domenica, maggio 20, 2018

Verso il 23 maggio. Fiammetta Borsellino e i non-eroi di un’antimafia senza tifo né icone

Fiammetta e Paolo Borsellino

PIERO MELATI
Quanto la storia di una città può influire su un festival dedicato ai libri e alla cultura? E quanto libri e cultura possono incidere positivamente sui nodi più scottanti di una città? Fiammetta Borsellino sarà ospite della nona edizione di Una Marina di Libri (dal 7 al 10 giugno). Nel pomeriggio di venerdì 8, dal palco centrale dell’Orto botanico, si rivolgerà in assoluta libertà ai giovani di Palermo. Una presenza che noi di Marina avevamo cercato, prima che Fiammetta Borsellino confermasse con una lettera a Repubblica i suoi due incontri in carcere con i fratelli Graviano, indicati fra gli ideatori della strage di via D’Amelio. Una presenza la cui importanza, a maggior ragione, confermiamo oggi, alla luce di quegli incontri e delle loro non ordinarie implicazioni.

La famiglia Borsellino ha un destino che la lega profondamente alla città di Palermo. E forse, proprio per questo, è sempre chiamata a spezzare il quadro ordinario delle cose, a scuotere il quieto vivere, a disturbare il manovratore. Lo ha fatto il dottor Paolo Borsellino, pagando con la vita la sua opposizione a patti inconfessabili. Lo ha fatto la moglie Agnese, quando decise di testimoniare le ultime parole del marito. Lo ha fatto la sorella Rita, sparigliando spesso gli spettrali equilibri di una politica priva di valori. Lo ha fatto la figlia Lucia, ribellandosi alle trappole di governi regionali inquinati. Lo ha fatto il figlio Manfredi, quando difendendo pubblicamente la sorella Lucia spinse a un abbraccio irrituale e riparatore il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E da ultima lo ha fatto Fiammetta quando, intervenendo lo scorso anno durante la diretta tv da Palermo sul venticinquennale delle stragi del ’92, parlò pubblicamente per la prima volta, denunciando depistaggi e segreti istituzionali e rompendo d’improvviso e inaspettatamente gli altrettanto stanchi ritualismi delle cerimonie di Stato e dei dogmi dell’Antimafia.
Più volte, nelle scorse settimane, noi di Marina abbiamo parlato a lungo con Fiammetta Borsellino, in vista della sua presenza all’Orto botanico. E proprio mentre imparavamo a conoscerne la schiettezza, il coraggio e i valori, stava crescendo intorno a noi l’ultimo scandalo: l’affare Montante. Uno scandalo doppiamente inquietante. Non solo stava portando alla luce un sistema di potere occulto, con tanto di polizie e archivi segreti al suo servizio, che ha teleguidato più di un governo regionale. Ma, per giunta, un sistema occulto mascherato da Antimafia e celebrato ai più alti livelli dello Stato e dai principali “eroi” delle più audaci inchieste. A riprova di quanto quel sistema, almeno culturalmente, sia stato esteso e onnivoro come una piovra, trovando nel “protagonismo” l’altra gamba su cui camminare, quanto la prima poggiava sulla corruzione e le carriere.
I pericoli, di fronte alla naturale reazione di disgusto, sono enormi. Dopo la peste mafiosa che ha martoriato la Sicilia negli anni Ottanta, dopo le stagioni dei grandi processi e dopo la formazione di due sclerotizzati schieramenti sempre in guerra (“garantisti” e “giustizialisti”), oggi si scopre che nei palazzi del potere tutto è cambiato perché in verità non cambiasse proprio nulla. Se la mafia è parzialmente sconfitta o comunque inabissata, se tacciono pistole e bombe, è però arrivato il nuovo sistema di potere dell’Antimafia (la cosiddetta “Mafia dell’Antimafia”) a prendere il posto dei padrini.
Facile dunque, proprio alla vigilia di nuovi anniversari, non credere più in nulla e invocare solo lo smantellamento integrale dell’industria dell’Antimafia, disertando persino ogni appuntamento che coinvolga la memoria dei caduti.
Oggi non abbiamo bisogno di nuovi eroi. Non servono icone aggiuntive. Anzi. Sarebbe bene si facesse tutti un passo indietro. Ma non vogliamo neppure buttare via il neonato insieme all’acqua sporca. C’è piuttosto voglia di tornare a un impegno anche silenzioso e individuale, senza tifo da stadio, e a riti della memoria meno faraonici ma più sobri e incisivi. Per questo offriamo un contesto diverso dentro il quale dialogare anche su questi temi, un contesto come Una Marina di Libri non rituale e non abituale, fatto di volumi scritti, di oralità e di cultura. Siamo convinti che ogni nuovo sistema di potere illegittimo e occulto (fosse anche meno onnivoro di quello mafioso) abbia frenato lo sviluppo naturale delle energie liberatesi dal basso dopo gli anni della peste mafiosa.
Scuole, università, volontariato, realtà culturali hanno combattuto lotte impari e solitarie. Oggi, unendosi e parlandosi, potrebbero giocare un grande ruolo per farci volgere lo sguardo al futuro, senza rimanere ostaggi del passato. La battaglia di Fiammetta Borsellino, per avere giustizia e ottenere verità, batte il nostro stesso cammino.
L’autore è direttore del festival letterario “Una Marina di libri”
La Repubblica Palermo, 20 maggio 2018

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