La stele commemorativa di Falcone nel luogo della strage |
MONS. MICHELE PENNISI
Il 9 maggio scorso noi vescovi
delle Chiese di Sicilia abbiamo pubblicato una lettera dal titolo “Convertitevi”
per prolungare l’eco dell’appello alla conversione rivolto da san
Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, venticinque anni fa, alle
persone che sono coinvolte nelle trame mortali e peccaminose
dell’organizzazione mafiosa. Nel documento è contenuto il ricordo delle
vittime della mafia, definite ad Agrigento da Papa Wojtyla, "martiri della
giustizia e indirettamente della fede".
Ai familiari di questi "eroi della
legalità", che hanno offerto un prezioso contributo per il bene
comune e un futuro migliore della nostra società, abbiamo espresso profonda
condivisione per il loro dolore e un sincero sentimento di gratitudine
per il loro amore verso la Sicilia e per le fiducia che essi hanno riposto
nella "vera giustizia". Abbiamo ribadito l’incompatibilità
tra il Vangelo e la mafia e riaffermato che i mafiosi sono pubblici
peccatori, giacché oppongono un "rifiuto gravemente reiterato nei
confronti di Dio e degli esseri umani, che sono a sua immagine e
somiglianza".
A questo peccato si rendono solidali anche
i fiancheggiatori dell’organizzazione mafiosa e coloro che
ne coprono i misfatti con la connivenza e con il silenzio omertoso.
Questa ulteriore denuncia della mafia come peccato è finalizzata ad un invito
sereno e serio ad una conversione sincera. Di un interessante
tentativo di dialogare con i mafiosi, si è resa protagonista Fiammetta
Borsellino, come riportato in una lettera pubblicata sabato 19 maggio su La
Repubblica. Incontrando i fratelli Graviano ha manifestato
loro "l’idea che può vivere e morire con dignità (...) anche chi pur
avendofatto del male è capace di riconoscere il grave male che ha
inflitto alle famiglie e alla società, di chiedere perdono e di riparare il
danno", dando un contributo concreto ed onesto per la ricerca
della verità.
A distanza di ventisei anni dalle stragi
di Capaci e di Via D’Amelio, nelle quali morirono Giovanni Falcone,
Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo
Borsellino, Antonio Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie
Cosina e Caludio Traina, mentre l’opinione pubblica si attende che
la magistratura faccia finalmente luce sui depistaggi e sulle
complicità, noi vescovi continuiamo ad invitare i
responsabili a qualunque livello dei delitti di mafia ad avere il coraggio di
dire la verità e di accogliere l’invito ad una conversione effettiva vissuta
secondo le regole penitenziali della Chiesa.
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