua pagina Facebook, non siamo spettatori delle sue performance in tv. Noi siamo cittadini del Paese che gli ha affidato una delle cariche politiche più importanti, lui è ministro del nostro governo, lavora per noi. Posizione dalla quale le sue parole hanno, o almeno dovrebbero avere, conseguenze assai più serie di un rissa sui social. Così come il ministro della Famiglia e Disabilità, il leghista Fontana, convinto che per alzare la natalità la ricetta sia rendere più difficile l’aborto, o impedire le unioni tra persone dello stesso sesso. Ribadire l’ovvio, combattere per mantenere le posizioni acquisite, per non far affondare l’intelligenza e la razionalità è una fatica, che richiede un esercizio di concentrazione costante. Tanto che spesso ci dividiamo i compiti. Lasciamo che sia chi ne subisce in prima persona le ingiurie, a rispondere. Risponde appunto Balotelli, a chi grida che è «finita la pacchia» per chi arriva in Italia rischiando la vita, costretto poi a condurre esistenze infernali e senza tutele. La pacchia.
Smettiamo il razzismo, comportiamoci come le altre nazioni europee più civili, dice il calciatore, indicando quella soglia minima di civiltà che non dovrebbe essere mai oltrepassata. Risponde Tiziano Ferro a chi, come il ministro Fontana, spiega che le Famiglie Arcobaleno non esistono.
“Non voglio supporto, vorrei solo smettere di sentirmi invisibile”, scrive su Instagram il cantante. È un peccato, bisognerebbe che fossero gli altri a combattere per te. Gli uomini dovrebbero essere femministi, le unioni civili tra persone dello stesso sesso dovrebbero difenderle quelli a cui non servono, e tutti dovremmo gridare, questa volta sì, che il razzismo è una barbarie. E soprattutto dovrebbe farlo chi, come i rappresentanti eletti nel M5S, ha i mezzi e il potere per rendere efficace il proprio dissenso.
Facciamo sempre finta che la politica sia una partita di dare e avere, ti lascio dire cose insensate su un argomento che non mi interessa, così tu mi darai la possibilità di fare ciò che voglio quando ti chiederò, ad esempio, denaro per quel millantato reddito di cittadinanza, o l’appoggio per chissà quale disinnesco di razionalità sulla tutela della salute. Ma per questo si è disposti a diventare razzisti e omofobi?
È disposto il M5S ad avallare le posizioni della Lega, a farsene complice, a costringere il proprio elettorato a quella torbida, disgustosa, prona obbedienza?
La Repubblica, 4 giugno 2018

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