I vescovi siciliani arrivano nella Valle dei Templi |
Dall'inviato di Repubblica
Salvo Palazzolo,
Il documento. Nella Valle dei templi la condanna dell’omertà, l’autocritica
per i silenzi e l’invito ai parroci a rilanciare l’appello
Agrigento - Nella Valle dei templi la Chiesa siciliana è a una nuova svolta
contro la mafia. Venticinque anni fa papa Wojtyla lanciò un urlo vigoroso: «Convertitevi, un giorno arriverà il giudizio di Dio» . Oggi i vescovi
dell’Isola rilanciano quelle parole con un documento di 49 pagine che ribadisce
la scomunica e l’appello alla conversione, partendo da quello che è ormai un
punto fermo dai giorni delle parole di Giovanni Paolo II e del martirio di don
Puglisi: «La mafia è un gravissimo peccato». Ma ora, per la prima volta, il
peccato di mafia prende forma con una definizione precisa. «Tutti i mafiosi
sono peccatori: quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano fra i
colletti bianchi, quelli più o meno noti e quelli che si nascondono nell’ombra» . E non è finita: «Peccato è anche l’omertà di chi col proprio silenzio
finisce per coprirne i misfatti, così facendosene — consapevolmente o meno —
complice. Peccato ancor più grave è la mentalità mafiosa, anche quando si
esprime nei gesti quotidiani di prevaricazione» . Un peccato che porta alla «scomunica di fatto» .
Ma la Chiesa dice ai mafiosi: «Convertitevi, la salvezza
è possibile pure per voi». I vescovi siciliani si sono ritrovati davanti al
Tempio della Concordia per una messa solenne, proprio come fece Wojtyla il
9 maggio 1993. E qui hanno lanciato il documento della svolta.
Il piano
Bisogna « rompere il silenzio con parole nostre » , attraverso un «
discorso ecclesiale sulle mafie » , dicono i vescovi. Non bastano le denunce, è
necessaria una «sistematica catechesi interattiva il più possibile pratica e
contestuale». Obiettivo, ribadire ai mafiosi l’appello alla conversione in
tutte le occasioni possibili: « Dobbiamo tornare a fare questo annuncio nel
catechismo agli adolescenti, in cui anche i figli dei mafiosi devono essere
coinvolti; nella celebrazione di sacramenti importanti come il battesimo, la
prima comunione, la cresima ». Bisogna ribadire l’appello alla conversione, «
anche durante i funerali di persone appartenute alla mafia», spesso esequie in
forma privata per i divieti imposti dai questori. Non ci sono più scuse. E a
scanso di equivoci Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, chiarisce:
«Conversione non è battersi la mano sul petto. È necessario prendere
pubblicamente distanza da certi ambienti e offrire una riparazione per il male
fatto: ad esempio, risarcendo le vittime».
Il dopo-Puglisi
È una Chiesa finalmente matura rispetto alla gravità del fenomeno mafia
quella che appare nelle 49 pagine del nuovo documento della Conferenza
episcopale siciliana. « La mafia è una questione ecclesiale », si intitola un
capitolo del documento. Lo diceva don Pino Puglisi (in solitudine) che la mafia
è un problema della Chiesa, non solo della società. Oggi lo dice con forza
anche il vertice della Chiesa siciliana. Meglio tardi che mai. E sono parole
chiare: «Effettivamente — è scritto nel documento — la mafia è un problema che
tocca la Chiesa».
È una Chiesa finalmente matura sul fenomeno mafia perché ora non fa più
distinzione fra le vittime di mafia. Credenti e non credenti sono tutti « eroi
della legalità », verso cui bisogna avere — ribadiscono i vescovi — « un dovere
di permanente ricordo » , perché « hanno offerto un preziosissimo contributo a
che la vita di tutti noi migliorasse». Nel documento, le foto di Falcone e
Borsellino si alternano a quelle di Impastato e Mattarella. Un passaggio è
dedicato a tutti i familiari delle vittime. «Condividiamo il vostro profondo
dolore. A voi, la nostra gratitudine».
Il codice etico
Il documento presentato ieri è il frutto di un lungo dibattito fra i
vescovi, che si è svolto in questi ultimi mesi. Dibattito articolato, perché
diverse sono le posizioni in campo: la Chiesa siciliana viaggia ancora a
diverse velocità. E nel documento non è stato inserito il codice etico per le confraternite
varato dal vescovo di Monreale nella sua diocesi: «Chi ha precedenti penali non
può ricoprire incarichi nelle confraternite » . Il documento si limita a dire:
« Non possiamo tollerare che le festività di Cristo Gesù, di Maria madre e dei
santi degenerino in feste pseudo-religiose, in sagre profane, dove non si
tributa più onore al Signore ma ai capimafia ». Parole forti, sì, ma che
lasciano irrisolto il problema delle infiltrazioni negli organismi di vertice
delle confraternite.
La Repubblica Palermo, 10 maggio 2018
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