Peppino Impastato |
di PIETRO SCAGLIONE
Nella notte del 9 maggio del 1978, mentre l’Italia era concentrata sul
rapimento del premier Aldo Moro, la mafia assassinò Peppino Impastato,
scrittore, poeta, giornalista ad honorem, candidato di Democrazia Proletaria e
fondatore di Radio Aut.
Seguì un lungo depistaggio, documentato dalla relazione della Commissione
parlamentare Antimafia nel volume “Anatomia di un depistaggio”, curato dal
senatore comunista Giovanni Russo Spena per la casa editrice “Editori Riuniti”.
Per tanti anni, Peppino Impastato fu considerato ingiustamente un “suicida” o
addirittura un “maldestro terrorista”.
Per fortuna, valorosi magistrati come il procuratore Gaetano Costa e il
consigliere istruttore Rocco Chinnici (anche loro martiri antimafia) si
opposero al depistaggio e alla campagna diffamatoria contro Impastato, convinti
sin dall’inizio che si trattasse di un delitto eccellente ai danni di un
coraggioso militante della sinistra e non di un suicidio o di un fallito
attentato. Sin dall’inizio, il Centro di documentazione di Umberto Santino e
Anna Puglisi lottò al fianco dei familiari (in primo luogo la madre Felicia
Bartolotta e il fratello Giovanni Impastato), degli amici (come il giornalista
Salvo Vitale) e dei compagni. Il medico legale Ideale Del Carpio fu un alleato
fondamentale nella ricerca della verità e dichiarò, durante un’assemblea del
maggio 1978, che le “tracce dell’esplosivo sotto il torace di Peppino erano la
prova dell’omicidio e della messinscena”.
Il caso Impastato fu riaperto nel 1996, grazie anche alla tenacia del PM
Franca Imbergamo (oggi sostituto procuratore della Procura Nazionale
Antimafia). La Corte d’Assise di Palermo, presieduta dal giudice Claudio
Dall’Acqua, condannò all’ergastolo – come mandante dell’omicidio - il boss di
Cinisi, Gaetano Badalamenti, soprannominato “Tano Seduto” da Peppino Impastato
durante la trasmissione “Onda Pazza” su Radio Aut.
Il personaggio di Impastato fu ben interpretato dall’attore palermitano
Luigi Lo Cascio nel celebre film “I Cento Passi” (regia di Marco Tullio
Giordana e sceneggiatura, tra gli altri, del giornalista Claudio Fava,
vicepresidente della Commissione Antimafia e figlio di un altro martire del
giornalismo, Pippo Fava).
Fino a pochi anni fa, molti erano convinti che il Centro Impastato di
Palermo (prima organizzazione ad occuparsi di mafia e antimafia nella storia
d’Italia) fosse stato fondato dopo l'assassinio di Peppino Impastato, l'eroico
fondatore di Radio Aut ucciso nel 1978. In realtà, il Centro siciliano di documentazione
sulla mafia nacque un anno prima, nell'autunno del 1977, su iniziativa del
sociologo Umberto Santino e della ricercatrice Anna Puglisi, ma fu intitolato
ad Impastato dopo l'omicidio.
Autore di importanti libri su mafia e antimafia, Umberto Santino fu il
promotore della prima manifestazione antimafia di massa, nei lontani anni
Settanta, a Cinisi e ideò il concetto di “borghesia mafiosa”, insieme allo
scrittore Mario Mineo (intellettuale dell’area del Manifesto e zio del senatore
Corradino Mineo, ex direttore di Rai News).
Nel 1972, il matrimonio rafforzò il sodalizio politico e intellettuale tra Umberto
Santino e Anna Puglisi, docente nella Facoltà di Matematica e figura
significativa della società civile siciliana.
La prima iniziativa pubblica del Centro siciliano di documentazione fu il
convegno nazionale dal titolo “Portella della Ginestra: una strage per il
centrismo”: tra i partecipanti anche lo storico Salvatore Lupo e il giudice
Giuseppe Di Lello (componente del Pool Antimafia di Palermo, insieme a Giovanni
Falcone, Paolo Borsellino e altri valorosi magistrati). La tesi degli
organizzatori era che la strage di Portella fosse finalizzata a “destabilizzare
per stabilizzare”: cioè finalizzata a rafforzare il sistema di potere in
funzione anticomunista e antisovietica, a fermare le lotte contadine e ad
impedire l’avvento del Blocco del Popolo e del Fronte popolare delle sinistre
socialiste e comuniste.
In contemporanea con la battaglia per la verità e
la giustizia sull’assassinio di Peppino Impastato, il Centro siciliano di
Documentazione si impegnò al fianco dei poveri, dei disoccupati e dei senza
casa. Tra i compagni di lotta, sia la sinistra extraparlamentare, sia il
cattolicesimo sociale e progressista (con i sacerdoti di frontiera e i laici).
Nel
corso della sua quarantennale attività, il Centro Impastato ha allestito una
ricca biblioteca (con 7600 volumi), un’emeroteca (con oltre 200 testate
giornalistiche) e un archivio specializzati sulla mafia e altre forme di
criminalità organizzata; ha prodotto studi e ricerche, bibliografie e materiali
di documentazione; ha svolto attività di informazione e di educazione nelle
scuole e in istituti universitari, in Italia e all’estero; ha promosso
iniziative di mobilitazione e di aggregazione sociale. Il Centro Impastato si è
impegnato anche nel movimento per la pace, contro la “globalizzazione
neoliberista” e per “una globalizzazione della partecipazione democratica e dei
diritti umani”.
Un
altro punto di riferimento per la famiglia Impastato, per la Cinisi che resiste
e per l’impegno civile è “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”, nata nella primavera del 2005 a partire
dalla necessità di diffondere la verità e chiedere giustizia.
La
Casa Memoria è presieduta da Luisa Impastato, figlia di Giovanni e nipote di
Peppino e di Felicia. Luisa parla con orgoglio dello zio e della nonna: “Non ho conosciuto Peppino, io sono nata
nell'87. Ma sono cresciuta con mia nonna Felicia, che si è impegnata
quotidianamente nel coltivare il suo ricordo. Coltivo la memoria di mio zio e
di mia nonna non solo in qualità di familiare, ma anche di presidentessa di
Casa Memoria. Felicia ha aperto le porte della sua casa a quanti fossero
interessati a conoscere gli aspetti più corrotti della nostra società e
dell’apparato istituzionale”.
Felicia
Bartolotta Impastato è scomparsa il 7 dicembre del 2004 dopo un lungo ed
estenuante percorso per ottenere giustizia per il figlio Peppino. Ha sempre
proseguito con fermezza e decisione, superando anche la stanchezza, la paura,
la debolezza fisica, senza mai arrendersi di fronte agli innumerevoli ostacoli
e alla sfacciataggine di chi, pur appartenendo al mondo istituzionale, ha più
spesso tentato di cancellare la memoria di Peppino.
La Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato è
oggi un luogo di memoria e di divulgazione della verità e della cultura, un
avamposto della resistenza contro il potere e contro la mafia, la testimonianza
concreta di un’esperienza di lotta senza remore, di un’intera vita spesa con
coraggio e determinazione.
Pietro Scaglione
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